di MOWA
“Questa non è cultura, è pedanteria, non è intelligenza, ma intelletto, e contro di essa ben a ragione si reagisce. La cultura è una cosa ben diversa.” (Antonio Gramsci – Scritti politici 1910-1926)
La vicenda dell’imbrattamento delle statue di figure discutibili della Storia apre un dovuto confronto sulla necessità di ripristinare un equilibrato dibattito sul perché nascano tali esigenze tra le persone.
Imbrattamenti di statue che, a più livelli, portano le ragioni o meno delle contestazioni tra favorevoli o contrari, dimenticando, però, la cosa più rilevante ovverosia la descrizione biografica completa della persona raffigurata che sia essa sotto forma di statua, di targa, o nominata sui libri di testo.
Infatti, chi critica quanto accaduto in Italia alla statua di Indro Montanelli, mostra tutta la propria debolezza nel giustificare il reazionario giornalista perché adduce a propria difesa una pseudo-contestualizzazione, come “usanza del periodo storico”, di azioni scellerate dell’attore in questione. È come se si potesse giustificare la persecuzione in periodi antecedenti rispetto a quelli odierni, la persecuzione, ad es., degli omossessuali o di tutte le altre ingiustificate posizioni perché allocate in tempi diversi. Cultura giustificazionista e priva di sincera obiettività sulle origini di tali oscenità che sono il frutto di una persistente “incultura” poco incline ai diritti del genere umano e ascrivibile, in generale, a tutte quelle reazionarie.
Tanto più che gli stessi nazi-fascisti che perseguirono gli omossessuali (considerati malati al punto che i nazisti nel 1933 imposero il Paragrafo 175 del Codice Criminale del Reich “§175. Un uomo che commette atti licenziosi e lascivi con un altro uomo o permette l’abuso su di sé di atti licenziosi e lascivi, deve essere punito con l’imprigionamento. Se uno dei due coinvolti ha meno di 21 anni, al momento del compimento dell’atto la Corte può, specialmente in casi particolari, inasprire la punizione…” [1]) furono gli stessi che invasero altri Stati in ragione di un ingiustificato diritto all’emancipazione di altre civiltà considerate “inferiori”.
Si suppone che l’evoluzione antropologica dell’essere umano subì considerevoli ritardi rispetto all’emancipazione per la poca duttilità intellettiva di alcuni a scapito di altri (più disponibili e aperti culturalmente) ma, soprattutto, perché i primi si seppero camuffare sotto le mentite spoglie di chi voleva “tutelare” il proprio patrimonio di “tradizioni”… quando, in realtà, era, solo ed esclusivamente, per la conservazione del proprio dominio e potere. Quindi, ben altro dalla tutela della specie.
Tornando al gesto dell’imbrattamento della statua di Montanelli i “difensori” del reazionario non chiedono una giusta completa documentazione accompagnatoria del giornalista ma condannano tout court l’azione mettendo sullo stesso piano chi si rese protagonista dell’occupazione dell’Eritrea, dove vennero sganciate bombe all’iprite che causarono la morte, tra civili e militari, di circa 500000 persone etiopi [2] da chi, invece, ne chiede la rimessa in discussione e la sua rimozione; oltre all’ingiustificato costo a carico dei cittadini milanesi.
Dovremmo parlare del reazionario giornalista anche per il ruolo squalificante nei periodi della strategia della tensione, quando ebbe a scrivere, su “Il Giornale” del 24 ottobre 1980, sulla strage di Piazza Fontana a Milano sul povero anarchico “Pino” Pinelli. Gli eventi gli diedero, ovviamente, contro ma quante persone si fecero, all’epoca, una convinzione diversa di quanto accaduto realmente, proprio a causa sua. Quanta memorialistica è stata viziata da quelle pessime informazioni? Quanti danni si sono fatti alla collettività nell’aver perseverato a dare faziose verità? Dimostrazione del danno causato nel tempo lo possiamo racchiudere in questo “capolavoro” di altro “luminare” dell’informazione:
“#Montanelli oltre a quello della schiava in Africa avrà commesso un’infinità di errori ma che c’entra? Anche io, lei abbiamo commesso errori… A meno che non abbiamo commesso omicidi speriamo che il bilancio della nostra vita non sia legato a un errore”.
Paolo Mieli.#orrore pic.twitter.com/K2wmN0XI2y
— Adil (@unoscribacchino) June 17, 2020
Gli ingenui sono convinti che tali figure siano così per casualità e che non si possano, invece, collocare tra tutti quei destabilizzatori organici del quieto vivere comune e che si siano fatti, nel contempo, la convinzione, di autoassolversi per quello che dicono o fanno, per posizione dominante e scevra da giudizi altrui; “a prescindere”, direbbe il comico Antonio De Curtis in arte “Totò”.
Poichè la cultura reazionaria del dominio è persistente, si propaga attraverso altri chierici alleati come viene bene dimostrano nella ricostruzione storica di altre figure “intellettuali” del giornalismo al “servizio” dei potenti e raccolte nel libro Colonia Italia di J. M. Chereghino e G. Fasanella.
Ecco alcuni dei campioni della disinformatia pubblica: Renato Mieli, (alias “capitano Meryll” del PWB inglese – Psychological Walfare Branch) giornalista, padre dell’ex appartenente a Potere Operaio, Paolo; Maffio Maggi, giornalista e scrittore; Cesare Maggioni, giornalista; Giorgio Bassani, giornalista e poeta; Alberto Cianca, giornalista e politico; Aldo Garosci, giornalista, politico e storico; Emilio Lussu, giornalista, scrittore e politico; Ferruccio Parri, giornalista e politico; Gaime Pintor, giornalista e scrittore; Luigi Rusca, letterato e manager editoriale; Luigi Salvatorelli, giornalista e storico; Edgardo Sogno, scrittore, politico e diplomatico…. Quest’ultimo, benchè sia stato tra i protagonisti del tentato golpe (1974) a scapito del prorpio paese e aver fatto parte della struttura illegale stay-behind (ai più conosciuta come Gladio), [3] ebbe nientemeno, alla sua morte, i funerali di Stato.
