di MOWA
Nascondi ciò che sono e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.
[Cit. William Shakespeare, La dodicesima notte]
Nei dizionari l’etimologia di nascondere è avere “lo scopo di sottrarre qualche cosa alla vista o alle ricerche altrui, mettendola o tenendola in luogo opportuno” e…”di chi non ha la coscienza pulita; più genericamente, tacere ad altri, non rivelare, non comunicare, per motivi diversi, notizie o informazioni”, ecc. ecc.
In Italia, alcuni italiani (che sono o hanno ricoperto cariche più o meno importanti), nel recente passato hanno saputo dare una dimostrazione pratica “perfetta” di come sia sostanziale quella definizione dei dizionari.
Una categoria, quella dei “nasconditori” (di pascoliniana memoria), decisamente ampia che convive con complicate e intrecciate connivenze tra soggetti, da coloro che sono legati ad interessi sovranazionali a coloro, i cui interessi, sono, invece, più futili e banalmente personali ma che, comunque, sono di impedimento all’evolversi dell’unica strada percorribile: quella della verità.
Dimostrazione pratica di come i “nasconditori” siano entrati in azione la si può avere analizzando le varie vicende che hanno interessato intere generazioni e che riguardano il fenomeno delle stragi e del terrorismo (e che, per comodità descrittiva, ci si limita a recintare alla sola Italia negli anni che vanno dal 1969 al 1980) dove alcuni di “costoro” hanno compiuto gesti che, apparentemente, sembrano lontani o agli antipodi tra di essi ma che in realtà (e probabilmente) hanno viaggiato sullo stesso binario di quella strategia, che Aldo Moro aveva coniato con la sintetica formula: “convergenza parallela”.
Gesti, si diceva, apparentemente lontani tra loro come la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e l’uccisione del commissario Luigi Calabresi, quale “testimone” scomodo sia per la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, avvenuta nella Questura di Milano, o per le indagini sugli esplosivi e sulle armi rinvenute nei “nasco” (nascondigli) degli incostituzionali appartenenti all’organizzazione “Stay Behind” – Gladio – (organizzazione questa nata nel 1952, con un patto segreto stipulato tra la CIA e il capo del Servizio informazioni forze armate – Sifar).
Il commissario Luigi Calabresi venne ucciso il 17 maggio del 1972, dopo essere diventato vittima di una vergognosa campagna stampa diffamatoria sostenuta, prevalentemente, dal quotidiano pseudo-comunista “Lotta continua” che lo voleva responsabile della morte dell’anarchico Pinelli (accusato falsamente della strage provocata dalla bomba alla banca di Piazza Fontana) e “volato” giù dalla finestra della questura di Milano il 15 dicembre 1969. Nessuno dice, però, che il funzionario di polizia stava portando avanti una delicata inchiesta su un traffico di armi di grosse dimensioni tra la svizzera e il veneto.
Lascia, dunque, sconcertati che nessuno abbia dato il giusto rilievo ai rapporti scritti dal Commissario sulle indagini inerenti il traffico d’armi del quale non si è trovata più alcuna traccia.
Altra cosa raccapricciante è che tra i principali indiziati del traffico d’armi vi erano estremisti di una cellula veneta della destra. Nell’assassinio del Commissario venne coinvolto tal Gianni Nardi (più volte arrestato per detenzione e traffico di armi) presente nelle liste di Gladio con la sigla 0565.
L’indagine sull’omicidio del commissario Luigi Calabresi e quella sul traffico d’armi di Gianni Nardi verrà “bloccata” con la “morte” di quest’ultimo in un incidente d’auto avvenuto a Palma di Majorca 10 settembre 1976.
Un’indagine che vedeva coinvolta una persona legata a Gladio e che si è conclusa con la straordinaria coincidenza, della “morte” dell’indagato.
