Il mio approdo al comunismo è stato tardivo: dopo anni di militanza socialdemocratica, l’esperienza amministrativa nelle istituzioni borghesi e lo studio approfondito hanno consentito un’adesione profonda e convinta ai principi del marxismo – leninismo. Mentre la prima è stata necessaria per toccare con mano l’inutilità e l’inconsistenza della democrazia rappresentativa nell’attuale fase di sviluppo del capitalismo, anche nelle realtà locali dove i centri decisionali e di potere sono comunque collocati al di fuori delle assemblee rappresentative; il secondo, lo studio, mi ha fatto comprendere come la socialdemocrazia, con l’accettazione del sistema capitalistico e l’ambizione a volerlo in qualche modo regolare e moderare, non solo non rappresenta la soluzione, ma costituisce uno specchietto per le allodole, allontanando la presa di coscienza del fatto che solo la realizzazione della società comunista è in grado di garantire la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quella futura umanità nella quale valga il principio marxista “Da ognuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni”, nella quale giustizia sociale, libertà e fratellanza non siano solo concetti vuoti e retorici ma assumano una concreta veste storica.
Negli ultimi anni ho raggiunto la consapevolezza non solo che non è fallito il socialismo reale, è fallita la sua revisione, ma anche che a quelle esperienze è venuta a mancare l’ultimo, finale, decisivo passaggio: quello dalla dittatura del proletario al comunismo.
A tutto questo si aggiunge che, mentre la più grave crisi economica dal dopoguerra devasta socialmente, culturalmente e moralmente le masse italiane, l’assenza di un Partito Comunista organizzato lascia lavoratori e lavoratrici e masse popolari in balia dei vari populismi che si sono succeduti dal 1994 ad oggi, da Berlusconi, a Grillo, a Renzi, senza altro scopo che quello di dirottare il malessere sociale verso l’antipolitica. Solo un Partito Comunista dotato di unità ideologica, politica ed organizzativa può consentire la presa di coscienza di classe in una società frammentata quale quella italiana ed occidentale, nella quale le classe subordinate non hanno coscienza di essere tali, e nella quale la lotta di classe esiste ed è a senso unico: è lotta dei “padroni” contro i lavoratori.
Da qui la mia adesione al Partito Comunista, dopo la militanza nel Partito dei Comunisti Italiani, una militanza importante, formativa e decisiva, al termine della quale però non ho potuto fare altro che prendere atto dei limiti intrinseci di quella formazione politica. Così, mentre il mio percorso di consapevolezza andava avanti, il PdCI restava fermo ad una fase antecedente della vita politica italiana e mondiale, mostrando segni evidenti di regressione e di confusione ideologica, politica ed organizzativa: un partito comunista non si costruisce trascurando le lotte dei lavoratori e l’organizzazione nei territori, non si costruisce nei tatticismi e nelle operazioni elettoralistiche, nell’attesa delle decisioni di altre formazioni politiche o nell’accettazione incondizionata dell’appartenenza a liste palesemente anticomuniste, con contenuti vagamente di sinistra, nella continua umiliazione dei propri militanti, dei propri valori politici e dei propri simboli. Le alchimie della Sinistra Arcobaleno, di Rivoluzione Civile e adesso della Lista Tsipras non hanno altro scopo che quello di far sparire ogni istanza comunista e di lotta di classe nel nostro Paese. La mimetizzazione e la conseguente umiliazione per “entrare” nelle istituzioni democratiche borghesi mi appare ancora di più priva di senso se consideriamo come tali istituzioni siano svuotate, ad ogni livello, di ogni potere decisionale effettivo, un potere che risiede ormai nelle istituzioni economiche sovranazionali.
I comunisti devono ripartire da zero: nessuno può ritenersi depositario della verità marxista – leninista, sarebbe un controsenso, ma la fine della diaspora comunista potrà aver luogo solo sulla base della chiarezza e dell’unità ideologica.
Un partito comunista si costruisce nella lotta di classe, nell’organizzazione della lotta di classe: a questo proposito mi piace ricordare il primo Longo, quello che nel 1921 scriveva: “Il Partito comunista è un partito di lotta. Da qui discende subito…la necessità che esso inquadri i più larghi strati possibili di operai…”il nostro partito” si chiede il giovane Longo “deve essere prima comunista e poi di massa, o viceversa?…nella nostra attività dobbiamo mantenere sempre inalterati i nostri principi oppure ci dobbiamo preoccupare, soprattutto, di non perdere aderenti?”. Longo conclude così: “il partito che volesse essere, a tutti i costi, partito di masse, dovrebbe essere molte, moltissime volte, della più pura acqua socialdemocratica”…La strada giusta dunque è la prima, e “mantenendo inalterate le linee caratteristiche del nostro partito, dobbiamo fare di tutto per trascinare nell’orbita dell’attività rivoluzionaria i più larghi strati di operai”, attraverso quella funzione pedagogica e chiarificatrice che deve essere propria di un partito, soprattutto nel corso delle lotte, che non deve temere di porsi, quando necessario, contro le masse non comuniste.