Inoltre, nel libro: Gaetano Afeltra, giornalista e scrittore; Giuseppe Amadei, direttore della “Gazzetta di Mantova”; Giuseppe Antonelli, giornalista; Rodolfo Arata, direttore de “Il Popolo”; Nino Badano, direttore del “Quotidiano”; Ettore Bernabei, giornalista e direttore della RAI; Enzo Biagi, giornalista, scrittore e conduttore televisivo; Pio Bondioli, giornalista e storico; Giorgio Borsa, giornalista e storico; Dando Canovi, giornalista; Massimo Caputo, giornalista; Luigi Cavallo, giornalista e scrittore (tra i fondatori della rivista “Stella Rossa”, ex redattore de “l’Unità”, fonderà insieme ad Edgardo Sogno “Pace e Libertà”, darà vita ai giornali “Tribuna Operaia”, “Pace e lavoro”, “Il Fronte del Lavoro” agenzia “A”. Sarà coinvolto, insieme a Sogno nel “golpe bianco” del 1974); Umberto Cavassa, giornalista; Franco Cipriani, reporter RAI, figlio del celebre gionalista Orazio; Guglielmo Emanuel, giornalista; Luigi Emery, giornalista; Alfredo Falanga, direttore salesiano “La Croce”; Carlo Demetrio Faroldi, giornalista pubblicista; Franco Fucci, giornalista e scrittore; Emanuele Gazzo, giornalista; Vincenzo Gibelli, giornalista e scrittore; Giovanni Giovannini, giornalista e scrittore; Giuseppe Glisenti, giornalista; Alberto Grisolia, giornalista; Crescenzo Guarino, giornalista; Jader Jacobelli, giornalista; Sergio Lepri, giornalista; Giuseppe Liguori, giornalista; Giuseppe Longo, giornalista; Roberto Margotta, giornalista; Enrico Mattei, giornalista; Mario Missiroli, giornalista e scrittore; Rocco Morabito, giornalista; Marcello Morselli, giornalista; Graziano Motta, giornalista; Michele Mottola, giornalista; Paolo Murialdi, giornalista e scrittore; Italo Neri, giornalista RAI; Vittorio G. Orlandi, ex vice caporedattore del “Corriere della Sera”; Flaminio Piccoli, giornalista e politico; Ernesto Pisoni, sacerdote e giornalista; Emilio Rusconi, giornalista, editore e produttore cinematografico; Alfio Russo, giornalista; Domenico Sassoli, giornalista; Giancarlo Vigorelli, giornalista, scrittore e critico letterario; Gino Zazzini, giornalista; Italo Zingarelli, giornalista…
Come dire: più sei compromesso con il torbido, più sei premiato e riconosciuto dalla reazione.
Ben vengano, quindi, le possibilità di fare chiarezza, come sta succedendo negli USA, dando spazio agli onesti e democratici di riemergere dall’oblio sin qui subito.
NOTE
[1] da “Homosexuals. Victims of the nazi era 1933-1945”
di AAVV (edizioni United States Holocaust Memorial Museum, 1994)
[2] Onoriamo un traditore! di FRANCESCO MANDARANO
3] dalla sentenza sulla “Illegittimità di Gladio” del Giudice Felice Casson del 10 ottobre 1991:
<< … I sostenitori della tesi della legittimità della rete “Stay-behind” hanno sempre parlato della medesima come di una rete che aveva il compito di intervenire esclusivamente nei casi di invasione del territorio nazionale ad opera di Forze armate di Paesi stranieri, mediante attività clandestina di sabotaggio e di guerriglia “curata” dal servizio segreto militare. […] Per tornare, ora, al problema delle finalità della organizzazione e alle “premesse” già riportate dall’Avvocato generale dello Stato, questo giudice ritiene di poter dare sinteticamente contezza del fatto che nei programmi e nei progetti delle Autorità degli USA fin dalla fine degli anni Quaranta e anche nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta erano previsti degli interventi specifici nei Paesi del mondo occidentale, e più in particolare in Italia e in Francia, al fine di rendere inoffensive le forze politiche e sindacali di sinistra, all’evidente e dichiarato scopo di impedire la conquista del ppotere da parte di queste forze, anche per via democratica. Tale ultima circostanza è confermata in più documenti. Basti qui ricordare quanto già scritto nella cosiddetta “pre-relazione” della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi già inviata al Parlamento e acquisita agli atti, nella copia del cosiddetto piano “Demagnetize”, nella documentazione ricevuta da Edgardo Sogno e concernente sia gli anni Cinquanta che il documento del Dipartimento di Stato Usa del maggio 1962, nei documenti acquisiti presso il Sismi e opera di questo Ufficio e da parte del giudice istruttore di Bologna e della Procura militare della repubblica di Padova. Tali interventi statunitensi in Italia erano stati programmati attraverso la Cia e si erano poi concretizzati, per lo specifico tema che ci riguarda, nei contatti e nei rapporti tra Cia e Sifar-Sid-Sismi, in particolare con la costituzione e il sostentamento della struttura “Stay-behind”.
Plurimi sono gli appunti e i documenti in atti (in particolare quelli acquisiti il 15 marzo 1991) che attestano una specifica dipendenza del Servizio segreto italiano dalla Cia, non solo per gli aspetti finanziari-economici, ma anche sotto il punto di vista delle finalità e delle operazioni…>>