di MOWA
L’imitazione è l’insulto più sincero.
[Oscar Wilde, La decadenza della menzogna]
Scrivere queste poche righe, dopo aver visto in rete il docufilm dal titolo “This is my land Hebron”, non è stato semplice, e, tanto meno, facile, perché si è tentati di cadere vittima dello stesso errore a cui sono andate incontro intere generazioni di esseri umani che hanno preferito chiudere gli occhi e orecchie di fronte alla cruda e spietata verità di ciò che accade in quell’area geografica dove vi è un’autentica alimentazione dell’odio.
Generazioni che hanno preferito alimentare comportamenti ostili e atti volti ad offendere o attaccare gli altri invece che essere prosociali (ovverosia, miranti a promuovere negli altri il benessere); un comportamento che, se vissuto in altri luoghi diversi da quelli dell’area geografica dove è stato girato il docufilm, valuteremmo, come condotte di sopraffazione e bullismo (anche di natura psicologica) verso i propri simili.
Nel vedere le sequenze del citato docufilm lo spettatore, che sia conscio di serena terzietà di valutazione, prende atto di quanta stupidità vi fosse nelle richieste dei coloni ripresi e questo dovrebbe suscitare, in chi guarda, sgradevolezza ed imbarazzo (tanto più, se di religione ebraica) per la sprezzante ferocia da parte degli occupanti di quella terra e per la continua viltà nei riferimenti ai nazisti da parte di bulli aggressori che, sono protetti da una struttura oligarchico-militare, che usa questi fanatici sionisti per ingenerare gli stessi comportamenti, dei predatori a cui fanno riferimento e di una ostentata supremazia di specie su altri esseri umani.
Si suggerisce, prima di proseguire, di leggere questo post (Netanyahu e Trump globali diffusori di fake news), per comprendere come si strumentalizzino le fake (fandonie, bugie) per alzare la tensione a proprio favore e conservare il pre-dominio. Un dominio che molti coraggiosi giornalisti, ex-militari, semplici abitanti… di identica cultura (ebrea) mette in discussione e rivela gli interessi (economico-territoriali) nascosti dietro quell’aizzamento di giovanissimi contro i propri simili. Un odio che, non si può più nascondere e che ha molte simpatie comportamentali e ideologiche con coloro che vollero (a diverso modo) le guerre che fecero milioni di morti.
Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz (che scrisse “Se questo è un uomo“), sollevava il quesito: “esiste un assassinio peggiore dell’uccisione, quello di spegnere in un uomo la vitalità”? E aggiungeva che tali comportamenti sono la “negazione drastica dell’esistenza di Dio”. Rimarcava, anche, la bestiale ferocia ideologica di chi, dopo aver violentato la vita altrui nei campi di concentramento, tornasse a vivere sicuro nella propria casa (“vivono sicuri nelle proprie tiepide case e trovano, tornando a sera, il cibo caldo e visi amici”) e di come si sviluppava la crudeltà dei drappelli dei “burattini” sui prigionieri e la ferocia con cui venivano calpestati i diritti umani.
Diritti umani calpestati da ferree convinzioni di supremazia castale e intoccabilità che fanno vergognare gli umili ed onesti per quante colpe hanno tollerato e perchè non hanno trovato il coraggio di far udire, con tutti gli strumenti a disposizione (organismi internazionali compresi), un sonoro coro di “ora basta! fate rispettare le diverse risoluzioni ONU a tutela dei palestinesi e inviate i Caschi blu”.
Un’area geografica, quella palestinese, fatta passare internazionalmente come abusiva e massacrata da pregiudizi e quindi chi ci vive come invisibile quando la Storia di quei territori ci conferma l’esatto contrario per stessa ammissione dei curatori del docufilm.