Scarpinato si riprende l’indagine sull’agente ucciso nell’89
di Sandra Rizza
Palermo. Troppe “lacune” nelle indagini dei pm che, secondo le parti civili, “non hanno esperito neppure gli approfondimenti già attivati da questa Procura generale a seguito della prima avocazione, poi revocata dalla Cassazione”. E non solo. C’è la necessità di “sviscerare ulteriormente le prove già acquisite, alla luce delle nuove, per cogliere meglio le connessioni tra le diverse parti dell’istruttoria”: per questo motivo il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha impugnato per la seconda volta l’inchiesta sull’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, assassinati il 5 agosto 1989.
NON ERA MAI accaduto che un fascicolo fosse “scippato” per due volte alla procura titolare, in questo caso quella guidata da Francesco Lo Voi: ed è ancora contrapposizione tra gli uffici giudiziari di Palermo attorno all’indagine che va avanti dal 2009 e che i pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia (gli stessi del pool Stato-mafia) lo scorso 18 novembre avevano chiesto di archiviare. Per la procura, infatti, nessun riscontro è stato acquisito “in termini di certezza probatoria sufficiente a esercitare l’azione penale” nei confronti dei tre indagati: i mafiosi Nino Madonia e Gaetano Scotto, indicati come gli esecutori, e l’ex poliziotto Giovanni Aiello (detto Faccia di Mostro), il presunto basista. Ma per Scarpinato non è così.
SI TORNA a scavare, dunque, sul ruolo degli apparati nel delitto Agostino: giovedì la Procura generale ha formalizzato la nuova avocazione davanti al gip Gabriella Natale che ha disposto la trasmissione del fascicolo per le nuove indagini. “Spero – ha commentato Vincenzo Agostino, padre dell’agente ucciso – in un nuovo inizio”. Ora l’obiettivo di Scarpinato è scandagliare l’intreccio tra mafia e servizi che arroventò l’estate dell’89: quella dell’arresto di Totuccio Contorno, degli anonimi del Corvo e del fallito attentato all’Addaura, attribuito dallo stesso Giovanni Falcone a “menti raffinatissime”.
Nessun commento in Procura. I pm, nella richiesta di archiviazione, avevano già sottolineato di aver avviato un’altra indagine su Agostino: ma Scarpinato sottolinea che è necessario “sviluppare ulteriori filoni” anche sui tre indagati che il pool Stato-mafia voleva archiviare. Tra gli elementi da verificare, le dichiarazioni dei pentiti Giovanni Brusca e Oreste Pagano, ritenute “meritevoli di più approfondita valutazione”. Brusca dichiarò che Totò Riina attribuiva l’uccisione di Agostino ai Madonia, lasciando intendere che fosse un delitto d’apparato. Pagano riferì di aver saputo che Scotto aveva ucciso un poliziotto perché aveva scoperto collegamenti tra i boss e pezzi della questura.
MA NELL’AVOCAZIONE di Scarpinato si fa riferimento anche agli spunti di indagine già evidenziati dall’avvocato di parte civile Fabio Repici nella sua opposizione all’archiviazione. Il più importante è un rapporto della Dia dell’aprile 2016 (che riprende un’informativa della Mobile, datata ’89 ma riscoperta solo ora), dove si legge che il commissariato San Lorenzo, quello di Agostino, aveva disposto la vigilanza della casa al mare di Falcone nel periodo dell’attentato all’Addaura. E che a scovare l’esplosivo sulla scogliera, il 21 giugno ’89, furono i poliziotti di quel commissariato: circostanza finora sempre esclusa.
C’È DUNQUE da ricostruire l’attività svolta in quei giorni dall’agente assassinato, incaricato anche di scortare l’ex neofascista Alberto Volo, all’epoca teste di Falcone che batteva la “pista nera” sul delitto Mattarella. Repici ricorda, infine, che non sono stati ancora acquisiti a Palermo gli accertamenti dei pm nisseni sulle tracce biologiche presenti in una muta e in un borsone rinvenuti all’Addaura: sui reperti fu individuato il Dna del mafioso Angelo Galatolo.
Con la prima avocazione, del 7 luglio 2015, Scarpinato ne aveva già disposto l’acquisizione, ma quella impugnazione fu annullata dalla Cassazione e quel fascicolo fu restituito alla procura, che poi non se ne occupò.
19 febbraio 2017