Alcuni attenti giornalisti, però, nel tentativo di dare una giusta collocazione cronostorica agli avvenimenti… responsabilità comprese, cercando tra le pieghe della Storia, e per rendere comprensibile e chiaro quanto accaduto, hanno inanellato alcune vicende che stridono con quanto accaduto realmente.
Tra questi, il giornalista Gianni Barbacetto non si è fatto sfuggire l’opportunità di incalzare le responsabilità di taluni personaggi di quel passato per le cui colpe, ancor oggi, le generazioni pagano lo scotto di distorsioni e revisioni di quanto accaduto e che ha modificato la visione d’insieme della Storia e che è causa di ciò ci ha “regalato” l’Italia odierna e che non meritiamo.
Un giornalista a cui dobbiamo molto (come diversi altri) che si distingue per impagabile serietà e impegno professionale e che non si ferma davanti a chi è “potente” o “nasconditore”. Anzi…
“Nasconditori” di verità che lo fanno di mestiere come nel caso del fascista Stefano Delle Chiaie che, sentito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi (XIII Legislatura – dal 9 maggio 1996 al 29 maggio 2001– seduta di mercoledì 16 Luglio 1997 – pag.1030), tra una negazione, reticenza e parziali verità, rifiutò quanto sostenuto e, ormai, accertato dal componente CORSINI:
“Per quanto riguarda i suoi rapporti con Licio Gelli, il giu-dice istruttore di Bologna nella sentenza-ordinanza del giugno 1986 af-ferma: «Può considerarsi provato il rapporto certamente esistente negli anni 1976-’78 tra Licio Gelli e Delle Chiaie. È provato dalla impressio-nante quantità di riscontri testimoniali (…) dunque Delle Chiaie e Gelli negli anni indicati erano in rapporti telefonici ed anzi il primo chiama-va il capo della P2 sulla sua linea riservata all’Hotel Excelsior (…). Infi-ne, nelle liste di Castiglion Fibocchi figura il nome di Mario Tilgher, pa-dre di Adriano (…) responsabile insieme al figlio della serie italiana di Confìdentiel di via Alessandria 29 a Roma, nei cui scantinati vennero trovate le armi dei Nar-Terza posizione».
Quello stesso Stefano Delle Chiaie di cui il Presidente della menzionata Commissione, Giovanni Pellegrino, annunciava nella sua premessa
“Inoltre possiamo dare per noto ed acquisito alla Commissione quel-la sua lunga ed appassionata autodifesa sia della sua persona, sia del movimento di Avanguardia nazionale. Lei non contraddice, anzi sottoli-nea, la natura nazional-rivoluzionaria nella sua figura del movimento di Avanguardia nazionale, l’ha rivendicata.Quando parla di autodifesa, lo fa soprattutto in riferimento ad una accusa ricorrente di rapporti fra lei, Avanguardia nazionale ed apparati istituzionali; in particolare con l’ufficio Affari riservati del Ministero dell’interno. Gli atti acquisiti dalla Commissione ridondano di questa va-lutazione di una sua contiguità con l’ufficio Affari riservati del Ministero dell’interno sia con riferimento ad atti remoti (penso all’inchiesta sulla P2), sia in riferimento ad atti recentissimi ricevuti dal dottor Mastelloni all’interno dell’inchiesta Argo 16. ”
Incidente d’aereo, quest’ultimo, che uccise persona legata a Gladio che voleva spiegare ai magistrati i reroscena dei trasporti delle armi e dei depositi segreti (nasco) dei gladiatori.
