di AC
Più a destra che mai. La Germania che esce dalle politiche del 22 settembre, ci consegna una CDU al livello più alto dal 1990, una SPD che continua la sua deriva di destra e una “Die Linke” in arretramento, impantanata com’è in una strategia europeista e di compatibilità con la SPD.
Il risultato principale di questa elezione, è il trionfo della CDU di Angela Merkel. Con oltre il 43% dei voti, il Partito democratico cristiano ottiene una vittoria schiacciante. L’unica incertezza riguarda la sua capacità o meno di avere la maggioranza assoluta.
Con una campagna decisamente conservatrice, incentrata sulla stabilità e la continuità, ha fatto il pieno nell’elettorato di destra e di centro, sullo sfondo di un nazionalismo (“La Germania forte”) che trova compiuta espressione in un europeismo interessato e attento.
Merkel non ha esitato a recuperare l’eredità dell’opera dell’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder, le cui riforme (“Hartz IV”) nei primi anni 2000, hanno gettato milioni di tedeschi nell’inferno del precariato e delle riduzioni salariali.
In modo sottile, si distingue dal suo predecessore social-liberale per un cambiamento in politica estera, meno condiscendente nei riguardi della NATO, e in politica interna con alcune misure sui salari minimi limitate a determinati settori specifici.
Merkel occupa l’intero spettro di destra e schiaccia i suoi partner-concorrenti: l’FDP viene spazzato sui suoi fondamentali, liberalismo ed europeismo (4,5%), mentre i populisti anti-europeisti di AFD, “Alternativa per la Germania”, restano fuori dal Bundestag (4,8%).
Ma l’evoluzione verso destra del paese è evidente anche nel fallimento dei cosiddetti partiti di “sinistra”. I Verdi in calo con l’8% dei voti (- 2,7 punti) e soprattutto la SPD con il 26% dei voti, un risultato deludente anche se superiore al fiasco del 2009 (+ 3 punti).
Attestatosi inizialmente su proposte identitarie “di sinistra”, con una patina di radicalismo (salario minimo, tassazione progressiva), la SPD ha finito per accrescere la deriva di destra, aiutato dalla figura di Peer Steinbrück.
Illustre rappresentante della “sinistra radical chic” tedesca, Steinbrück è stato il ministro delle finanze di Merkel nella “grande coalizione” tra il 2005 e il 2009, artefice del piano di salvataggio delle banche e dell’austerità, dentro e fuori della Germania.
Rivendicando l’eredità delle riforme Schroder, difendendo l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, che ha fatto approvare, Steinbrück non si è distinto dalla Merkel che per la sua strenua difesa dell’austerità fiscale e del federalismo europeo.
Presa in questo vortice di destra, che ha contribuito ad alimentare, e in linea con le ultime elezioni regionali, la “Die Linke” si sta sgretolando. Con l’8,4% dei voti, potrebbe rimanere la terza forza del paese, ma in forte calo rispetto ai risultati del 2009, quando ottenne l’11,9%.
Al di là del suo risultato, sono gli assi portanti della sua campagna elettorale che hanno favorito la svolta a destra nel paese: l’approfondimento dell’integrazione europea e la ricerca di un’alleanza con i socialdemocratici.
Ma la ricerca di una maggior integrazione europea e l’alleanza con la SPD, costituiscono una virata a destra o una continuità per Die Linke?
Die Linke si è distinta da subito nella sua campagna per lo zelo nella difesa e nel rafforzamento dell’integrazione europea.
Ricordiamo a tal proposito l’intervento di maggio del fondatore della “Linke”, l’ex ministro dell’Economia di Gerhard Schroder, Oskar Lafontaine, che si pronunciava per l’uscita dall’euro al fine di attuare una vero e propria “politica di rilancio economico” di sinistra, di stampo keynesiano e socialdemocratico.
La protesta dei leader della Linke fu immediata, proclamando l’impegno politico per l’integrazione europea. Così, Bernd Riexinger rappresentante degli ex socialdemocratici della RFA e co-presidente della Die Linke, rispondeva: “Alcuni dicono no all’euro e sì all’austerità (AFD / Alternativa per la Germania), noi diciamo no all’austerità e sì all’euro. Loro sono di destra, noi siamo di sinistra”. Katia Kipping, ex PDS dell’Est, anche lei co-presidente della Die Linke, aveva fatto eco in un articolo apparso su Neues Deutschland con un titolo forte: “Noi diciamo sì all’Euro”.
