di MOWA
«In piedi signori, davanti a una donna,
per tutte le violenze consumate su di lei,
per le umiliazioni che ha subito,
per quel suo corpo che avete sfruttato
per l’intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete tenuta
per quella bocca che le avete tappato
per la sua libertà che le avete negato
per le ali che le avete tarpato
per tutto questo
in piedi, Signori, in piedi davanti ad una Donna!»
(tratto dall’opera di Cervantes, Chisciotte, di William Jean Bertozzo)
Una delle cose che non si possono tollerare da parte di un subdolo e insidiosissimo potere è la martellante campagna di denigrazione su diversi campi culturali come, avviene col Ddl Zan (Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere), canalizzate attraverso vari attori, che manifestano una evidente misoginia di ritorno, “impedendo” di far ragionare con la propria testa le persone che provano a rilevare le stridenti contraddizioni nella relativa proposta di legge.
Infatti, non sono poche le volte che qualcuno – dalle femministe ai movimenti gay… – ha provato, ma inutilmente, ad intavolare una discussione pacata cercando di rimanere sugli argomenti specifici della suddetta proposta senza venire (con poca eleganza) interrotti con argomentazioni che fuggono dal contesto in specie e vedendosi ributtata la discussione sulla cronaca nera quotidiana di grande effetto ma ad uso della sola “pancia” di chi ascolta, oppure si arriva ad una camuffata contumelia – l’ultima è apparsa a “Porta a Porta”, il 13 maggio – da parte di Anna Paola Concia verso Lucio Malan, apostrofato con un “amore mio!” che suonava ben peggio che se gli si fosse detto in faccia “taci che non capisci nulla mentre io,…”. Inutile dire che nel consesso del programma le domande dubbiose poste dalla giornalista femminista, Monica Ricci Sargentini, sono state bellamente bypassate su altro.
In quell’occasione televisiva, quegli “agenti” dell’insidiosissimo potere (Concia e Zan), trovandosi in difficoltà si sono trincerati dietro una frase ad effetto con l’intento di screditare l’interlocutore tirando in ballo argomentazioni matematico/geometriche ovvero che gli “estremi si toccano” riferendosi alle posizioni politiche destra-sinistra.
Cosa, tra l’altro, non corrispondente al vero perché si negherebbe il dato scientifico, su come farebbero due punti che vanno in senso opposto nell’infinito (che non ha principio né fine perché illimitato) a toccarsi? Due punti, nell’infinito, non potranno mai toccarsi ma tutto questo non vale per coloro i quali vogliono indurre a far ragionare più con la pancia che con la “materia grigia” della testa.
Si diceva quale prepotenza e borioso niente viene issato sul pennone della ascientificità dai proponenti del Ddl Zan che sono ben lontani persino dalla proto-scienza quando parlano del genere umano rendendolo merce categorizzata. Costoro, infatti, violentano concetti della genetica (es. l’eredità biologica) trasformando tutto in categorie come quelle della identità di genere – di cui al punto d) il Ddl Zan sostiene: “si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione“ – e vorrebbero che si superasse il dato certo del sesso biologico (maschio/femmina) rendendo un pessimo servizio a tutti e, in particolar modo, alle donne che vengono rigettate indietro di qualche secolo come spiega molto bene nelle dinamiche Marina Terragni in “Gli uomini ci rubano tutto”:
“Il nuovo peccato della carne è sfuggire al business, al diktat dell’autoimprenditorialità, all’autodeterminazione eterodiretta, alla chirurgia, alla medicalizzazione, alla programmazione eugenetica.
Il nuovo peccato della carne è rifiutare di pensarsi come capitale biologico.
Il neoliberismo ha digerito e brandizzato anche la lotta delle donne per l’autodeterminazione e il controllo della fecondità, trasformandola in pratiche market-friendly e in occasione di profitto.
Se «il pensiero e la politica del femminismo» come dice Angela Putino, «hanno sempre considerato necessario non tagliare fuori l’uno dall’altro il pensiero e il corpo», oggi è in atto un nuovo tentativo per convincerci del fatto che il nostro corpo è solo una risorsa muta e a disposizione, che è materia inerte, che è stupido. Anzi, che forse non esiste del tutto. Che essere donne è solo un sentiment es essere donna e femminist* è una cosa a disposizione di tutt* (l’asterisco rappresenta l’insignificanza della differenza sessuale).
Dire «sono una donna» significa dire «sono questo corpo di donna». Questo corpo di donna desidera e pensa e mette al mondo esseri viventi e civiltà.
