di MOWA
Ci troviamo di fronte ad una nuova trasformazione della sinistra: non passa giorno che parti considerevoli della suddetta si rivelino di tutt’altra fattura.
Questa volta, però, si parla di una “non ben definita” porzione (piccola, fortunatamente) di sinistra milanese che si rifà alla formazione “stalinista” del PdCI e, più precisamente, alla sezione Laika che commemora “nientepopodimenoche” un componente della banda di nichilisti che imperversò a cavallo degli anni ’60 – ’70 nelle piazze milanesi: Gianfranco Bellini.
Quest‘ultimo, insieme al fratello Andrea, fece parte (negli anni ’70, quelli della contestazione più accesa) della famosa “Banda del Casoretto”; quella che aveva come “precetto rieducativo della sinistra” (?) quello di compiere un’infinità di azioni illegali che andavano dalle devastazioni a beni pubblici e privati sino al furto di oggetti considerati “bottino di guerra” delle loro incursioni/aggressioni; ricorrenti erano anche i furti (chiamati “cucchino”) degli occhiali Ray-ban indossati dagli aggrediti.
Ora, si può tollerare tutto in “ricordo” dei tempi passati ma che alcuni teppisti (per non dire più chiaramente provocatori) vengano fatti passare come parte della sinistra (comunista poi!) è assolutamente intollerabile.
Passi che sia stato scritto, da Marco Philopat, un libro elogiativo e poco obiettivo dal titolo eloquente “La Banda Bellini”, ma l’autore non ha fatto una seppur minima analisi del disastro che questi nichilisti hanno arrecato alla sinistra di allora, al PCI in modo particolare…
Gli “sponsor” politici di costoro (come Toni Negri) rimarcano ossessivamente che fossero figli di proletari. E allora?
Il comportamento della “banda del Casoretto” non era molto dissimile da quello delle squadracce fasciste o dannunziane del primo novecento e, dobbiamo ricordare che, anche moltissimi di quelli erano figli di proletari. Allora come la mettiamo? Essere figli di proletari non significa obbligatoriamente essere di sinistra o, tanto più, comunisti… È solo l’elaborazione teorica marxiana, condivisa con la conseguente prassi gramsciana, che assolve e distingue se si è di destra, borghesi o di sinistra.
Va bene che, molti giovani, per loro fortuna o sfortuna, non hanno vissuto quei momenti di tensione quando, nei cortei, si aggiravano quei “rambo” spesso (per non dire sempre) armati di “tutto punto” con il solo scopo di creare il mito dell’“io” piccolo borghese (al posto del “noi” comunista) e facendo altro rispetto ad un servizio autentico di cordone “sanitario” contro le provocazioni fasciste ad opera di molti apparati deviati dello Stato che boicottavano lo svolgimento regolare del corteo. Questa situazione faceva dire ai manifestanti: “ci sono quelli del Casoretto gli incidenti con la Polizia sono garantiti”.
L’abbigliamento della “banda” era curato e “ricercatissimo”:
ricordo Andrea (Bellini) il vero maschilista leader della banda biondissimo, indossava sempre un impermeabile/soprabito (trench) chiaro e degli occhiali Ray-ban con lenti azzurrognole (“giusto per non farsi notare!”) rubati (sostiene il giornalista Fabio Poletti nella recensione del libro) durante uno dei suoi tanti raid;Bellini usava impartire ordini ai suoi “scagnozzi” che li eseguivano senza fiatare, e, d’altronde, cosa potevano obiettare dato che la “banda del Casoretto” non era altro che l’imitazione di una qualsiasi altra banda con: “un capo, un vice e altri poveri di spirito”?
È importante ricordare gli attacchi, pistole in pugno, all’Assolombarda, la sparatoria fatta in via De Amicis e domandarci… “dov’è il comunismo in tutto questo?”
