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MOWA
Asia. Da una parte gli Usa completano il ritiro dall’Afghanistan a qualsiasi costo, dall’altra rilanciano la loro presenza nell’Asie del Pacifico. Politici, diplomatici e militari degli Stati Uniti nell’Asia del ‘Mar cinese’, e già il nome dice molto. E nello Stretto di Taiwan, l’isola cinese divenuta simbolo della sfida strategica, venerdì sono transitati il cacciatorpediniere USS Kidd e una imbarcazione della guardia costiera.
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Asia va e vieni Usa ma sempre in chiave anticinese
La Cina, che ha condotto esercitazioni militari lo stesso giorno, ha ovviamente condannato l’episodio definendolo un «atto provocatorio», riferisce Lorenzo Lamperti sul manifesto. Altrettanto ovviamente la marina Usa ha definito il passaggio «legittimo, una “dimostrazione dell’impegno americano per un Indo-Pacifico libero e aperto». Pechino ha denunciato l’esibizione della marina statunitense come «la più grande causa di rischi alla sicurezza nello Stretto di Taiwan».
Rassicurare gli alleati dopo l’Afghanistan
Da parte americana l’evidente volontà di rassicurare sulle intenzioni di Washington nei confronti di Formosa dopo che la caduta di Kabul aveva accesso la retorica di Pechino e portato la presidente Tsai Ing-wen a dichiarare che Taiwan non può «affidarsi solamente alla protezione altrui». Si tratta dell’ottavo transito di navi militari americane nello Stretto da quando alla Casa Bianca c’è Joe Biden e segue un accordo di cooperazione siglato a marzo tra la guardia costiera americana e quella taiwanese.
Asse Taiwan-Giappone fronte Usa nel Pacifico
«A inquietare Pechino c’è anche l’apparente rafforzamento dell’allineamento operativo con il Giappone», sottolinea Lamperti. «La nave della guardia costiera che accompagnava la USS Kidd ha concluso nei giorni scorsi un periodo di addestramento con la giapponese Aso nel mar Cinese orientale». Insomma, un amico armato tira l’altro, e Tokyo, che a breve entrerà in campagna elettorale, sembra aver parzialmente messo da parte la tradizionale cautela strategica.
Tutti ad esibire muscoli
Il Partito liberaldemocratico del premier Yoshihide Suga esibisce politicamente un summit sulla sicurezza col partito della presidente di Taiwan, partiti in perdita di consensi. E nei prossimi mesi la ‘temperatura politica’ delle acque dello Stretto resterà alta: a settembre sono previste tre vaste esercitazioni militari di tutte le componenti del triangolo Taipei-Pechino-Washington, «Ma, almeno per il momento, nessuno sembra avere la volontà di causare incidenti».
Cina e Usa segretamente trattano
Tanto che gli eserciti di Cina e Stati Uniti hanno riesumato dialoghi di alto livello (prima volta dall’avvento di Biden) sulla crisi afgana. Salvo poi una successione di piccole provocazioni d’assaggio. «Test incrociati, condotti sia a livello militare che diplomatico». Il Quad, Quadrilateral Security Dialogue tra India, Giappone, Australia e Stati Uniti in chiave anti cinese, avvia esercitazioni nel mare delle Filippine, e Pechino risponde inviando due flottiglie a nord e sud del Giappone ed estende la “zona grigia” intorno all’isola con strutture militari e civili.
La vice Biden Kamala Harris
La vice di Biden ha garantito che Washington non chiederà di “scegliere da che parte stare”, cosa che nessuno dei paesi dell’area intenderebbe fare. Ma ha anche chiesto a Singapore e soprattutto Vietnam di “aumentare la pressione” su Pechino sulle dispute marittime. Cosa che, in realtà, Hanoi non sembra intenzionata a fare. Quantomeno non allineandosi a Washington. Il premier Pham Minh Chinh, prima di Kamala Harris ha incontrare l’ambasciatore di Pechino Xiong Bo a garantire che il Vietnam non entrerà in «nessuna alleanza anti-cinese».
Ma chi si fida è perduto
Non sono tempi di grande credibilità Usa. Ma la vicepresidente ha promesso un milione di vaccini contro il coronavirus, annuncia l’intenzione di ospitare il prossimo summit dell’Apec, la Cooperazione Economica Asiatico-Pacifica per ottenere il sostegno dell’Asean, l’Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico. Dare avere, ed emergente il fronte antiterrorismo dopo i talebani al governo in Centrasia e la sfida interna jihadista. Indonesia e Filippine hanno una lunga storia di attentati e insorgenze islamiste.
Nell’isola di Mindanao, per esempio, operano diversi gruppi islamisti, alcuni affiliati all’Isis. Ma anche Malaysia, Brunei e Thailandia temono che la vicenda afghana possa riaccendere i movimenti estremisti locali.
29 Agosto 2021