di MOWA
«Cambiare lenti significa individuare qual è il cuore della questione. Il reato (o l’illecito) non si identifica con il comportamento, di cui è solo definizione giuridica; chi ha compiuto l’azione è persona, prima che ruolo giudiziario (indagata, imputata, condannata); chi ne ha subito le conseguenze è, prima ancora che parte offesa o vittima, una persona danneggiata. Il “danno” è al centro della giustizia riparativa, lo sono la sofferenza, le conseguenze per il torto subito.»
(Prof.ssa Patrizia Patrizi, psicologa e psicoterapeuta, La giustizia riparativa. Psicologia Diritto per il benessere delle persone e comunità)
Quasi tutta l’Europa dopo la fine del secolo XVIII e dopo, quindi, quelli che furono gli eccessi manifestatesi durante la Rivoluzione francese del 1789 abbandona “definitivamente” l’uso dei supplizi (flagellazione, impiccagione, rogo, amputazione…) come punizioni delle colpe, utilizzando l’uso della sola prigione, quella che formalmente viene definita, oggi in Italia, casa circondariale, istituto di pena o casa di reclusione per chi commette reati, trasformando questi ultimi in una pena da scontare, compresa la morte.
In Italia, le punizioni corporali, ahinoi!, anche se in modo meno cruento dei precedenti secoli, continuarono fino a poco più di mezzo secolo fa, quando furono definitivamente abolite; quando erano in uso avevano, (se così si può definire civile) lo scopo di dissuadere il popolo dal compiere violazioni delle leggi o di ribellarsi verso l’autorità costituita. Però, solo dopo la Liberazione dal nazi-fascismo del 25 aprile 1945, con l’entrata in vigore dell’articolo 27 della Costituzione repubblicana, fu abolita la pena di morte.
Infatti, l’articolo 27 della Costituzione, così recita:
…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…
Veniva pertanto avanzata la progressiva concezione punitiva della mera pena con funzione rieducativa e il conseguente riadattamento sociale eliminando la concezione di crudeltà insita nei sistemi oppressivo-reazionari ma, pur sempre, con funzione di deterrenza sociale.
Tralasciando, in Italia, le varie correzioni, modifiche (come, ad es., l’articolo 59 della legge 26 luglio 1975 n. 354 inerente le “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”) o nuovi soggetti e attori che hanno interessato il sistema detentivo si dovrebbe parlare di quanto il sistema giudiziario-restrittivo sia stato in grado di dare forza e concretezza al suddetto articolo 27, ma, soprattutto, quanto siano stati capaci o volenterosi i vari partiti e parti sociali nel farlo applicare.
Lamentano da più parti (specifiche o di categoria comprese) la pecunia di carceri e non si pongono il problema, invece, di come siano state responsabili le loro azioni per aver inasprito alcune leggi che portano alla detenzione (una per tutte: il reato per la legge n. 94 del 2009 dove viene introdotto, nel Testo Unico delle norme sugli stranieri extracomunitari, all’art. 10 bis la sanzione della condotta di chi è straniero fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato). Una balzana interpretazione, e poco umanitaria, che spinse nel dicembre 2010, l’allora Ministro leghista Maroni, alla genesi del reato “inventando” il reato di ingresso e soggiorno illegale, facendone conseguire un iter verso la sanzione penale.
In un caos legislativo di questo tipo non diventa difficile prevedere che alcuni personaggi, il cui solo scopo era (ed è) danneggiare questa Costituzione e questa Repubblica, agiscano in modo arbitrario e fuori dalle norme come avvenuto in diverse carceri picchiando i detenuti. Però, attenzione, due cose vanno precisate: primo, che questo riguarda sicuramente una esigua minoranza e, secondo, la copertura che costoro hanno in una catena di comando che sale molto in alto e, probabilmente, nei soliti angoli di chi vorrebbe sovvertire ( ricordate chi erano gli iscritti alla P2: alti ufficiali, politici, magistrati, servizi segreti, imprenditori, e così via ) non certo quelli che vogliono conservare ed applicare la Costituzione nata dalla Resistenza al nazi-fascismo del 1945 come erano (e sono) stati i comunisti.
Volete una conferma?
Provate a chiedere a quelli che hanno (parola del magistrato) fatto la “mattanza” nelle carceri di questi ultimi anni e sono andati sulla cronaca dei quotidiani – o quelli del G8 di Genova del 2001, quelli che uccisero Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, ecc. – cosa votano, quali politici o tipo di sindacato corporativo preferiscono e si scoperchierebbe il vaso di Pandora, di come sono stati allevati questi outsider della violenza.
Un progetto – consapevolmente o inconsapevolmente? – destabilizzante della Repubblica e della democrazia che ha bisogno di alcune cose: manovalanza – meglio se in divisa -, ignoranza, molta ignoranza, spregiudicatezza e fedeltà a dei principi illegali quali quelli fascisti e banditi, risolutamente, dalla Costituzione.
Foto di Hasan Almasi