Il programma approvato da Die Linke in occasione della conferenza di Dresda di giugno sottolineava la necessità di contrastare… la fine dell’Euro e di promuovere la riforma dell’Unione economica e dell’area monetaria, in particolare i compiti della Banca centrale europea (BCE).
Un europeismo zelante perfettamente compatibile con la posizione ultra-federalista dell’SPD. Il secondo punto qualificante della campagna elettorale della Linke è stato la ricerca incessante della convergenza con il partito socialdemocratico, per un governo di sinistra plurale “rosso-rosso- verde”.
I dirigenti della Linke, in primo luogo i presidenti Tanja Kipping e Bernd Reixinger, non hanno cessato di moderare il loro discorso, sottolineando la volontà di accordi con la SPD.
Una posizione difesa dal leader storico della ex PDS della Germania dell’Est, ora rappresentante della “ala moderata” o “pragmatica” del partito, Gregor Gysi, che sogna, sempre meno velatamente, una posizione agli affari esteri.
Gregor Gysi ha tenuto a sottolineare che “la SPD non farà un Cancelliere senza di noi”, e che lui era disposto a concordare un programma minimo di governo, ricordando i “punti di convergenza” tra le due formazioni.
Un programma minimo in cui ha gradualmente rinunciato a tutti i punti di attrito con la SPD: l’abbandono della lotta contro l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, l’abolizione di Hartz IV e il ritiro delle truppe dall’Afghanistan.
Die Linke si è accontentata di dichiarazioni meramente affabulatorie sulla “giustizia sociale” e la “pace” e sulle proposte di compatibilità con l’SPD. Così per esempio la questione dell’istituzione di un salario minimo a 10 €, quando la proposta dell’SPD era… di 8,50 €.
Gysi sosteneva che una “Die Linke più forte, realizza una Germania più pacifica e sociale”. Die Linke ha raggiunto un risultato storico nel 2009, ma la Germania non è diventata più “pacifica e sociale”… se non forse per la pace sociale nel paese?
Un aneddoto rivelatorio della posizione conservatrice di Die Linke è fornito dai manifesti scelti dal partito per la campagna: alla parola “Rivoluzione?”, seguiva la risposta: “Nein!”.
Se la Linke insiste nel tentativo di tirare l’SPD a sinistra, l’SPD prosegue la campagna anti-comunista alimentata dalla CDU e rifiuta qualsiasi coalizione “rosso-rosso”, lasciando socchiusa la porta di una grande coalizione con la CDU.
Questo non ha impedito a Gregor Gysi, trionfalistico all’annuncio dei risultati, di dichiarare la sera stessa “la disponibilità a trattative” nella prospettiva di un accordo di governo.
La deriva di destra di “Die Linke” ha raggiunto il suo culmine nelle ultime elezioni presidenziali del marzo 2012 quando il partito di “sinistra” aveva sostenuto una donna apertamente di destra, amica di Nicolas Sarkozy, sionista inveterata Beate Klarsfeld.
Un personaggio come Gregor Gysi, non ha esitato ad esprimersi a favore del sionismo (l'”anti-sionismo non è una posizione difendibile per Die Linke”, ha detto durante la commemorazione dei 60 anni di Israele nel 2008), fino a condannare coloro che dalle file della Linke avevano partecipato alla “Freedom Flotilla” per Gaza.
O ricordiamo ancora, secondo le fughe di notizie di Wikileaks, il colloquio che Gysi intrattenne con l’ambasciatore degli Stati Uniti nel 2010 per rassicurarlo dell’innocuità dello slogan sullo “scioglimento della NATO” in confronto a quello del “ritiro della Germania dalla NATO”.
Gysi con “Die Linke” è il cuore e la testa del partito europeo chiamato “Partito della Sinistra Europea”, che, sul modello tedesco tende a trasformare i partiti comunisti in “partiti (parlamentari) di sinistra”, europeisti e socialdemocratici di sinistra.
Dopo le elezioni, il cuore dell’Europa batte più che mai a destra, rafforzato dal consenso liberale e filo-europeo. La linea adottata dai dirigenti della “Die Linke”, orientati alla difesa dell’UE e dell’alleanza con la SPD, non hanno fatto che alimentare questa deriva.
23/09/2013
Traduzione per Resistenze.org