di MOWA
«La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia.»
(Ennio Flaiano)
La spy-story dell’incontro tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini assume, col passare del tempo, risvolti sempre più controversi e, pur di svelare i motivi del tête-à-tête, qualcuno suggerisce all’agente segreto di andare in pensione anticipata. Una pratica, quella del pensionamento anticipato – qualora si abbiano i requisiti – sempre adottata per i dipendenti pubblici (tanto più se pubblici ufficiali) qualora fossero implicati in turpi vicende giudiziarie che andrebbero a detrimento dell’onorabilità del servizio alla collettività. Un “favore” reciproco questo tra le parti perché la pubblica amministrazione si libererebbe di un ingombrante fardello giudiziario e dall’altra agevolerebbe il, probabile, dipendente infedele distogliendolo da un carico penale personale più gravoso. Tutto ciò, però, non toglie le responsabilità del dipendente pubblico di fronte alla legge; diciamo che la Pubblica amministrazione (PA) se ne “laverebbe le mani” sul perseguimento del dipendente perché non sempre chiede il risarcimento o si costituisce come parte lesa.
Un piccolo escamotage, da parte dell’amministrazione, per dimostrare pubblicamente di aver eliminato il rischio e nel contempo di non voler “infierire” sul dipendente con altra causa risarcitoria; cosa che non avrebbe lo stesso percorso se fosse esplicitamente licenziato perché, in questo caso, la PA avrebbe l’obbligo di scrivere – nero su bianco – le ragioni dell’atto amministrativo e che tale posizione potrebbe essere impugnata dal dipendente. Qui immaginate le variabili: anni per la conclusione del procedimento, testimonianze pro e contro, increspature interpretative, burocrazia, interventi politici o sindacali contro o a supporto…
Ma in questo caso stiamo parlando di due attori qualificati che potenzialmente potrebbero aver arrecato un danno così grande da immaginare di rendere, persino, instabile la Repubblica e la suggestione aumenta per il fatto che lo 007 non ha redatto nemmeno una relazione ai propri superiori, come stabilito in questo Paese.
Cosa c’era (c’è) di così scottante da non relazionare ai propri superiori?
Stiamo parlando di uno 007 (Marco Mancini) che ha dato del filo da torcere alla magistratura italiana su vicende scottanti, anche, di rilievo internazionale.
L’altro protagonista dell’incontro non è una mammoletta visto che nel suo curriculum vitae vi sono vicende come il referendum sulla Costituzione italiana – fortunatamente perso grazie ai democratici – che avrebbe messo in mora le radici valoriali della Carta più importante dell’Italia contrastata dai reazionari P2 in testa.
Il rischio per la Repubblica italiana – martoriata dai vari faccendieri di ogni sorta, che vanno e vengono in queste porte girevoli della legislazione fatta ad hoc– è quello di ri-trovare e avere a che fare con le stesse figure ma in posizione non più pubblica ma privata… e, magari, con delle concessioni esclusive in ambiti strategici per il Paese. “Ça va sans dire” (va da sé come dice il comico attore Christian De Sica in uno dei suoi cinepanettoni) se non ci fosse, in questo caso, da piangere perché seguitano – anzi aumentano – le ruberie in questo Paese ad opera di mafiosi conclamati e nuovi parvenu della politica ormai allo sbando se non si bloccano con i presupposti di un partito serio sul modello etico e morale del P.C.I. di Enrico Berlinguer, altrimenti è la fine delle conquiste sociali degli ultimi settant’anni.