di MOWA
«Il potere politico moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese.» (Karl Marx, Manifesto del partito comunista)
Signor Presidente, quanto tempo dovremo ancora aspettare, noi cittadini italiani, prima di vederLa eseguire tutte quelle funzioni che le sono state assegnate dalla Costituzione al momento del Suo insediamento?
L’ultimo accadimento, in ordine cronologico, è quello riferito all’uscita xenofoba del ministro dell’Agricoltura che si permette di dire
«Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada» [1] a cui non è seguita, da parte Sua, una presa di posizione a difesa costituzionale.
Ma, signor Presidente, ci si chiede se nelle Sue prerogative, oltre a nominare Ministri, non vi sia anche quella di sollevarli dall’incarico quando viene a mancare la coerenza nelle azioni o vengano fatte dichiarazioni in contrasto con il dettato costituzionale. [2] Altrimenti, cosa vogliono significare le parole da Lei pronunciate contro l’oblio, nel campo di concentramento in Polonia, che ben identificano, nella cultura xenofoba, una delle peggiori tragedie del ‘900 con lo sterminio di massa e l’invenzione delle razze?
Non Le si chiedono (anche se ve ne sarebbe un gran bisogno per maggior chiarezza), Signor Presidente, atti straordinari rispetto alle firme (e quindi l’assenso) da Lei apposte ai vari decreti, controfirmati dai ministri competenti, ma solo di essere in linea con la Costituzione sulla quale tutti coloro che ricoprono le diverse cariche dell Stato giurano. E, quindi, proprio nel rispetto della Costituzione (costata la vita di chi ha lottato per far vivere tutti noi in un Paese libero e democratico) come si può conciliare l’invio delle armi a paesi in conflitto che contravviene all’art. 11? Forse, si deve capire se questi continui scivoloni culturali non portino, come nel secolo scorso, ad una complicità con tutt’altro paradigma da quello “democratico”.
A suffragio di tale tesi, la docente Clara E. Mattei (Assistant Professor presso il Dipartimento di Economia della New School for Social Research, è stata membro 2018-2019 della School of Social Sciences presso l’Institute for Advanced Studies), sostiene, nel suo illuminante libro “Capital Order: How Economists Invented Austerity and Paved the Way to Fascism” [Ordine capitale: come gli economisti hanno inventato l’austerità e aperto la strada al fascismo] e tradotto per l’editoria italiana: “Operazione austerità. Come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo”, tutto sin troppo chiaro nella sinossi perché sembra la fotocopia degli ultimi decenni vissuti in Italia e che L’hanno vista, in qualità di Presidente, siglare atti governativi a “proteggere il capitalismo dalla sua crisi esistenziale”:
«L’austerità non è qualcosa di nuovo né un prodotto della cosiddetta era neoliberista iniziata alla fine degli anni Settanta. Per piú di un secolo, governi in crisi finanziaria hanno implementato politiche di austerity, ovvero tagli al welfare (scuola, sanità, ecc.), privatizzazioni, tassazione regressiva, deflazione, repressione salariale e deregolamentazione del mercato del lavoro. Queste politiche rassicurano i creditori, mentre producono effetti sociali devastanti. Oggi, che l’austerità continua a imperare, è urgente domandarsi: e se il pareggio di bilancio non fosse mai stato davvero l’obiettivo? L’economista Clara E. Mattei indaga sulle origini dell’austerità per svelarne i motivi fondanti: proteggere il capitalismo dalla sua crisi esistenziale, per far fronte alle contestazioni dal basso che ne stavano intaccando le fondamenta.
L’austerità, come la conosciamo oggi, è emersa dopo la Prima guerra mondiale. In un momento di inflazione fuori controllo e sollevazione democratica senza pari che interessò l’Europa intera, gli esperti economici dovettero imbracciare le loro armi piú potenti per conservare quello che pensavano dovesse essere lo status quo. L’austerità fu lo strumento che parve loro piú efficace: funzionò – e funziona tuttora – per mantenere il capitalismo indiscusso e reprimere ogni espressione di cambiamento sociale. Attraverso uno studio di fonti storiche inedite l’autrice svolge un’analisi comparata fra Italia e Gran Bretagna negli anni Venti, per raccontare come gli economisti al governo sfruttarono le leve della politica pubblica per cooptare l’adesione di tutti i cittadini ai desiderata della produzione privata, anche a fronte di profondi sacrifici personali della maggioranza. Nonostante le divergenze ideologiche, economisti fascisti e liberali lavorarono di concerto come custodi di una scienza economica che, a dispetto della pretesa purezza, aveva come scopo pratico intrinseco quello di “ammaestrare” i cittadini a consumare di meno e produrre di piú. L’emergente regime fascista offrí a quei professori l’opportunità della vita: plasmare la società sull’ideale dei loro modelli.» [3]
La Costituzione è, sicuramente, un soggetto valoriale fragile che va difeso per non finire, come, purtroppo, fecero i nostri antenati in un regime che chiuse gradualmente la bocca, prima ai comunisti, poi ai socialisti e poi.. sino ad arrivare a quelli più moderati che stavano iniziando a intravedere il tranello capitalista.
La Costituzione concede sì la libertà di parola ma pur sempre nell’ambito dell’antifascismo e non tollera sofistiche attenuazioni alla pericolosa gravità del fascismo… altrimenti il passo verso la reale privazione dei diritti sociali (e non solo) è breve. [3]
Ne conviene?
Note
[1]
«No alla sostituzione etnica» però guai a chiamarla estrema destra xenofoba. #matrice pic.twitter.com/YdCuVfOOgI
— Alekos Prete (@AlekosPrete) April 18, 2023
[2]
Il ministro Lollobrigida, che oggi parla di “sostituzione etnica”, è lo stesso che inaugurò ad Affile, nel 2012, il mausoleo al macellaio fascista Rodolfo Graziani, criminale di guerra, uno che la sostituzione etnica tentò di farla in Abissinia a colpi di massacri e armi chimiche
— Alessandro Robecchi (@AlRobecchi) April 18, 2023