Una cosa si deve notare, e che si riscontra sempre in molti equivoci episodi accaduti dal dopoguerra sino ai giorni nostri, persino nelle indagini con i recenti arresti in diverse località italiane eseguiti dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, esiste, sempre, una costante che non viene assolutamente messa nel dovuto risalto dai media (anch’essi impregnati di grembiulini e cappucci) ed è il ruolo principe della massoneria che, con disinvoltura, palesa quel respiro pesante sulle torbide vicende accadute in Italia come stragi, omicidi, malaffare, tentati golpe… e di come ha saputo creare un ventre molle nelle Istituzioni tanto da far dire al citato procuratore, nella conferenza stampa, di come sia impressionante “la facilità con la quale la famiglia Mancuso aveva contatti con i quadri della pubblica amministrazione” e che riportano le cronache “qualche anno fa Luigi Mancuso, in un’intercettazione telefonica, ha detto ‘ma di che parlate oramai comanda la Massoneria, la ‘ndrangherta dei vecchi riti non c’è più’. Nella sua ottica aveva ragione e oggi con questa operazione diamo una riposta a Luigi Mancuso. I massoni deviati si erano messi a disposizione della ‘ndragheta”.
3 Comments
Ci scrive, il 1 gen 2020 alle ore 9:43, Marco V.:
Innanzitutto un augurio sincero e sentito di Buon Anno Nuovo per cominciare, poi arrivo al dunque…
è vero che prima di morire il commissario Calabresi seguiva una pista precisa per quanto riguardava il traffico d’armi nel Nord Est, che questa ipotesi investigativa portava necessariamente a immettersi nella “pista nera” e che affiorava il nome di un neofascista delle SAM molto particolare come Gianni Nardi, essendo stato un paracadutista istruito ed addestrato nelle forze speciali e preso in considerazione come “arruolabile” nell’esercito segreto della GLADIO. A quest’ultimo riguardo c’è poi da aggiungere che del Nardi si è parlato in relazione a un suo presunto inserimento – dopo essere stato scartato come “gladiatore” – nei Nuclei di Difesa dello Stato, sorta di “GLADIO nera”, alla pari con altri nomi noti dell’estremismo di destra quali Dantini, Morin e il finto anarchico Bertoli e a un suo presunto rapporto con il gruppo dell’ANELLO, anch’esso collegato al servizio di informazioni militari (all’epoca SID). Inizialmente il nome del Nardi verrà considerato come esecutore dell’omicidio Calabresi ma poi la pista si arenerà ma, tenendo conto di certe “deviazioni” in ambito investigativo, è forse lecito dubitare ancor oggi della sua estraneità. Qui mi interessa solo puntualizzarvi come sia altamente probabile che l’indagine sul traffico di armi sia stato sviluppato proprio in relazione alla strage di piazza Fontana. Secondo il magistrato Ugo Paolillo gli inquirenti si interessarono della provenienza dell’esplosivo utilizzato negli attentati del 12 dicembre a ridosso di quei fatti e uno dei funzionari interessati era proprio il commissario Calabresi che, nei giorni immediatamente successivi, si recò in Svizzera a interrogare un misterioso “testimone” che poi sarebbe stato identificato. Per la verità ho l’impressione che alla strage di piazza Fontana siano collegati una serie di episodi terroristico – criminosi e piste investigative. Da Pinelli a Calabresi passando per il traffico di armi e probabilmente andrebbero pure citate la morte sospetta dell’editore “rivoluzionario” Giangiacomo Feltrinelli e la strage di carabinieri a Peteano sul confine italo – slavo. E forse lo stesso attentato al PM romano Vittorio Occorsio che, comunque, all’epoca stava conducendo un’inchiesta sui sequestri di persona che stava facendo emergere lo “strano” connubio fra massoneria (P2), estremismo neofascista e criminalità “più comune”. Secondo me la parabola di Occorsio è abbastanza simile a quella del commissario Calabresi. Entrambi erano inizialmente convinti della responsabilità degli anarchici nella strage di Piazza Fontana ed entrambi si sono ricreduti. Peraltro il PM romano divenne noto come uno dei più attivi nei confronti del terrorismo nero in quanto dispose lo scioglimento di Avanguardia Nazionale. Secondo la signora Gemma – vedova del commissario – il marito aveva sposato la tesi per cui negli attentati “le menti erano di destra e gli esecutori di sinistra”. Sul punto non vale la pena dilungarsi troppo ma non si vede la ragione per cui Gemma Calabresi avrebbe dovuto mentire su questo punto e non