Saverio Lodato
Maurizio Landini, segretario CGIL, e Enrico Letta, segretario PD, uno prima e l’altro dopo, o tutti e due contemporaneamente poco importa, hanno finalmente detto una gran cosa di Sinistra.
Una di quelle cose che non si sentivano da anni, e che avrà il merito di schiarire le idee a tanti italiani, perennemente indecisi fra lo stare di qua e lo stare di là: Forza Nuova deve essere sciolta. E deve essere sciolta, mettendola fuori legge. Quindi, con una legge apposita. Non più procrastinabile.
Le scene viste in tv da milioni di italiani, di quel manipolo di energumeni che sfonda – a freddo, senza pretesti, in assenza di un casus belli -, il portone della sede della CGIL nazionale, hanno un immenso valore pedagogico.
E valgono, per i più giovani, molto più di convegni a bizzeffe, giornate della memoria spesso intrise di retorica, costanti richiami al passato fascista, che a molti appare troppo remoto per essere vero.
A volte, invece, le immagini sono più folgoranti delle attribuzioni a qualcuno delle medaglie al valore, vanno dirette al cuore della gente, sfondano il muro delle baggianate televisive che in Italia, da tempo, contribuiscono a intorpidire la coscienza critica di fette sempre più consistenti della popolazione.
Prendiamo per un attimo il caso di Giorgia Meloni. Starà passando un brutto quarto d’ora.
Tenta un equilibrismo impossibile, fra “gli squadristi” che hanno dato l’assalto alla CGIL, ma dei quali si affretta a dire “non conosco la matrice”, e la bontà della causa no vax, no green pass, la bontà della “libertà di critica”, e il suo trovarsi, proprio in queste ore, a Madrid, per una convention nazionale di destra sullo stesso argomento; cioè nel posto politicamente più sbagliato che ci sia.
E con il triplo colpo al cerchio e il triplo colpo alla botte, di chiedere persino le dimissioni del ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, tanto per non farsi mancare niente. Forse faceva prima a chiedere l’arresto (poi avvenuto) di Roberto Fiore e Giuliano Castellino.
Un equilibrismo, quello della Meloni, nel quale viene ostacolata, rischiando il precipizio, persino dal “suo” candidato alla poltrona di sindaco di Roma, quell’Enrico Michetti, che affronterà Roberto Gualtieri, candidato PD.
Michetti pensa che agli ebrei si debba portare rispetto perché “hanno le banche”, anche se poi, come da copione, ha chiesto scusa. I tempi finalmente stringono. E poi c’è la storiaccia rivelata da Fanpage. Un brutto quarto d’ora dietro l’altro.
La Meloni la voterà la mozione per lo scioglimento di Forza Nuova e di altre organizzazioni filo fasciste?
Mozione che già domani verrà presentata alla Camera dall’onorevole PD, Emanuele Fiano.
Matteo Salvini, per il momento, tace. Con ogni probabilità, aspetta di vedere come si collocherà la Meloni, magari poi per superarla a destra.
Altre cose, però, vanno dette su quanto è accaduto.
C’è una parte non indifferente di italiani, quella restia a vaccini e green pass, che sta pericolosamente sfuggendo a qualsiasi radar, statistico, sociale e politico. Il fatto che il 50 per cento degli italiani non sia andato a votare la dice lunga non su un malessere che “serpeggia”, ma su un malessere che sta già “dilagando”. E dare di questo la colpa a Salvini o Meloni sarebbe sia ingiusto, sia sciocco.
La destra – e questo lo abbiamo capito – vuole il monopolio su questa parte della società. Si sente ringalluzzita dai sondaggi e crede sia giunto il momento di alzare la voce. E le mani.
Ecco perché hanno scelto la CGIL come Nemico Numero 1.
Proprio perché non si è appiattita sul governo, e invita l’intero mondo del lavoro a ragionare. E la destra, che invece vuole mettere cappello, non ci sta.
Per il governo Draghi si apre dunque una questione immensa.
O riuscirà in breve tempo a parlare anche a quelli a cui non piace il vaccino, o episodi come quelli di ieri sono destinati a moltiplicarsi e a incattivirsi.
Poi c’è da porsi un interrogativo.
Non è che, a destra, c’è aria di regolamenti di conti?
Assaltare la sede del principale sindacato italiano, a sette giorni dai ballottaggi in cui la destra è in gioco, e può giocare la sua partita, non ci sembra un buon servizio reso a Salvini e Meloni. Il primo è al governo. La seconda all’opposizione.
Ma le opposte tifoserie possono avere motivi di acredine per i due leader, i quali, anche se per ragioni fra loro differenti, non li stanno portando da nessuna parte.
C’è un vecchio luogo comune, attribuito a Pietro Nenni, secondo cui a voler fare i “puri”, alla lunga si trova sempre qualcuno che è più “puro” di te.
Si può estendere: a voler giocare a fare i “neri”, alla lunga si trova sempre qualcuno che è più “nero” di te.
Comunque, in conclusione, i nostri complimenti a Letta, Landini e Fiano.
Chiariscono le idee.
Il resto si vedrà presto.