di MOWA
«È inutile parlare di libertà a uno schiavo che pensa di essere un uomo libero.»
(Gianni Rodari)
Imperdonabile sotto ogni profilo l’attacco alla sede romana del sindacato CGIL da parte di un folto numero di individui che, con bastoni, caschi, ecc. ha devastato vari uffici. Costoro vanno condannati sia per lo spregio verso chi rappresenta una parte del mondo dei lavoratori che per gli atti che sono sfociati in violenza. Questi atti di violenza vanno ben analizzati nel loro insieme ma si deve evitare una generica solidarietà, senza costrutto, verso l’organizzazione sindacale. Bisogna ricordarsi di rimanere sempre nei valori costituzionali che si fondano concretamente sull’antifascismo e, forse, bisogna proprio partire dall’eccessivo permissivismo verso le iscrizioni a tale sindacato in quanto concede un florilegio allo stesso articolo 3 dello Statuto interno che recita testualmente:
«…A tutela dell’organizzazione la domanda di iscrizione viene respinta, con deliberazione motivata, dalla Segreteria della struttura alla quale l’iscrizione viene richiesta, previo parere favorevole del/dei Centro/i Regolatore/i competente/i, nei casi di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o appartenenza o sostegno diretto o indiretto ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto (a titolo esemplificativo: organizzazioni segrete, mafiose, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o razzista, organizzazioni terroristiche)…»
A questo punto, diventa ingiustificabile avere una quota consistente di tesserati a tale sindacato – in prevalenza nelle zone di Brescia e Bergamo, stante uno dei sondaggi interni – che aderisce (o sono iscritti) ad un partito razzista come quello della Lega che penalizza sia la Costituzione che lo stesso Statuto. E, si devono considerare troppo lacunose le valutazioni delle istanze sindacali a giustificare la permanenza nella CGIL di queste persone soffermandosi al sostantivo (lavoratore/trice) ed escludendo l’aggettivo antifascista, antirazzista, ecc. che caratterizzerebbe la valenza costituzionale a tale adesione.
Tanto più se, anche qualche quotidiano scopre l’acqua calda (forse, strumentalmente perché ne è aumentata la conoscenza nelle persone), del fenomeno massonico trasversale nella società e nei partiti come la stessa Lega. Cosa che, come comunisti, si sostiene documentalmente da decenni, e cioè che la dirigenza leghista è un “prodotto” politico massonico da cui si può trarre una facile deduzione partendo dal loro originario simbolo che troneggia sullo scranno della loggia del Grande Oriente d’Italia.
(Gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito)
La valutazione del fare una politica consequenziale allo Statuto non è un vezzo piccolo borghese del “duri e puri” ma la conseguente adesione ad una giustizia o verità filologica per non danneggiare sia la stessa organizzazione sindacale che i valori in cui inscrive statutariamente facendo riferimento alla Costituzione.
Non ha senso parlare di un generico sostantivo lavoratore/trice senza aggetivizzarlo se, poi, non lo/a si contestualizza nell’idealità costituzionale. Si deve evitare una prosopoagnosia politica pagandone poi il fido. Che appoggio darebbero (o hanno dato) costoro nella società se le politiche di quei partiti a cui aderiscono (o sono iscritti) portano alla destrutturazione complessiva di un Paese come avvenuto con le riforme costituzionali, del Titolo V, del pareggio in bilancio, ecc. ecc.?
Non si meraviglino più di tanto i dirigenti sindacali di tale sindacato se l’acqua che passa sotto i ponti è fortemente inquinata e, anzi, hanno messo in mora quelli che all’interno si opponevano se non addirittura li hanno costretti a uscirne e farne di autonomi, con tutti i limiti che ne sono conseguiti per non perdere quella massa critica – che, però, è stata condotta sull’uscio di casa tenendosi, invece, quelli che si fingevano “alternativi” che, in verità, si sono scoperti molto, ma molto, discutibili facendo aumentare il potere dei funzionari a scapito degli stessi iscritti o, peggio ancora, hanno promosso politiche contro le realtà democratiche dei consigli di fabbrica per istituire le RSU (rappresentanze sindacali unitarie) svilite del controllo sociale e produttivo dei posti di lavoro.
Bisogna essere onesti con sé stessi quando si lanciano parole d’ordine di condanna della cultura fascista che mette in ginocchio la Costituzione ma non si è fatto molto per conservarne i presupposti di tutela – come lo era il P.C.I., da Gramsci a Berlinguer – e, anzi, hanno remato contro la preservazione di quel baluardo di salvaguardia democratica e, oggi, si accorgono del danno che ne deriva.
L’avere provocatori (di cui tutti, ridicolmente, ne prendono le distanze) che osano entrare nella sede della CGIL è sintomatico del disastro culturale che è stato operato sulla classe sociale più bersagliata al Mondo quella dei proletari che necessitano della propria autonomia politica e di autotutela costituzionale con un proprio partito.
Foto per gentile concessione di Anna