riportare quanto il marito le confidò. Si tratta di un elemento che corrobora la versione per cui, inizialmente impegnato nella pista anarchica, il commissario si impegnò a coltivare la pista esattamente opposta, seguendo le tracce del traffico di armi. L’affare del traffico e del contrabbando di armi ed esplosivi è molto delicato e scottante e, qualche anno dopo, impegnerà un magistrato del calibro di Carlo Palermo il quale, come sappiamo, rischiò di perdere la vita in un attentato a base di autobomba nei pressi di Trapani. Perchè la domanda è molto semplice: come mai in Italia le armi giravano liberamente ? O anche: chi controllava i traffici ? Qualcuno, in alte sfere, permetteva questo libero flusso ? Andiamo avanti… Nessuno si è mai chiesto se per caso quella campagna stampa dai toni anche diffamatori condotta da Lotta Continua in primis e forse ispirata dagli stessi uomini dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale fosse stata imbastita per impedire al commissario di percorrere la pista nera nel traffico di armi ? Sul punto torneremo, ma è veramente curioso che Sofri abbia parlato delle indagini fondate sulla pista anarchica per piazza Fontana pilotate dagli Affari Riservati dimenticando come quegli stessi uomini del Viminale – nella persona di uno dei massimi dirigenti, Federico Umberto D’Amato – lo avessero contattato per convincerlo a compiere certi “servizi sporchi”. Sul punto torneremo… Non vorrei parlare delle responsabilità morali e civili del commissario nella morte dell’anarchico Pinelli, ma rimarcare la sua qualità di testimone di quei fatti. Se successivamente si deve essere convinto dell’innocenza degli anarchici Pinelli e Valpreda, non può non essersi interrogato sulla condotta del questore Marcello Guida e del capo dell’Ufficio Politico Antonino Allegra come sulla presenza di funzionari dell’Ufficio Affari Riservati del calibro di Silvano Russomanno, un nome che ricorre spesso in certe particolari situazioni. Vedi la pubblicazione a mezzo stampa delle dichiarazioni del brigatista “pentito” Patrizio Peci. Addirittura può essere giunto alla conclusione che i massimi vertici dell’Ufficio Affari Riservati – veri responsabili di inquinamenti e depistaggi – e della polizia avessero partecipato a un complotto per avvalorare la pista anarchica, già artatamente predisposta. Comunque sia, Calabresi divenne il principale e forse solo bersaglio della campagna mediatica condotta nell’ambito della sinistra extraparlamentare e venne convenientemente abbandonato dai suoi superiori. Se tutto questo potesse essere veramente dimostrato, si dovrebbe parlare con più decisione di un movente legato alla strage di piazza Fontana per l’omicidio del commissario. Ma andiamo avanti…
La vedova Calabresi ha rilasciato altre dichiarazioni soprattutto riguardo ad un misterioso viaggio del marito in Friuli pochi giorni prima della sua morte. A quanto pare il commissario visitò delle grotte naturali utilizzate come arsenali a disposizione di gruppi paramilitari occulti. Evidentemente si tratta dei NASCO, i “nascondigli” della GLADIO in cui venivano – vengono ? – occultate armi, munizioni, esplosivi, ricetrasmittenti e tutto quanto poteva servire o a organizzare la resistenza in caso di invasione degli eserciti del Patto di Varsavia o per contrastare le sinistre e il PCI sul piano della “guerra non ortodossa”. E qui accade qualcosa di strano e singolare perchè in alcuni di quei NASCO sono state rinvenute armi ed esplosivi non in dotazione alla GLADIO ma evidentemente frutto proprio di quei traffici su cui Calabresi stava indagando. Ma quanto potevano essere a conoscenza dell’ubicazione dei NASCO fra i trafficanti ? Evidentemente fra coloro che facevano parte dell’organizzazione GLADIO – quindi servizio di informazioni militari, SIOS e Stati Maggiori – o elementi coinvolti nei traffici, quindi verosimilmente riconducibili alle formazioni nere e in contatto con i “gladiatori”. Non esistono molte alternative in proposito… E a cosa serviva tutta questa movimentazione di armi ed esplosivi ? Verosimilmente per armare quei gruppi neofascisti coinvolti nella “strategia della tensione” ma non si può neanche escludere che qualcosa finisse nelle mani di determinati gruppi della sinistra extraparlamentare. In questo caso si spiegherebbe l’atteggiamento carico di ambiguità di un Sofri e, forse, anche di altri leader della Nuova Sinistra.