Il punto del femminismo è stata una politica dei corpi diversa dal biopotere, pensare un corpo sottratto all’economia e alle manipolazioni e offerto alle relazioni.”
Più avanti Marina Terragni entra ancor meglio nel dettaglio.
“La misoginia è la costante di tutte le costanti.
Da sempre è ciò che è femminile a dover pagare tutti i prezzi. Una recente ricerca sull’odio nel web tra gli italiani ha verificato che le donne restano il bersaglio principale, eccitando due terzi degli hater.
Il Labour Party britannico ha affidato le politiche femminili a Lily Madigan, transgirl di vent’anni, che sta procedendo con mano ferma a epurare il partito di un bel po’ di donne stigmatizzate come Terf.
Già consigliera Lgbt dello stesso partito – in seguito cacciata per omofobia: sic! – la transmodel Munroe Bergdorf ha dichiarato in un’intervista che il femminismo «non è per le donne, anzi è per tutti a eccezione delle donne, in particolare per le donne con il corpo di donna. […] “Donna” non significa più niente, nessuno sa più bene cosa sia»”.
Dopo questo passaggio il libro di Marina Terragni arriva a spiegare l’ennesimo inganno per le donne
“Ma se le transwomen sono le vere donne, i transmen non pensano minimamente di contendere ai maschi cis il titolo di veri uomini: un’interessante differenza.
Molte transwomen – Madigan, Bergdorf, Peto e altre – hanno scalato il Labour avvalendosi delle shortlist, le quote riservate alle donne.
«Prendono il loro posto nelle commissioni, parlano alle conferenze delle donne, negli organismi antiviolenza», entrano perfino nelle case-rifugio delle vittime di violenza con il loro corpo maschile intatto, dice la femminista Sheila Jeffreys.
«Uomini e ragazzi» continua, «vengono designati come responsabili delle donne anche a livello locale, i crossdresser si impongono nelle quote per le donne. […] In buona sostanza le donne oggi vengono rappresentate da uomini che hanno occupato il corpo femminile e parlano per loro.»”
Ma non finirebbe qui perché si dice ancora.
“Il filosofo Slavoj Zizek dice che «il capitalismo tende a sostituire l’ordinaria eterosessualità normativa con la proliferazione di instabili e mutevoli identità e/o orientamenti».
Un’ideologia glitterata che offre un packaging perfetto per il capitalismo neoliberale che con il mercato della carne e del vivente – tratta di prostitute e migranti, mercato degli organi, chirurgizzazione e medicalizzazione dei corpi, bioingegnerizzazione del vivente, commercio di seme vegetale, animale e umano, utero in affitto e traffico di neonati – realizza formidabili profitti.”
Le violenze sulle donne che spesso finiscono in dramma con l’uccisione viene marginalizzato o ridimensionato – nonostante i dati statistici conosciuti – per far posto ad altri aspetti non in solidarietà ma in concorrenzialità. Lo stesso vale per il linguaggio che subisce dei forti contorcimenti lessicali da paese orwelliano.
Ma una domanda bisognerà pur porla ai sostenitori del Ddl Zan. Ovvero: cosa subiranno dalla legge, qualora passasse il Ddl Zan, quelle attività (di natura professionale o associativa) che si rivolgono per la loro tutela alle sole donne se un soggetto che si definisce di orientamento sessuale o identità di genere (“identificazione percepita…” ricordate il pundo d) femminile volesse partecipare?
Quelle attività, secondo gli articoli della proposta del Ddl Zan (pundo d) verrebbero perseguite e dovranno, purtroppo, chiudere?
Si creerà quello che abbiamo letto nel libro di Marina Terragni l’espropriazione delle donne dagli ambiti conquistati in secolari battaglie politico-culturali.
Non c’è che dire qui si è di fronte ad un attacco concentrico alla privazione del buon senso dove una finta emancipazione porterà al collasso, anche giuridico – perché avremo sicuramente un incremento di casi giudiziari ingiustificati – in un sistema già fragile come l’Italia in quanto la proposta del Ddl Zan recita:
“il provvedimento, nell’introdurre forme di tutela penale contro gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere»”.
Dove si immagina già cosa faranno quelle persone scaltre con la proposta Zan, che dopo aver provocato una rissa, si trincereranno all’autorità giudiziaria dietro l’alibi delle suddette discriminazioni passando da colpevoli a innocenti… anzi, addirittura, perseguiti.