Si vota domenica per il nuovo parlamento del Kosovo. Tra i favoriti la coalizione tra il PDK di Hashim Thaçi e gli ex avversari di NISMA e dell’AAK di Ramush Haradinaj, indicato come candidato premier
Domenica 11 giugno gli elettori kosovari sono chiamati alle urne, nelle ennesime elezioni anticipate necessarie a rinnovare il parlamento di Pristina. Il voto si è reso necessario dopo la caduta del governo dell’“alleanza scomoda” tra il Partito democratico del Kosovo (PDK) e la Lega democratica del Kosovo (LDK), e affossato lo scorso 10 maggio da una mozione di sfiducia appoggiata dallo stesso PDK.
A differenza del passato, le forze politiche del Kosovo hanno deciso stavolta di presentarsi agli elettori stipulando alleanze pre-elettorali, spinte soprattutto dalla lunga e spinosa diatriba che ha accompagnato le ultime consultazioni politiche, tenute nel 2014.
Allora, una contestata e controversa decisione della Corte costituzionale, ha infatti stabilito che, di fatto, il diritto a governare è appannaggio del primo partito (o coalizione), a prescindere dalla composizione finale del parlamento.
La necessità politica di delineare le alleanze prima del voto non ha tardato a creare sviluppi a prima vista sorprendenti. Il primo e più importante è stato la sottoscrizione di un’alleanza tra le principali forze che affondano le proprie radici nella guerriglia dell’UÇK, attiva tra fine anni ’90 e inizio 2000 nella lotta armata contro le forze dell’allora presidente jugoslavo Slobodan Milošević, sfociata poi nella dichiarazione di indipendenza del febbraio 2008.
Il PDK del presidente Hashim Thaçi, ora ufficialmente guidato dall’ex presidente del parlamento Kadri Veseli – primo partito nel parlamento appena sciolto – si presenta infatti insieme agli ex-avversari di NISMA e dell’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) di Ramush Haradinaj, indicato come candidato premier, una coalizione accreditata dai sondaggi della vigilia come probabile vincitrice.
Nuova alleanza politica
La nuova alleanza politica, che si pone chiaramente l’obiettivo di governare il Kosovo per gli anni a venire, segue anni di scontri violenti e spaccature irriducibili tra le forze che ora la compongono. Su tutte le principali questioni affrontate nella scorsa legislatura, dalla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe alla contestata demarcazione del confine col Montenegro passando per la creazione di una Corte Speciale per i crimini dell’UKC, AAK e NISMA hanno fatto opposizione durissima al governo e al PDK.
Fino a pochi mesi fa, lo stesso Haradinaj prometteva la creazione di una piattaforma politica per “mettere fine all’attuale status quo”, e sosteneva che l’esistenza stessa della Corte Speciale era conseguenza diretta “del fallimento dell’ex premier (e leader del PDK) Hashim Thaçi di creare un sistema giudiziario credibile e funzionante”.
Non appena fissate le nuove elezioni, però, il baratro politico tra PDK e gli ex “commilitoni nemici” di AAK e NISMA è stato ricucito in fretta, senza troppe spiegazioni.
Alla base del nuovo improvviso accordo, secondo alcuni analisti, come Shkëlzen Gashi, c’è la necessità politica di creare un “governo dell’UÇK” per gestire la patata bollente delle incriminazioni della Corte speciale, annunciate più volte e attese nel prossimo futuro. Necessità sentita anche e soprattutto dalla comunità internazionale, convinta che solo un esecutivo degli ex combattenti sarà in grado di garantire la stabilità quando i capi militari dell’UÇK – oggi leader politici – verranno (presumibilmente) portati di fronte alla sbarra.
In caso di vittoria, resta da vedere che tipo di convergenza sapranno trovare i nuovi alleati, dopo anni di dissenso feroce, sulle scottanti questioni politiche citate, ma anche sul rilancio di un’economia al palo e sulla lotta alla corruzione, piaga strutturale del sistema politico kosovaro.
L’altra coalizione
Agli ex-UÇK si opporrà un’altra coalizione, quella tra la Lega democratica del Kosovo dell’ex premier Mustafa con l’Alleanza per il nuovo Kosovo (AKR) dell’imprenditore svizzero-kosovaro Behgjet Pacolli, esclusa dall’ultimo parlamento ma data in crescita rispetto al 2014.
Dopo la bocciatura in aula del suo governo, il leader dell’LDK Isa Mustafa ha deciso di fare un passo indietro, proponendo come futuribile premier un suo uomo fidato, l’ex ministro delle Finanze Avdullah Hoti, considerato un tecnocrate senza particolare carisma personale.
L’LDK sembra però scosso da profonde divisioni interne, che potrebbero influire pesantemente sui risultati elettorali: dalle liste sono stati esclusi o marginalizzati molti dei leader storici del partito, in quello che sembra un tentativo di Mustafa di mettere alla corda l’opposizione interna, che non ha perdonato al leader l’alleanza politica col PDK.
Radicali solitari
Si presenta invece da solo il movimento radicale e pan-albanese Vetëvendosje, con la sua piattaforma di opposizione allo status quo e al ruolo di “patronato” della comunità internazionale sul Kosovo, unito all’ideale di futura unione con l’Albania. Nonostante il suo isolamento, il movimento – che propone il suo leader storico Albin Kurti come candidato premier – potrebbe guadagnare posizioni proprio grazie alla crescente stanchezza dei kosovari rispetto all’attuale classe politica, ampiamente screditata in larghi settori della società. Vetëvendosje potrebbe pescare nuova linfa dal suo tradizionale elettorato giovanile: quest’anno saranno infatti almeno 150mila i giovani che si recano per la prima volta alle urne.
Viste le previsioni della vigilia e il sistema elettorale proporzionale, non è però affatto certo che qualcuna delle formazioni in campo sarà in grado di conquistare una chiara maggioranza in parlamento. Decisivo, come già in passato, potrebbe essere il ruolo della minoranza serba, che usufruisce di almeno dieci seggi dei venti seggi riservati alle minoranze sui 120 totali.
Minoranza serba
I serbi del Kosovo arrivano al voto in un clima di crescente disillusione, spesso ostaggio e strumento delle diatribe politiche tra Belgrado e Pristina. Come nel 2014 il governo serbo sponsorizza esplicitamente la “Lista serba” (Srpska Lista) già partner di governo dell’alleanza PDK-LDK e considerata garante delle politiche di Belgrado in Kosovo.
L’appello all’unità intorno alla “Lista serba” è arrivato per bocca di Marko Đurić, direttore dell’Ufficio per il Kosovo del governo serbo, secondo il quale solo un voto unito dei serbi del Kosovo al partito potrà impedire la temuta creazione di un esercito del Kosovo, promessa più volte ripetuta da Thaçi.
Nonostante gli appelli all’unità, non sono però mancate divisioni e tensioni. Protagonista soprattutto l’ex leader della “Srpska” ed ex ministro alle Comunità e ai Ritorni Aleksandar Jablanović, che si presenta ora col nuovo Partito dei Serbi del Kosovo, fortemente critico rispetto “alle bugie senza fine” dei leader del suo ex-partito.
Accusato di “tradimento” e di essersi “venduto a Pristina”, Jablanović è stato arrestato, trattenuto e poi rilasciato lo scorso 4 giugno, dopo un incidente a Leposavić, in Kosovo settentrionale, dai contorni ancora da chiarire. L’uomo politico avrebbe minacciato con una pistola un gruppo di attivisti della Lista Srpska, intenti ad affiggere manifesti elettorali.
09/06/2017