di Alberto Battaglia
La Brexit ha tolto un scomodo oppositore per quello che uno dei progetti più ambiziosi (o pericolosi a seconda delle interpretazioni) dell’Unione Europea: la costruzione di una difesa comune. Lo ha detto l’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei Federica Mogherini in un’intervista a Repubblica nella quale vengono annunciati i punti chiave della proposta di Difesa comune che la stessa Mogherini dovrebbe presentare ai governi, nella cornice della conferenza di Bratislava. Si tratterebbe di iniziative che, secondo la responsabile della diplomazia europea, non richiederebbero modifiche dei trattati.
“È bene chiarire che non parliamo di esercito europeo, ma di Difesa europea: qualcosa che possiamo davvero fare, concretamente, da subito […] Dopo che negli anni Cinquanta era fallito il progetto della Ced, la Comunità europea di difesa, molti governi si erano convinti che quello militare fosse uno degli ultimi baluardi della sovranità nazionale”, dice Mogherini. “La mia sensazione è che la futura uscita della Gran Bretagna dalla Ue abbia tolto un comodo alibi dietro cui molti si nascondevano. Quando nel corso della storia europea Londra ha messo veti all’integrazione militare, non si è mai trovata da sola”.
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Che la piena autonomia militare sia sinonimo di sovranità è un fatto riconosciuto da qualsiasi manuale di scienze politiche; allo stesso tempo la sua rinuncia, non a caso sempre rimandata, rappresenterebbe la cessione di sovranità più gravosa e dalla quale sarebbe più difficile tornare indietro (pacificamente, perlomeno). Ma per Mogherini i tempi ora sono maturi per una serie di proposte, eccole:
“Primo: i “battlegroups”. Sono unità multinazionali europee di intervento rapido. Esistono già da anni, lavorano e si addestrano insieme. Ma non sono mai stati utilizzati sul terreno. Potremmo e dovremmo decidere di farne uno strumento da utilizzare dove e quando serve un intervento europeo immediato.
Secondo: ricorrere all’articolo 44 del Trattato, che prevede la possibilità di delegare ad un ristretto gruppo di Paesi il compito di condurre azioni militari in nome e per conto di tutta l’Unione. Anche questo articolo non è mai stato usato.
Terzo: creare a Bruxelles un Quartier Generale comune che gestisca tutte le operazioni militari e civili presenti e future. Potrebbe diventare il nocciolo attorno al quale costruire una struttura comune di Difesa. Quarto: mettere insieme le risorse per i giganteschi investimenti che sono necessari nel settore della Difesa”.
Quando si parla di Difesa europea, tuttavia, restano ancora oscure le risposte alle domande fondamentali: potrà lo stato membro, nell’ambito della Difesa europea che verrà, condurre operazioni militari autonome per perseguire il proprio interesse? Potrà rifiutarsi di partecipare ad azioni militari europee? Potrà decidere in autonomia quanto spendere per il proprio esercito, o dovrà sottostare a paletti che possano inibire virtualmente la sua capacità di difendere il suo territorio autonomamente?
Mogherini ha dunque negato che si tratti di passi per formare un esercito europeo, untando sulla parola Difesa europea. A fine maggio, ben prima della Brexit, Wall Street Italia aveva scritto un articolo:
“Lo scenario Brexit ha incassato nelle ultime ore un importante punto a suo favore. Diversi esponenti politici hanno infatti detto che l’ Ue sta “tradendo” gli elettori, in quanto sta tenendo loro nascosti i dettagli di un piano che intende svelare soltanto il giorno dopo il referendum del 23 giugno, quando il dado sarà già stato tratto e il popolo britannico avrà deciso se restare o meno nell’Unione europea. A quel punto, ai britannici e agli altri europei sarà consentito di conoscere i dettagli del piano che di per sé sta alimentando roventi polemiche: si tratta del progetto che ha come ultimo fine quello di creare un esercito unico dell’Ue. Non solo, dunque Unione monetaria, Unione bancaria e Unione fiscale; Bruxelles punta in alto e ora vuole anche una Unione militare.
8 settembre 2016