di MOWA
A seguito, tra virgolette, sono riportati gli appunti per un articolo mai pubblicato sull’entrata in politica del magistrato Antonio Ingroia che, per rispetto e preoccupazione, avevo deciso di non postare, invece, forse, le mie parole lo avrebbero messo in guardia rispetto a ciò cui sarebbe andato incontro.
Dico questo dopo aver visto “Leader”, la trasmissione condotta da Lucia Annunziata (componente del think tank Aspen), (1) dove il candidato è stato “sbeffeggiato” e ciò mi fa sentire in dovere di dire qualcosa a “tutela” di una persona integerrima come Ingroia e voglio farlo evitando toni paternalistici, ma facendogli (subito dopo il virgolettato) un esempio storico.
“Titolo: “Anche se stimiamo Ingroia non ne condividiamo la scelta”
Non possiamo dire che la scelta di entrare in politica del magistrato Ingroia sia stata una sorpresa però, dal nostro punto di vista, la riteniamo una scelta profondamente sbagliata per svariati motivi.
Il primo è che se ogni bravo ed onestissimo magistrato facesse questa scelta la giustizia subirebbe un colpo tale per cui solo i posteri ne potranno valutare le conseguenze.
Il secondo parte dalla considerazione che i vuoti della politica non possono essere colmati da soggetti che si occupano di altro, ovvero: non si possono riparare i danni combinati da alcuni schieramenti politici, che hanno trasformato i cittadini di questo paese in meri spettatori, o peggio ancora in abulici osservatori privandoli della partecipazione democratica, senza ripristinare la democrazia richiesta dai padri costituenti.
Non si può pensare di modificare gli assetti dei partiti solo attraverso la presenza di persone qualificate senza la costruzione di un retroterra culturale e numerico con un substrato di organismi organizzati che ripristinino la partecipazione alla vita politica del paese.
Se non si riparte da quel “tessuto sociale” che venne costruito nella Repubblica attraverso le sezioni, i circoli, le associazioni ecc. non cambierà nulla. Non saranno, sicuramente, le pagliacciate come quelle delle primarie a sostenere che “è arrivata la democrazia partecipativa!” chiesta in altro modo, invece, dai padri costituenti la Repubblica.
Perché se così fosse come si spiega la “povertà”, sia partecipativa che economica, in quei paesi dove vengono adottate le primarie?
Ad esempio, visti i continui richiami del PD nella campagna pro-primarie agli USA va detto che in quel paese quasi la metà dei potenziali elettori non vota o ha perso (?) il diritto a farlo. Il debito pubblico degli USA è innominabile per quanti sono gli zeri (altro che Italia!), e oltre il 30% della popolazione è formata da autentici poveri (dati dell’ultimo censimento, del 2007 e che avviene ogni 10 anni, dell’United States Census Bureau) e tra i 21 paesi più industralizzati nel mondo gli USA sono uno degli ultimi in classifica per il benessere dei bambini (dati UNICEF).
Non parliamo poi della Gran Bretagna che ha, addirittura, ancora una monarchia (anche se costituzionale), possiamo vedere quanto i Labour (storicamente liberalsocialisti, socialdemocratici, fabiani) abbiano peso o abbiano modificato in meglio la società.
Il terzo punto si riaggancia al primo: come si può “risanare” la vita politica, quando la stessa presenta aspetti di corruzione, se non ci sono dei “paletti” per contenerla? E la Magistratura è il “paletto” indispensabile.
Il quarto è l’aver presentato un simbolo elettorale con un nome identificativo personale (Ingroia), tipico della politica odierna, che rilancia la cultura del leader e non della collegialità.
Il quinto, forse quello più serio, è di non aver messo in conto che chi lo ha invogliato ad entrare nell’agorà politica non ha inteso sino in fondo che Ingroia, per il lavoro che ha svolto sino ad oggi, per le conoscenze che ha maturato in Magistratura, è una persona da tutelare vita natural durante.
Sono molte le persone che lo pensano e, per diversi motivi, non lo dicono apertamente.
Il timore è che l’entrata in politica di Ingroia sia vissuta come una sfida dalla criminalità organizzata, perché lui è il depositario di molti loro segreti.