Ma l’affare Sofri meriterebbe maggiore attenzione e interesse e ne parlerò più diffusamente in altra missiva…
A presto e ancora auguri
Marco V
Ci scrive, il 1 gennaio 2020 ore 18:19, Marco V.:
Gent.issimi,
quello che stupisce per quanto riguarda le “antiche” esternazioni del leader di LC sul suo contatto con l’anima grigia dell’Ufficio Affari RIservati Federico Umberto D’Amato e la proposta di compiere una serie di omicidi “per conto terzi” è che nessuno si è permesso di incalzare veramente Sofri quando scrisse quegli articoli sul Foglio. Oggi fanno bene sia la dott.ssa Tobagi in primis che Barbacetto poi a esigere spiegazioni che non ci verranno… Perchè per troppo tempo si è fatto passare l’assassinio del commissario Calabresi come un atto di “giustizia proletaria” e, in sostanza, un tentativo di vendicare la morte di Pinelli, defenestrato dalla questura di via Fatebenefratelli. Sofri e i compagni di LC hanno sempre rivendicato la propria innocenza a riguardo anche se hanno lasciato la porta aperta per l’ipotesi di un coinvolgimento di un qualche gruppo della sinistra extraparlamentare che non fosse Lotta Continua. Si è detto che, in realtà, la campagna stampa contro Calabresi come responsabile principale della morte di Pinelli fosse finalizzata a provocare un più deciso intervento della magistratura per accertare la verità dei fatti ma non si spiega l’accanimento feroce nei confronti del commissario, peraltro con l’ausilio di una vera e propria opera di disinformazione. Per quanto riguarda l’assassinio del “commissario finestra” – così era chiamato dagli organi della stampa dell’ultrasinistra come Lotta Continua – anch’io dubito della responsabilità di Sofri e c. ma non tanto perchè fossero delle “anime belle”, bensì perchè effettivamente Lotta Continua non ha mai veramente abbracciato l’orizzonte della lotta armata e sorprenderebbe questa eccezione rappresentata dall’omicidio Calabresi. Tuttavia Sofri – e non solo Sofri evidentemente – non ha mai menzionato questo suo incontro con D’Amato se non dopo vent’anni circa dalla sua incriminazione per l’assassinio. Tutto sommato, sulle prime, il suo rifiuto di accondiscendere alle richieste del capo degli Affari Riservati – il “mazzetto di omicidi, perlopiù di militanti dei NAP – lo scagionerebbe, ma le cose non sono poi tanto lineari e pacifiche. Perchè non dire nulla in tanti anni ? Mi viene il sospetto che Sofri non avrebbe mai confessato l’effettivo svolgimento di un tale e singolare incontro se non perchè messo alle strette e pressato dalla necessità di fare qualcosa per sua riabilitazione. Perchè forse sarebbe stato meglio credere a un omicidio nell’alveo della “giustizia proletaria” – magari con la convinzione dell’innocenza di Sofri, Pietrostefani, ecc… – piuttosto che compiuto per moventi oscuri legati alla strage di piazza Fontana e alla morte di Pinelli. La figura di Sofri, il suo carisma, la sua reputazione e la sua rettitudine morale ne avrebbero realmente risentito. Perchè D’Amato – che avrebbe dovuto rappresentare il “nemico di classe” – avrebbe avuto motivo di rivolgere la proposta del “mazzetto di omicidi” – vi era incluso anche il commissario ? – se non perchè nutriva la speranza di un riscontro positivo ? Naturalmente Sofri non spiega nulla e forse dal suo punto di vista fa pure bene, non so se mi spiego. Sul rapporto D’Amato – Sofri persistono due differenti versioni, ognuna avanzata da ciascuno dei due soggetti in questione. Data la credibilità di D’Amato ma anche quella di Sofri, possiamo tranquillamente ammettere che ciascuno dei due potrebbe avere ragione e l’altro torto, Ma vediamo in concreto il termine della questione… Secondo D’Amato, Sofri era un habituè, un informatore tanto “zelante” da frequentarlo fino a condividere le bevute serali