Precipita la crisi in Ecuador: il presidente filostatunitense Moreno, ha decretato il coprifuoco e la militarizzazione nella capitale Quito ormai in mano ai dimostranti e oscurato molti canali televisivi tra cui il network TeleSur che trasmettevano in diretta la repressione della polizia o i video dei dimostranti uccisi (visibili nel link).
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Quito si è svegliata sabato con barricate e gas lacrimogeni, in uno scenario popolare di rivolta con donne e uomini indigeni provenienti dalle montagne, dalla costa e dall’Amazzonia, da giovani, lavoratori, una folla di fronte al potere legislativo e presidenziale. Con il passare delle ore si sono uniti manifestanti di diversi quartieri della capitale.
Il presidente, negando l’evidenza, in un messaggio televisivo per spiegare la sua decisione, ha tentato di attribuire le colpe dei disordini ad altre cause: “a protestare sono gli spacciatori, i trafficanti di droga, le gang criminali latine e i seguaci dell’ex presidente Correa che si dedicano al vandalismo. Gli indigeni li hanno già rilevati e li stanno separando dai loro ranghi. ”
Al di là della costante ricerca di capri espiatori da parte del governo per spiegare la rivolta sociale – Moreno aveva già incolpato il suo pari venezuelano Maduro di fomentare la rivolta – la verità è che il centro di Quito è diventato ormai un campo di battaglia costante. La repressione del governo Moreno si estende giorno e notte e l’accesso all’Assemblea Nazionale è interrotto da dozzine di barricate in cui si ripete lo slogan: “fuori Moreno fuori”.
Ad iniziare la protesta sono stati i trasportatori, poi il movimento indigeno, (CONAIE) e negli ultimi giorni è diventato più ampio con l’aggiunta di giovani, abitanti delle baraccopoli, meticci, bianchi, lavoratori.
A scatenare le proteste è stato l’annuncio di Moreno di attuare una serie di misure accordate con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito di 10 miliardi di dollari. Il punto critico, all’interno del cosiddetto “pacchetto”, era il decreto 883 che rimuoveva il sussidio per la benzina con il conseguente aumento dal distributore alla tavola delle famiglie.
La posizione del governo è stata fin dal primo momento il rifiuto di trattare: ha decretato lo stato di emergenza e poi il coprifuoco. Moreno si è spostato, in molti dicono che sia fuggito, dalla città di Quito a Guayaquil – non si sa dove si trova ora – e da lì comanda la risposta e la repressione alla mobilitazione che ha sottovalutato.
Col passare del tempo, l’ampiezza della risposta popolare è infatti cresciuta: mobilitazioni in diverse città, blocchi stradali a livello nazionale e la confluenza di una grande mobilitazione di CONAIE e altri movimenti indigeni che sono arrivati nella capitale Quito lo scorso mercoledì.
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