di MOWA
«Quel che vedo nella natura è una struttura magnifica che possiamo capire solo molto imperfettamente, il che non può non riempire di umiltà qualsiasi persona razionale.»
(Albert Einstein)
Il genere umano dimentica, con troppa disinvoltura, il bene su cui siede, la Terra e a cui dovrebbe portare rispetto. Un rispetto che dovrebbe essere scontato ma che, invece, è troppo spesso disatteso tanto da portare milioni di persone a patire conseguenze sotto forma di malattie, inquinamento, mutamenti climatici… tutto per non aver seguito la regola del buon senso ed aver, purtroppo, esibito una stupida prova muscolare con l’habitat circostante credendo di vincere la sfida.
Una stupidità che ha, spessissimo, origine in una insana cultura della sopraffazione, e in una competizione scevra da lungimiranza che, invece, aiuterebbe gli esseri viventi di questo pianeta ad evitare danni alle persone e all’ambiente e ad avere benefici.
Vige una cultura malevola di iperproduzione e superfruttamento dell’habitat circostante che non tiene conto delle necessità del genere umano.
Infatti, leggiamo nelle cronache dei giornali di disastri ambientali dovuti sia alla creazione di discariche di ogni sorta che a sversamenti di materiale radioattivo nei mari, sotto le porte di casa, credendo non vi sia altra soluzione come “prezzo del progresso”.
Ma quale progresso potrebbe esserci se non si è in grado di ridurre al minimo l’impatto con l’habitat circostante?
Non sarà certo né la logica della decrescita a salvare il genere umano, se si continua a rimanere dentro gli schemi di una produzione di sfruttamento di ogni cosa, nè le imposture dei vari Draghi che si improvvisano ambientalisti a fare uscire da questo imbuto di autodistruzione ma l’esatto contrario. Si sono allontanate le teorie dei beni durevoli o rinnovabili sostituendole con altre di breve resistenza e di difficile smaltimento in nome e per conto di un indefinito “progresso”.
Facciamo delle osservazioni (e che molti vogliono convenientemente evitare) su quanto poco vantaggioso sia il modello capitalistico proprio per gli effetti collaterali (se così si possono definire!) e per i costi sociali generati alla salute persa delle persone colpite da malattie o decessi afferenti inquinamenti come avvenuto, ad esempio, del disastro dell’Icmesa di Seveso (10 luglio 1976 a Meda), di Cernobyl (26 aprile 1986), di Fukushima… senza parlare dello strisciante e occulto smercio di rifiuti rimessi in circolazione sotto mentite spoglie e mescolati ad altre lavorazioni come scoperto per le strade somale da Ilaria Alpi o, come nella recente, e sicuramente non unica, delle “8mila tonnellate di rifiuti tossici usati per costruire una strada regionale” in Toscana.
Quanti pensano di essere al coperto da circostanze del genere? Non si può sapere purtroppo cosa succeda vicino a casa propria, si potrebbe avere una bomba ecologica che, prima o poi, colpirà sulla salute, con precisione millimetrica, il nucleo famigliare come avvenuto nel distretto conciario della Toscana per la gestione dei rifiuti reflui e fanghi industriali prodotti.
Una novità? Certo che no!
La sconcezza morale di alcuni politici asserviti a dinamiche disumane di molti industriali porta a rovinare quelle terre riconosciute internazionalmente come luoghi di prestigio tanto da richiamare ad abitarvi celebrità varie come cantanti rock… di fama planetaria che, consideravano quella regione un paradiso in Terra, e ora viene arrecato un danno all’economia turistica del sito della terra etrusca.
Certo la malavita organizzata, in quel contesto toscano (e non solo), c’entra molto ma diventa solo il collettore finale del ciclo produttivo di un difetto originario, perchè le leggi che si sono fatte sono appiattite su uno schema inefficace e controproducente alla vivibilità del genere umano e asservite al modello capitalistico basato su un controllo planetario volto ai propri fini.
Quanti sanno, ad esempio, che nella regione lombarda (ma è in tutte) vi è una lista – tenuta rigorosamente sotto chiave con la scusa della segretezza contro eventuali attentati – di siti industriali con produzioni pericolose?
Quanti sanno, come avvenuto nel caso della Icmesa, di avere a ridosso di centri abitati ad alta intensità di popolazione tali siti industriali?
Quale modo si pensa sia il migliore per avere la salute tutelata da questi siti pericolosi se non l’informazione? Anche questa è democrazia come previsto nella Costituzione o in altre leggi internazionali sulla conservazione del territorio; un bene convenzionalmente circoscritto geopoliticamente che non vuol dire però di proprietà specifica esclusiva ma di interesse di tutti coloro che vi abitano e anche oltre confine perché le radiazioni, i fanghi tossici mischiati con le coltivazioni alimentari, i pesci carichi di mercurio o altre sostanze pericolose vanno in circolazione in tutto il globo trasportando il proprio carico di morte… Vale davvero la pena avere un sistema così dannoso e non proporre altro?