Ed è da qui che riparto, con convinzione e passione.
Barbara Mangiapane
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Perché aderisco al Partito Comunista,
semplice per ora non c’è nessun altro luogo dove sono chiaramente visibili
tre obiettivi chiari per mancanza dei quali è stato distrutto il sogno della
Rifondazione dopo il tradimento storico, culturale e vergognoso della
bandiera comunista da parte di tanti illusi degli anni ’90.
I tre obiettivi sono:
1) Abbattere il capitalismo e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo;
2) Costruire un Partito Comunista in Italia collocato all’interno del
Movimento Comunista Internazionale;
3) Le cariche elettive sono ottenute in nome del Partito Comunista
e la carica non può essere pagata con uno stipendio superiore a quello
di un lavoratore in trasferta.
Dopo la distruzione del Partito Comunista Italiana da parte di chi,
impadronendosi dei simboli, della bandiera e della rappresentanza legale,
li ha buttati nel fango, distruggendo con esso:
– la speranza dell’uguaglianza
– la speranza della giustizia
– la speranza della pace e della libertà
La Rifondazione Comunista nata da questa dissoluzione aveva
orgogliosamente ripulito lo straccio dal fango e ridato dignità ai colori ed
alle aspirazioni di quel simbolo.
Essersi aggrappati alla giacca del PDS, dei DS ed infine del PD ha reso
ambigua l’esistenza stessa della Rifondazione, relegandola in una sinistra
variopinta che invece di chiarirne l’identità l’ha contaminata di
incoerenze, di scissioni e di un salottismo che ha partorito tanti soggetti e
frantumazioni da rendere il lavoro dei militanti inutile, difficile ed ambiguo,
creando fra l’altro disastri elettorali che sotto nomi cantaminanti: Arcobaleno,
Federazione della Sinistra, Rivoluzione Civile etc… hanno definitivamente
distrutto la speranza del cambiamento e con essa la dissoluzione delle
conquiste dei lavoratori.
Il Partito Comunista ha riaperto una possibilità per rialzare la testa a tanti
militanti delusi e stanchi dalle umilianti militanze. Ha riaperto un luogo,
collettivo dove i giovani del nuovo Fronte della Gioventù Comunista possono
confrontarsi con pezzi di storia del movimento comunista italiano.
Aderisco al Partito Comunista non più da militante (purtroppo) ma da
semplice sostenitore.
Riconosco in questo Partito la coerenza identitaria e la chiarezza espressa
nel proprio Statuto.
Riconosco in questo Partito la chiarezza delle posizioni nei confronti della
sinistra italiana ed europea, ridotta a mero lato geografico del capitalismo.
Riconosco in questo Partito la giusta collocazione internazionale al fianco
dei comunisti di tutto il mondo e cioè di quelle formazioni che antepongono
le idee e la propria identità agli interesse elettorali e di bottega.
Riconosco a questo Partito la sua fermezza nel non adattarsi alla formula
ambigua dell’Altro Mondo Possibile e di un’Altra Europa, ma di definire con
chiarezza la netta contrapposizione al capitalismo ed al suo Ordine Europeo
e Mondiale e di concentrare la il lavoro e la propria esistenza nella costruzione
del comunismo in Europa e nel Mondo.
Per i compagni di seguito una breve illustrazione del mio impegno da
militante.
Antonio Falcone
Nato a Cosenza il 24.09.1958 da famiglia di braccianti agricoli
Iscritto nella FGCI il 1974 e nel Pci il 1976 membro della segreteria della
Sezione di Corigliano Calabro
Responsabile del Comitato per la Pace di Corigliano Calabro durante
la battaglia contro i missili di Comiso
Trasferito in Toscana il 1985
Iscritto al PCI di Chianciano Terme il 1986
Segretario del PCI a Chianciano fino al 1990
Iscritto a Rifondazione Comunista il 1994
Segretario del Circolo Ezio Santoni dal 2004 al 2013
Membro del CPF di Siena e del CPR Toscano
Responsabile regionale Commissione Termalismo
Consigliere Comunista e Vice Sindaco di Chianciano Terme dal 1999 al 2004
Consigliere Comunista all’opposizione dal 2004 al 2009 Chianciano Terme
Consigliere Comunista all’opposizione dal 2009 a 2014 Provincia di Siena
08 maggio 2014