di cognac. Nel qual caso si dovrebbe tranquillamente inferire che LC avrebbe finito per diventare un gruppo a disposizione dell’Ufficio Affari Riservati anche per certi “sporchi servizi”. Invece Sofri ha offerto una versione apparentemente molto differente poichè sarebbe stato un “comune conoscente” a metterlo in contatto con il questore D’Amato. In questo caso l’informatore o agente provocatore dovrebbe essere identificato con questo “conoscente” di cui Sofri non rivela il nome e, con ogni probabilità, mai rivelerà. A questo punto possiamo sbizzarrirci. Chi è questo tizio ? Una fonte interna ad LC e, probabilmente, da identificare con il responsabile di cassa del gruppo ? Qualcuno dei personaggi riconducibili alla rete di informatori dell’Ufficio Affari Riservati denominata degli “extraparlamentari del Viminale” nei quali ci si imbatte nell’episodio dell’arresto dei brigatisti Morucci e Faranda nell’abitazione della Conforto in viale Giulio Cesare ? O uno dei due americani – padre e figlio – che avevano fondato società di tipografia che, fra le altre cose, si erano occupate della stampa del quotidiano del movimento Lotta Continua ? Beninteso americani molto particolari, organici alla CIA e ben sappiamo che il questore D’Amato si vantava di essere uno dei principali uomini di fiducia della CIA in Italia… A ben pensarci la posizione di Sofri somiglia molto a quella di un altro capo carismatico, ma stavolta della “sponda opposta”. Quel Delle Chiaie che si era posto alla testa del movimento neofascista Avanguardia Nazionale e che era sospettato di intrattenere rapporti molto stretti con D’Amato. Dunque Delle Chiaie e Sofri – sembrerà strano – condividono qualcosa. Su entrambi si stagliano le ombre dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale e soprattutto della sua longa manus, il questore D’Amato e, molto probabilmente, questi strani rapporti venivano mediati da fiduciari di quest’ultimo. Sofri ha giustamente chiamato in causa la famigerata Squadra 54 (Russomanno – Alduzzi) per la morte di Pinelli e la costruzione della pista anarchica per Piazza Fontata, ma non spiega e non può spiegare come mai quella stessa Divisione Affari Riservati protagonista dell’operazione dell’inquinamento delle indagini sulla strage di Piazza Fontana poi confidasse di ricorrere ai “compagni” di Lotta Continua impegnati nella campagna contro il commissario Calabresi per l’esecuzione di alcuni omicidi “di Stato”. Perchè è difficile negare che Sofri non sapesse di parlare con un alto dirigente dell’Ufficio Affari Riservati e, quindi, con uno dei principali responsabili se non il principale responsabile dell’operazione di inquinamento. E allora, perchè essere trascinati nell’operazione anche diffamatoria nei confronti del commissario Calabresi (l’addestramento nella CIA) con tanto di veline passate dagli uomini di D’Amato ? Mi viene da dire che la “giustizia proletaria” non c’entrasse proprio nulla e che i “vertici” di LC ne fossero pienamente consapevoli. E se i lottacontinuisti non sono stati coinvolti nell’omicidio del commissario, tuttavia quelle campagna stampa preparava il terreno per renderlo il principale bersaglio dell’ultrasinistra. Probabilmente si tratta di una responsabilità pari a quella di chi ordinò e di chi eventualmente eseguì l’assassinio, dato anche che il funzionario “milanese” era impegnato nelle delicate indagini sui traffici d’armi nel corso delle quali sie era imbattuto in un NASCO della GLADIO. Anzi il foglio di LC pubblicò una “propria” rivendicazione “postuma” dell’omicidio Calabresi affermando che si trattava di un atto nel quale “il proletariato si riconosceva”. A pensarci bene – anche assumendo la tesi dell’estraneità di Lotta Continua – quella rivendicazione “simbolica” poteva suonare depistante.
