di MOWA
“La cosa che più incisivamente fa sentire al borghese, uomo pratico, il movimento contraddittorio della società capitalistica sono le alterne vicende del ciclo periodico percorso dall’industria moderna, e il punto culminante di quelle vicende: la crisi generale.” [ K. Marx, Poscritto alla seconda edizione del Capitale, libro I, p.28]
Nel baillame informativo dell’era Covid-19, dove le persone sono “costrette agli arresti domiciliari” per evitare il diffondersi di questa singolare epidemia, si prospettano, nel contempo, diverse ipotesi su come affrontare l’inevitabile crisi economica determinata dalla chiusura delle attività produttive.
Molti pensano all’ennesima crisi economica (che ben si sà ha delle fasi cicliche insite del capitalismo) proponendo “soluzioni” che, pur erogando fondi a sostegno dei lavoratori, delle imprese e di tutti quei soggetti colpiti dal blocco delle attività del paese di questo periodo non rinuncino in assoluto all’identico modello sistemico di produzione di oggi onde mantenere il proprio status quo.
La tendenza generale di molte forze politiche e culturali odierne (anche in una discutibile sinistra) è di valenza keynesiana dove si tende, causa la scarsità della domanda, a prediligere che lo Stato intervenga attraverso politiche fiscali e, magari, con governi che facciano aumentare il livello degli investimenti, sostenendo la domanda e l’occupazione. Ci si dimentica, però, il disastro degli economisti filo-capitalistici durante la Grande Depressione del ’29, che non seppero prevedere quella che sarebbe passata alla storia come la più grande crisi del capitalismo e che, soprattutto, non avevano nessuna teoria in grado di affrontarla; Keynes non fu da meno, tanto che, il suo seguace Federico Caffè, dopo dissertazioni con gli impianti teorici filo-capitalistici, stranamente, scomparve misteriosamente dalla circolazione.
Nessuno degli odierni economisti (a dominio filo-capitalistico) parla della latente crisi di sovraproduzione dovuta al sistema ingiusto che ha sottoposto a non pochi sacrifici la popolazione mondiale con autentiche guerre per “riequilibrare lo sproloquio” economico in essere. Come, nessuno di lor signori ricorda (o vuol ricordare) la crisi del 2008 che provocò uno squilibrio tale da arricchire i già ricchi e mettere alla berlina altri milioni di esseri viventi.
Come non avere sotto gli occhi quanto questa crisi economica (dovuta all’imminenza dell’epidemia) evidenzi quello che Gramsci chiamava fenomeno “organico”:
“Si verifica una crisi, che talvolta si prolunga per decine di anni. Questa durata eccezionale significa che nella struttura si sono rivelate [….] contraddizioni insanabili e che le forze politiche operanti positivamente alla conservazione e difesa della struttura stessa si sforzano tuttavia di sanare entro certi limiti e di superare.”?
E che Gramsci insisteva sulla necessità di stabilire quella corretta relazione tra l’aspetto “organico” e quello “congiunturale” delle crisi e che, quindi, questa seconda valutazione, non era dovuta alle sole condizioni economiche, ma a tutti quegli incessanti sforzi atti a difendere e conservare lo status quo. E, per evitare che eventuali “spostamenti a destra” non siano il riflesso della crisi, e che a loro volta, diventino, anche, una reazione alla crisi, sia indispensabile (per non dire inevitabile!) creare un nuovo equilibrio di forze, in grado di mettere insieme un nuovo “blocco storico”, fatto di nuove configurazioni e nuove “filosofie” politiche, per ristrutturare profondamente lo Stato.
Una di quelle più attendibili potrebbe essere, per mantenere il nesso dialettico tra struttura e sovrastruttura (tenendo presente, che ciò, è dovuto all’ “insieme dei rapporti sociali che determina una coscienza storicamente definita” – A. Gramsci “Quaderni…”, Q8, pp.1077-78), di proporre una visione “organica” dei processi in atto e rilanciare l’idea, facilmente dimostrabile, che “il sistema capitalistico con la sua mercificazione umana è sostituibile con un sistema dove i lavoratori – non i funzionari statali o di partito – acquisendo la proprietà dei mezzi di produzione, assieme al resto della popolazione, programmano cosa produrre e come produrre, e che per acquisire i beni prodotti non serve la moneta ma un altro parametro: l’orario di lavoro utile per produrre beni e servizi. Quindi tutti debbono lavorare secondo il principio: “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.” [1]
Dove la Costituzione programmatica antifascista universale, fondata sulla preminenza dei lavoratori abbia un ruolo organico e funzionale per sviluppare eguaglianza tra gli esseri umani in una visione realmente pacifica del mondo e facendole prendere finalmente consistenza, determinando, anche, il riequilibrio con la natura evitando con ciò che la scienza diventi preda di interessi economici privati a danno della collettività come dimostrato dalla diffusione del virus nelle aree padane (data la natura a ferro di cavallo “C” del sito) ad alta concentrazione industriale dove le correnti d’aria, difficilmente possono sgombrare le micropolveri.