di Maria Morigi
In un anno denso di prove elettorali in tutto il mondo, le elezioni indiane hanno un peso importante a causa del sorpasso demografico dell’India sulla Cina, dello sviluppo economico diseguale negli ultimi dieci anni, del ruolo “variabile” del Paese sul fronte geopolitico e, non ultimo, l’esplosione della corruzione nei finanziamenti elettorali.
La prima cosa che colpisce è il gigantismo indiano: un miliardo e mezzo di abitanti, circa 970 milioni gli aventi diritto al voto (circa il 10% della popolazione mondiale), più di 2500 partiti, 15 milioni gli operatori elettorali. Le elezioni indiane saranno anche le più costose di sempre: 14,4 miliardi di dollari, il doppio rispetto alla tornata del 2019. Le operazioni di voto in 28 Stati e 8 territori si tengono in 7 giornate elettorali, dal 19 aprile al 1 giugno con risultati attesi per il 4 giugno, e riguardano la Camera bassa del Parlamento (Lok Sabha), composta da 543 seggi. Il partito, o la coalizione, che riuscirà a ottenere la maggioranza di 272 seggi nominerà il Primo Ministro. Di questi 272 seggi, 131 sono assegnati ai deputati delle “caste classificate” e “tribù classificate”, ovvero gruppi riconosciuti come svantaggiati (circa 1/4 della popolazione). Non entrerà invece in vigore la legge che impone di assegnare 1/3 dei seggi alle donne, perché la precedente legislatura non aveva abbastanza seggi per procedere a riforme costituzionali.
Narendra Modi, eletto per la prima volta nel 2014 e leader del partito conservatore e nazionalista Bharatiya Janata Party (BJP), punta a un terzo mandato (il solo precedente fu Jawaharlal Nehru, primo leader dell’India indipendente).
Le precedenti promesse (ora rinnovate) di Modi erano: sviluppo, welfare e lotta alla corruzione. Eppure in questi anni si sono registrate tante criticità, esercizio di autoritarismo, discriminazioni a danno dei musulmani (15% della popolazione), discriminazioni a danno della comunità Sikh, proteste oceaniche degli agricoltori, annullamento dell’ autonomia del Kashmir … e anche tante proposte di legge ritirate dal Governo che non aveva il numero di seggi sufficiente per condurre modifiche significative alla Costituzione.
Nei mesi precedenti alle elezioni è scoppiato un ennesimo torbido caso, quello delle “obbligazioni elettorali”, un meccanismo clientelare di raccolta fondi di cui ha beneficiato il partito BJP al governo. John Brittas del Partito comunista indiano e parlamentare che rappresenta lo Stato del Kerala, paladino della lotta contro la corruzione, ha denunciato i doppi standard del governo: “La distruzione delle nostre istituzioni è sotto gli occhi di tutti. L’immunità di cui gode il governo è profondamente preoccupante”. Prashant Bhushan, avvocato della Corte suprema, ha affermato che 41 società sotto indagine hanno donato milioni di rupie al BJP attraverso obbligazioni, dopo aver subito incursioni da parte delle agenzie federali.
Una settimana fa migliaia di persone si sono riunite nella capitale per una manifestazione trasversale organizzata dalle opposizioni. Il leader dell’opposizione Rahul Gandhi del Partito del Congresso ha dichiarato: “Narendra Modi vuole strangolare la democrazia e togliere al popolo la possibilità di scegliere il governo che preferisce”. Contro Modi il Partito del Congresso fa campagna per “salvare la Democrazia” dietro l’acronimo “India” ma in realtà non ha ancora trovato il suo candidato Premier.
Così l’India è un Paese sempre più polarizzato in termini etnico-religiosi, con forti spaccature e tensioni soprattutto con i 200 milioni di cittadini musulmani, e sempre più preoccupato per la tenuta della propria Democrazia che pare ormai in mano alle lobbies e alla corruzione.
Chi guarda al fronte internazionale vede un’India che si avvicina ad essere una super potenza e però lascia interdetti gli osservatori per la sua “confusione” interna e per il suo ruolo ambiguo in politica estera, una sorta di non-allineamento che da un lato partecipa ai BRICS insieme a Russia, Cina e Iran, e dall’altro ha rapporti con gli Stati Uniti, con l’alleanza strategica QUAD -Australia, Giappone, India e USA- per contenere la Cina, e sostiene le politiche AUKUS (patto di sicurezza trilaterale Australia – Regno Unito – USA).
Da segnalare anche la stretta alleanza del partito BJP con Netanyahu, Primo ministro di Israele, cui Modi ha promesso un massiccio aiuto di forza lavoro per sostituire i lavoratori palestinesi che hanno perso diritto di lavorare in territorio israeliano: una vera tratta degli schiavi, peraltro riuscita solo negli Stati federali indiani governati dal BJP, visto che altri Stati governati da partiti d’opposizione o comunisti si sono energicamente opposti al reclutamento della popolazione indiana più povera.
Ma per vedere dove le elezioni non servono proprio a un bel niente, andiamo a Ghazipur, la più grande discarica a cielo aperto nella zona di New Delhi. Drammatico simbolo dell’inquinamento fuori controllo nel Paese asiatico, Ghazipur cresce a un ritmo di 10 metri l’anno: occupa una superficie pari a 40 campi di calcio e continua a crescere. La montagna d’immondizia aperta nel 1984 avrebbe dovuto chiudere nel 2002 al raggiungimento della massima capacità, oggi supera i 75 metri di altezza e gli scarti hanno continuato ad accumularsi al ritmo stimato di 2 mila tonnellate di rifiuti al giorno. Nello slum ai piedi della discarica vivono circa 2.000 famiglie in condizioni inaccettabili: niente acqua corrente in casa, ci si lava in strada, una sola latrina per tutti gli abitanti. La maggior parte della gente lavora allo smaltimento dei rifiuti – plastica, metallo, vestiti – presi dalle colline di immondizia, poi differenziati e venduti ai negozi vicini. Anche i bambini lavorano a differenziare e separare l’immondizia; la maggior parte di loro non va a scuola e una famiglia guadagna meno di 4 euro al giorno con la vendita dei materiali.
Nel 2018, una parte della collina di immondizia è franata a causa delle violente piogge collassando sul vicino abitato e uccidendo due persone. Gli incendi, difficili da domare, sono all’ordine del giorno perché alimentati dalle esalazioni di metano; un flusso continuo di percolato, il denso liquido nero che defluisce dai rifiuti, finisce in un canale a cielo aperto inquinando le falde acquifere della zona. La discarica di Ghazipur aumenta il rischio per la popolazione nel raggio di 5 chilometri di contrarre malattie e disturbi gravi, mentre un’indagine governativa ha stabilito il collegamento con la morte di 981 persone tra il 2013 e il 2017 colpite da gravi patologie respiratorie.
Modi aveva fatto promesse e giuramenti di affrontare il problema… ma evidentemente è più bravo a scatenare campagne razziste, ad intascare i denari delle “obbligazioni elettorali” e ad esibirsi sul palcoscenico internazionale.