di MOWA
«La ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro.» (Alessandro Manzoni I promessi sposi)
La vicenda dell’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ripreso occasionalmente in un’area di servizio di un casello autostradale con il dirigente dei servizi segreti, Marco Mancini, sta assumendo in questi giorni, gli aspetti di una spy story, forse, con l’intento di non rivelare cosa si siano effettivamente detti durante l’incontro. Un po’ un guardare il dito e non la luna.
Infatti, l’episodio sta assumendo del grottesco perché Renzi, invece di dare spiegazioni, dicono le cronache, con la sua denuncia contro ignoti vorrebbe sapere cose insignificanti rispetto al motivo di quell’incontro del tipo:
“sequestrare e acquisire i video e le foto girate dalla donna (la cui identità è d’accertarsi)“;
il video è integro
“attraverso l’analisi tecnica se vi sono state manipolazioni, alterazioni e provenienza“;
accedere, inoltre
“all’ulteriore materiale informatico nella sua disponibilità – in particolare il cellulare, i computer, la corrispondenza telematica (email e messaggistica WhatsApp) e gli altri sistemi informatici“;
soprattutto, specifica la denuncia del suo legale, se le
“immagini mandate in onda da ‘Report’ e il contraddittorio racconto della sedicente autrice di tali riprese potrebbero rivelare dunque un fatto che costituisce grave violazione dei diritti di Matteo Renzi e segnatamente della sua riservatezza nonché libertà e segretezza delle conversazioni ed incontri“.
Cadendo, poi, di stile nel sostenere:
“È possibile che Matteo Renzi sia stato seguito e/o che qualcuno abbia violato la Costituzione e la legge intercettando e riprendendo in modo illegittimo un parlamentare della Repubblica“.
Ingenuità vorrebbe che abbia preso corpo il detto popolare “chi è causa del suo mal pianga sé stesso” visti gli strani rapporti dell’ex Presidente del Consiglio con Emirati che eliminano fisicamente (tagliandole a pezzi) le fonti giornalistiche.
Perchè è risaputo, per chi trama nel torbido, che i giornalisti seri, che fanno con scrupolo professionale il loro mestiere siano scomodi e si devono togliere letteralmente di mezzo come avvenuto, ad esempio, a Pippo Fava, Mauro De Mauro, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Jamal Khashoggi, Daphne Caruana Galizia…
Giornalisti d’inchiesta che, se preparati, non svelano pettegolezzi ma motivi seri di cui preoccuparsi come il disgustoso atteggiamento del parlamentare (visto che il legale di Renzi tiene a precisare l’incarico pro tempore del suo assistito) Claudio Durigon, che si era, dicono le fonti di chi si è allontanato dal sindacato UGL (e immortalate su video) “inventati iscritti” e molto altro ancora di ben più grave.
Al legale di Renzi sfugge, “involontariamente”, un particolare sul fatto che il suo assistito sia stato fotografato in pubblico riportando (per puntualizzare) un paragrafo dal sito di un suo collega romano:
Ci sono delle eccezioni al divieto di divulgazione di un’immagine altrui: l’art. 97 della Legge 633 del 1941 afferma che non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Anche in tali casi, però, il ritratto non può essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritrattata.
Figuriamoci se tale estensione non sia, giustamente, possibile ad un giornalista che avrebbe (ha) il compito professionale di andare a fondo nella conoscenza dell’esercizio di figure note o pubbliche. Tanto più, se non ne pregiudica l’onore come si evince nel servizio di Report.
Se così non fosse esercitata la professione del giornalista quale altra via rimarrebbe?
Sicuramente non la brutta copia di quei giornalisti legati ai servizi segreti con nomi in codice come, ad esempio, “Betulla” o similari che non fanno onore alla categoria e alla trasparenza richiesta da un paese democratico.
A Matteo Renzi diamo, se ci è permesso, un consiglio pratico: dica pubblicamente, al più presto, cosa stava facendo con il dirigente dei servizi segreti, Marco Mancini, prima che la sua denuncia diventi un boomerang. E, prima ancora, che si sia sospinti dalla curiosità di voler conoscere i reali motivi della reticenza visto che non dovrebbe esistere nulla di male in quell’incontro. Eventulamente si faccia dare consigli su come funzionano le cose nel merito da quel dirigente dei servizi segreti, Marco Mancini.
Foto di Sammy Williams