di: Andrea Cinquegrani
Emma Bonino for Bilderberg. L’entusiastico endorsement va in scena all’epilogo di Otto e mezzo, davanti ad una sbigottita Lilli Gruber. “Non è mica il Ku Klux Klan”, inneggia la storica leader radicale. E stando alle news il prossimo super summit potrebbe svolgersi a Torino, ma anche Venezia ha buone chance: comunque sarà in Italia, ossia in un paese europeo, come previsto dall’ultrasessantennale ruolino di marcia che vede alternarsi una città statunitense ed una del vecchio continente quale sede del meeting sempre avvolto da una cortina di segretezza.
Torniamo al salotto di Otto e mezzo. L’ospite Bonino, al termine della rituale intervista, chiede la parola per una piccola appendice e in un paio di minuti tesse le lodi del super club dei potenti della Terra, ingiustamente attaccato – a suo parere – da alcuni media. Ed elenca nomi eccellenti dell’attuale nomenklatura di casa nostra, abituali ospiti dei Bilderberg: tra cui la stessa Gruber che, attonita, non sa quali pesci prendere.
COME DECIDERE GLI SPEZZATINI NEL MONDO
Tant’è. Bonino è storica portabandiera di un Gruppo oggi certo più pericoloso di un ormai vetusto Ku Klux Klan: perchè i signori di Bilderberg si riuniscono una volta l’anno per decidere se quell’economia – ad esempio greca – va mangiata in un sol boccone oppure è meglio fare, come nel caso Italia, un gustoso spezzatino. Se una moneta va sostenuta oppure attaccata a botte di speculazione finanziaria. Se bisogna puntare i missili sulla Russia o si può ancora aspettare. Se i flussi migratori vanno controllati oppure lasciati al destino e farci business. Se una primavera araba va solo spalleggiata oppure pesantemente finanziata, come è successo nei bellicosi scenari mediorientali.
Tutto questo succede ogni anno, in genere nel mese di giugno, nelle sontuose magioni destinate ad ospitare, dal 1954 ad oggi, i simposi che per primo volle un colonnello che aveva fatto parte dei battaglioni nazisti, passando poi il testimone al numero uno delle economie a stelle e strisce di allora, David Rockfeller e alla sua vasta platea di fans: finanzieri, banchieri, mega imprenditori, politici di mezzo mondo.
E Rockfeller ha lasciato la sua impronta fino ad un anno e mezzo fa, prima di passare a miglior vita. Uno dei suoi ultimi viaggi ebbe come destinazione proprio l’Italia, in particolare Taormina, che aveva intenzione di scegliere come meta proprio per il summit di quest’anno. Soggiornò nella splendida località siciliana, infatti, per due giorni, il 23 e 24 ottobre 2016, in vista di una possibile location.
Ma la scelta è caduta a parecchi chilometri di distanza. Secondo le ultime indiscrezioni, infatti, l’opzione vincente è quella di Torino. Almeno stando ad una dichiarazione che il premier serbo, Ana Brnabic, si è lasciata sfuggire in un recente incontro con la stampa, dove ha fatto cenno all’invito che le sarebbe arrivato, destinazione Torino.
Di altro avviso un attivista britannico che segue ogni anno, come un autentico segugio, le manovre che portano all’annuale organizzazione del summit, tentando anche dei blitz nel corso dei lavori, regolarmente bloccato dall’ampio dispiegamento di security. Si tratta di Tony Gosling, secondo il quale, invece, la meta sarebbe Venezia. Ha infatti effettuato, Gosling, una meticolosa ricerca per verificare le prenotazioni degli alberghi sia all’ombra della Mole che in laguna durante il periodo in cui si svolgerà il meeting, dal 7 al 10 giugno. Pienone, già adesso, per Venezia, mentre ampi spazi di prenotazione per Torino, il cui nome – secondo Gosling – sarebbe stato speso solo per depistare reporter e attivisti anti Bilderberg.
I MENU’ DEI POTENTI
Ancora top secret, of course, il menù per i grandi tavoli di ‘concertazione’. L’anno scorso, in occasione del vertice che si è svolto in Virginia, all’Hotel Marriott di Chatilly, il piatto forte è stata la Brexit, cui hanno poi fatto da abbondante contorno i due nuovi, strategici scenari aperti con l’ascesa al potere di Donald Trump negli Usa e di Emmanuel Macròn in Francia.
