di MOWA
«Ciò che fa la debolezza della borghesia è dunque la mancanza di un programma unico, anzi la mancanza di qualsiasi programma dovuta al fatto che la crisi è così grave che ha spezzato per sempre la coesione tra i rapporti di proprietà e le forze di produzione in essa sviluppate, rendendo impossibile non solo un governo “nazionale”, ma neanche un vero e proprio governo di classe.»
(L’Ordine Nuovo, n. 14 del 16 agosto 1919)
Proseguono le ipocrisie di un gruppo di élite di capitalisti che, tramite i loro lacchè, diffonde impotenza e rassegnazione nelle varie democrazie del Mondo e dall’altra aizza a brutalizzare il presente. Un ventaglio di lacchè che pur di avere la compiacenza ed i privilegi di una vita più agiata rispetto al resto del globo si prostra al punto di accettare scelte di vita cinica e criminale piuttosto che avere quella caratura etico-morale rispetto alle necessità del momento.
Lacchè che pur di parlare del concatenamento delle cause di tanti disastri nel Mondo, come le guerre, la fame, l’inquinamento, la penuria di lavoro… girano intorno al problema e glissano sui motivi reali di tali sciagure. Infatti, questi codardi, parlano dell’effetto ma non della causa che ha spinto ad avere un collasso generale di valori così vistoso, perché altrimenti dovrebbero dire che le disparità sociali sono determinate da quel modello capitalistico prospettato su basi di forti discriminazioni tanto da aumentare le differenze invece di abbatterle. Ecco, allora, questi lacché sciorinare fiumi di parole fuorvianti sui profughi delle guerre piuttosto di dire che, tutto ciò, è il frutto del furto – da parte di un’élite – delle risorse naturali in quei paesi come reale causa del problema.
Conseguenza, quindi, di tali sciagure, che portano in giro per il mondo sia rifugiati che “rigidità” ideologica revanscista (sospinta tal volta dall’”oppio” religioso ), è il paradigma di un modello capitalista da respingere.
Una probabile “rigidità” ideologica voluta e sospinta da fenomeni sociali che si manifestano in diverso modo e che vengono “indirizzati” come risposta ad un voluto lassismo delle istituzioni per scatenare le fobie delle persone al punto di far intendere e giustificare anche l’uso delle armi.
Un esempio vistoso di come il capitalismo si autosostiene e alimenta ideologicamente lo abbiamo avuto con il caso venuto alle cronache in questi giorni, quello del zombie-rave party viterbese dove non si fanno intervenire le forze dell’ordine e si preferisce che si consumi illegalità (droghe, occupazione abusiva, adunata sediziosa, non rispetto delle norme igienico-sanitarie, in vista anche della pandemia da covid-19…) lasciando il compito ai lacché di esacerbare gli animi delle persone sull’ingiustizia subita dal proprietario del terreno che, guarda un po’ il caso, è collocato politicamente nel serbatoio di Fratelli d’Italia, formazione politica che vive e si nutre di alimentare odio in ogni angolo del mondo.
Governi, con parlamentari illegittimi post seconda Repubblica, che non trovano soluzioni per il tavolo del lavoro ed anzi penalizzano coloro i quali vorrebbero conservare quella dignità democratica e far valere i principi dei padri costituenti di questo Paese, che non si sono fatti scrupolo – a differenza del zombie-rave party viterbese – di mandargli la polizia contro quando rivendicavano un diritto inoppugnabile per il progresso.
Come si possono digerire o sopportare ancora questi lacché, seguaci dell’ideologia finanziaria liberista (che hanno preteso banche private come la BCE, FMI, ecc.), i quali preferiscono tanti governabili e controllabili zombie piuttosto che un mondo sociale basato su quell’unica classe che potrebbe riscattare le sorti da uno sfacelo certo come già sosteneva L’Ordine Nuovo, il 16 agosto 1919:
«Se questi gruppi avessero coscienza dei loro interessi, oggi forse saremmo alla vigilia del trionfo del comunismo, poiché le minoranze parassitarie che sono al potere li avrebbero ostili e sarebbero incapaci di arginare la marea proletaria. La paura del comunismo salda oggi alla meglio il connubio tra interessi contrastanti entro la cerchia della classe borghese, e tale connubio si rinnoverà sempre, ma non sempre bene né in tempo, perchè l’azione rivoluzionaria del proletariato s’incuneerà nella falla e le impedirà di saldarsi.
Ciò che fa la debolezza della borghesia è dunque la mancanza di un programma unico, anzi la mancanza di qualsiasi programma dovuta al fatto che la crisi è così grave che ha spezzato per sempre la coesione tra i rapporti di proprietà e le forze di produzione in essa sviluppate, rendendo impossibile non solo un governo “nazionale”, ma neanche un vero e proprio governo di classe.
La facilità con cui in questi anni questi governi si son formati i ministeri e si son messi insieme gli elementi più disparati, senz’altro vincolo che la necessità di vivere alla giornata, non è solo dovuta all’opportunismo di marca giolittiana, ma a vera e propria crisi di sistema e alla disgregazione della borghesia.»
Che il mondo del lavoro, fatto da persone perbene, si riprenda il suo storico ruolo di classe dirigente e non lasci il Mondo in mano a delle locuste che ne stanno facendo un evidente scempio.