Come potere vedere da voi, si è aggiunta molta carne al fuoco che meriterebbe una migliore “cottura” anche perchè Sofri non ha ancora accolto gli inviti della dott-ssa Tobagi e di Barbacetto e questo silenzio fa pensare molto male, molto ma molto male.
A presto
Marco V
Ci scrive, il 1 gen 2020 alle ore 20:26, Marco V.:
Vi offro la mia personale versione di quello che, grossomodo, accadde sulla base della pura logica dei fatti. Ad un certo punto della nostra storia l’Ufficio Affari Riservati del Viminale si attiva o viene attivato per “stoppare” e sabotare le ultime indagini del commissario Calabresi che hanno qualche connessione con la strage di piazza Fontana. Inizialmente ci si muove unicamente per colpire e screditare il commissario con una campagna mediatica e, per tale motivo, viene interpellata una “fonte” del questore D’Amato molto vicina a Lotta Continua e alla sinistra extraparlamentare. E’ questo il personaggio a cui si riferisce Sofri, comune amico o conoscenza sua e di D’Amato per il quale svolge evidentemente il ruolo di informatore o agente provocatore ed è sempre lui il vero architetto della campagna stampa dei lottacontinuisti. Quando ci si avvede che è inutile continuare sul piano puramente mediatico ed è necessario fermare il commissario definitivamente, viene cambiata strategia. A questo punto molto probabilmente Lotta Continua e gli uomini del suo servizio d’ordine non c’entrano più con l’omicidio del commissario per il quale vengono probabilmente ingaggiati killer professionisti, magari provenienti dall’estero e legati a servizi segreti di qualche paese alleato. Lotta Continua è estranea ma, in un certo senso, non lo è perchè contribuisce a creare quel clima infame che serve a isolare Calabresi e a creare le condizioni propizie per la sua eliminazione. L’incontro fra D’Amato e Sofri è molto probabilmente avvenuto in tempi successivi e viene propiziato dallo stesso soggetto che ha imbastito la campagna stampa contro il commissario. Ma perchè il questore D’Amato, “grande vecchio” degli Affari Riservati, ritiene si possa convincere Sofri e Lotta Continua a compiere omicidi – in questo caso si militanti dei NAP – per alimentare verosimilmente la “strategia della tensione” ? Non è forse un rischio incontrare il leader principale della maggiore formazione dell’ultrasinistra per proporre quello che non dovrebbe essere accettato ? No, perchè Sofri e “compagni” sono ricattabili e sono ricattabili perchè dietro il loro atteggiamento nei confronti di Calabresi non risiede il movente della “giustizia proletaria” nei confronti dell’anarchico Pinelli, ma un movente oscuro riguardante proprio le ultime indagini del commissario. In effetti se D’Amato ha potuto servirsi in un certo senso di Lotta Continua per imbastire la feroce e diffamante campagna stampa è perchè sapeva bene che il movente reale dei lottacontinuisti era molto ma molto meno “nobile”. Così poteva permettersi di saggiare la possibilità e la disponibilità di Sofri rispetto alla richiesta di compiere stavolta direttamente un “mazzetto” di omicidi.
Così la verità è stata sepolta…
Sarà vero o verosimile un’ipotesi del genere ? Allo stato attuale è difficile rispondere ma, in ogni caso, non mi sembra peregrina e campata in aria.
A presto
Marco V