Nel 2016, al summit di Dresda, tennero invece banco la questione russa, con i missili europei puntati in direzione Putin, l’affare petrolio e la bomba migranti, tanto per gradire.
La Voce da anni segue i summit targati Bilderberg, a cominciare proprio dall’ultima convention che si è tenuta in Italia, a giugno 2004, sulle ridenti rive del lago Maggiore, a Stresa. Una cover story, all’epoca, titolata “Avanti miei Prodi”, in onore di una delle star allora invitate, Romano Prodi, il padre dell’Ulivo ed ex presidente dell’Iri, che per primo inaugurò la stagione delle svendite dei nostri gioielli di Stato: una strategia battezzata a bordo del Britannia sotto il vigile sguardo di queen Elizabeth e dei potenti della terra.
Questo l’incipit di quell’inchiesta: “I loro rappresentanti siedono al tavolo della Trilateral, la Cupola segreta che regge i destini del pianeta. Sono il gruppo dei Bilderberg, lobby paramassonica internazionale che si riunisce una volta all’anno in un summit super segreto”. Nella foto di apertura c’erano i volti di Prodi, di Mario Monti e di Emma Bonino.
Ma ecco, fior tra fiori, alcuni nomi dell’ultimo summit in terra italiana: Giovanni e Umberto Agnelli, Franco Bernabè, Rodolfo De Benedetti, Ferruccio De Bortoli, Mario Draghi, Claudio Martelli, Corrado Passera, Alessandro Profumo, Gianni Riotta, Carlo Rossella, Paolo Scaroni, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera, Valter Veltroni, Ignazio Visco.
E anche lei, la battagliera leader radicale pronta a soccorrere gli Ultimi della Terra. Ma anche per correre ai salotti dei Padroni della Terra.
VENT’ANNI SOTTO LE BANDIERE DEI BILDERBERG
La sua prima presenza ai vertici dei Bilderberg risale esattamente a 20 anni fa, quando l’incontro si tenne a Turnberry, in Scozia. Da allora ha mancato pochi appuntamenti. Come non ha mancato di far pervenire messaggi di stima e apprezzamento.
Così come non si è fatta sfuggire, l’intrepida radicale, non pochi incarichi in alcuni organismi di ‘solidarietà’ internazionale ispirati al Verbo di George Soros, il mega finanziere di origini ungheresi ma ormai americanizzato, vero burattinaio per le sorti economiche di tanti paesi, che può decidere di far cadere ad uno schioccar di dita.
Vediamo allora in rapida carrellata cosa spunta nel pedigree griffato Soros di lady Bonino.
Una perla su tutte. La presenza come “Global Board Member” nella corazzata umanitaria di casa Soros, quella che finanzia non poche Ong a caccia di migranti e di milioni: si tratta della arcimiliardaria Open Society Foundation. E lei, Emma, è l’unica presenza italiana a bordo del board.
Nel 1999 fece il suo ingresso nel board di un’altra creatura gemmata rigogliosa dal florido ventre di Open Society, l”International Crisis Group‘, una “organizzazione indipendente – come si autocelebra – che lavora per prevenire guerre e definire politiche che costruiscono un mondo più pacifico”.
Ancora. L’Emma internazionale è co-presidente dell”European Council for Foreign Relations‘, un think tank europeo, tanto per cambiare massicciamente finanziato dalla Open Society. La quale provvede anche a sostenere, con altri organismi, vita e opere dell’Istituto di Affari Internazionali, nel cui comitato direttivo fa capolino la pasionaria radicale adesso gemellata sotto i vessilli di + Europa con l’ex Dc Bruno Tabacci (e tutti e due con il Pd renziano) in vista del voto di marzo.
Oggi alla ribalta, Soros, per le 400 mila sterline investite nelle campagne anti Brexit. L’uomo che vent’anni fa “sbancò la Banca d’Inghilterra”, scrive di lui il 9 febbraio il Daily Telegraph: adesso impegnato a finanziare “il complotto segreto per fermare la Brexit”.
Alcuni mesi fa l’acrobatico finanziere mangia-economie è stato ricevuto dal nostro premier Paolo Gentiloni, proprio quando sono cominciate le polemiche al calor bianco sugli affari delle Ong a base di migranti. Ma ufficialmente non è stata mai data una spiegazione a quella visita: coperta da totale riservatezza, come succede nei rituali meeting dei Bilderberg.
Eppure Palazzo Chigi non è un salotto privato.
9 febbraio 2018