Voglio ricordare che, per noi, “Ingroia magistrato” è sinonimo di onestà e ciò è importante per coloro che nel paese promuovono, concretamente, le virtù morali.
Infine… è sicuro Ingroia di avere dei supporter politici attendibili che siano intenzionati a sostenerlo nella sua campagna elettorale anziché usarlo solo per arrivare alla “poltrona ad ogni costo”?…”
Agli albori della neo-Italia, verso la fine del 1800, la mafia aveva già, nelle alte sfere istituzionali, persone di riferimento, senatori, sindaci, magistrati, poliziotti, carabinieri e giornalisti (come il direttore del quotidiano locale siciliano “L’Amico del Popolo”) le quali fecero di tutto per bloccare le indagini sulla criminalità organizzata dell’ispettore di Polizia, tal Ermanno Sangiorgi, il quale dovette difendersi un’infinità di volte per non vedere infangata la propria immagine di onest’uomo e di eccellente poliziotto.
Il suo “imposto” peregrinare da un capo all’altro del nuovo paese gli imponeva di studiare bene ciò che lo circondava e muoversi di conseguenza ma, tanto era ramificata la cultura mafiosa che non poteva evitare di “sbatterci contro”.
Non era per Sangiorgi una novità scontrarsi contro le ruberie dei sindaci di molti paesi del Sud che venivano eletti dopo l’elargizione di clientele e/o pressioni (intimidazioni) da parte della mafia. Tutto ciò era a conoscenza del Governo centrale che tollerava perché ne aveva un tornaconto in voti elettorali.
In quegli anni vi erano stati patti ricorrenti della criminalità organizzata (camorra, mafia) con rivoluzionari garibaldini ed a tessere quelle trame erano le immancabili massonerie… Tanto furono brave le massonerie ad insegnare anche ai mafiosi i propri rituali e la segretezza che fecero fronte comune. (2)
Persino, alcune rivolte di piazza furono gestite dai camorristi.
A Napoli nell’agosto 1893 fu significativa la rivolta dei vetturini che vide gli anarchici fare riunioni insieme alla camorra per condizionare la politica di investimento del comune contro la proposta di una società belga che prevedeva l’estensione della rete tramviaria.
Come finì?
Finì che la camorra intascò una mazzetta dalla società belga ed ai vetturini non andò nulla.
Usando le parole dello storico napoletano Pasquale Turiello si potrebbe dire che: “…la camorra e le clientele politiche agivano ai due estremi dello stesso mercato dei favori. La società sciolta era anche la società scaltra…” dividendo i partenopei in tre categorie: quella dell’“individualismo”, dell’“indisciplina” e della “scioltezza”.
Quindi “…le clientele politiche borghesi dall’alto e le bande camorriste proletarie dal basso si spartivano la città…” (3)
E per tutto ciò?
Il povero Sangiorgi, a parte qualche vittoria sul fronte malavitoso, poté far poco o nulla se non quello di lasciare traccia scritta nei suoi rapporti.
Tutto questo per dire ad Ingroia che a poco varranno i pronunciamenti pubblici o meno se non esiste una seria rete di organizzazioni che supportino la sua integerrima figura e la prima dimostrazione l’abbiamo avuta con la “trasmissione trabocchetto Leader” (altro che “scusarsi”, della poco trasparente, Annunziata), la seconda è che sarà difficile rimediare alla brutta rappresentazione data dalla sua lista nei programmi mass-mediatici futuri e, terzo ma non ultimo, non si vedono gli scudi eretti da parte dei suoi “supporter” come avevo già anticipato all’ultimo punto all’articolo non postato: “Infine… è sicuro Ingroia di avere dei supporter politici attendibili che siano intenzionati a sostenerlo nella sua campagna elettorale anziché usarlo solo per arrivare alla “poltrona ad ogni costo”?” …e così continua è solo l’inizio di quello che passò Sangiorgi: l’infangamento.
note:
- http://iskra.myblog.it/archive/2011/06/07/trasversali-bipartisan-e-con-molto-potere.html
- John Dickie “Onorate Società” ed. Laterza.
- ibidem