Gianfranco Bellini si era, probabilmente, ravveduto visto che, alla sua dipartita (novembre 2012), la Direzione Nazionale del PdCI mandò al suo funerale i commossi Francesco Francescaglia (responsabile d’organizzazione) e Gianni Pagliarini (segretario provinciale di Milano) che dichiararono per bocca del loro segretario ed ex-ministro della giustizia (ma anche frequentatore del pericoloso onnipresente massone Giancarlo Elia Valori e del condannato Marcello Dell’Utri) Oliviero Diliberto che Bellini fu un: “Autentico protagonista della sinistra milanese, mancherà a tutti quelli che, come noi, hanno conosciuto la sua sagacia, la sua cultura profonda, la sua vivace curiosità intellettuale e il suo autentico antifascismo. Ci stringiamo con affetto attorno alla sua famiglia e alla sua banda”. (1)
Sì, la parola pronunciata fu proprio “banda”!
Dice bene un compagno quando polemizza ironicamente scrivendoci:
“Quelli del Casoretto, ai tempi in cui ero di AO, [Avanguardia Operaia ndr] erano bandoleros di quartiere, che creavano situazioni di provocazione, a volte violenta, dentro e fuori delle manifestazioni.
Da parte del PCDI, non solo c’è mancanza di memoria di chi c’era allora e dovrebbe ricordare soggetti, fatti e contesti; ma c’è l’ignoranza di chi non c’era, e non cerca e pondera le fonti riguardanti quegli anni: non si legge e non ci si informa.
La categoria dell’analisi critica, unitamente alla ricerca approfondita e documentata, che è propria del marxismo, è quasi scomparsa e, quindi, quei faciloni (diciamola così) del PCDI aprono le porte anche ai commemoratori dei Bellini.
Dopo aver aperto ai nazionalbolscevichi (che è stato molto più grave da parte di Ferrero del PRC), a quando una bella tavola rotonda per celebrare Renato Vallanzasca?”
Ma la locandina sopracitata mostra molto più di quanto vorrebbe, tant’è che la moderatrice dell’iniziativa è un’assidua frequentatrice del “Circolo Concetto Marchesi” sito in via Spallanzani 6 a Milano. Ai componenti di questo circolo è stato più volte segnalato che lo stesso è attiguo alla casa editrice Bietti (2) (3) il cui proprietario è nientemeno che il comandante della “guerra psicologica” diGladio, (ovvero Stay-behind, che secondo la Commissione Stragi del Parlamento presieduta dal senatore Giovanni Pellegrino, è collegata alla NATO) Francesco Gironda (4) (5) (6), ma, pur sapendo da anni la gravità di ciò, queste persone non hanno mai avuto intenzione di cambiare sede…
Pare, inoltre, che sia stato lo stesso circolo ad ospitare Armando Cossutta e l’ala di DP che ha messo le basi del post-PCI con le scelte fatte alla “Bolognina”. (7)
Lo stesso Concetto Marchesi, prima che approdasse al PCI, non era uno stinco di santo: aveva un passato che ha attraversato in lungo ed in largo gli schieramenti che vanno dalle formazioni risorgimentali all’anarchia, dal socialismo alla Proudhon sino al comunismo, si badi bene, però, che fu quello “staliniano”/bordighista, inoltre un neo macchiava indelebilmente le sue buone intenzioni: era massone. (8)
note:
- http://www.sinistra.ch/?p=2272
- http://www.edizionibietti.it
- http://www.radioradicale.it/scheda/144483/221309-la-disin…
- http://www.fondazionecipriani.it/home/index.php/storia-d-italia/crono
- http://web.tiscali.it/almanaccodeimisteri/gladio2000.htm
- http://www.youtube.com/watch%3Fv%3D2F9gCgtPgvg
- http://www.sandrovalentini.it/blog/?page_id=1863 “La vecchia talpa e l’araba fenice”
- Concetto Marchesi– Comunista e massone… http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?…