Grandi risultati dal 2005 al 2012, ma il settore è stato abbandonato ad un passo dalla maturità: si premia così la speculazione a discapito delle politiche sull’occupazione e sul lungo termine. Il racconto di chi lo ha vissuto.
Poniamo che io sia un padre di famiglia e voglia insegnare a mio figlio un mestiere: il falegname per esempio. Scelgo di sostenerlo economicamente, lo aiuto a comprarsi l’attrezzatura e gli commissiono dei lavori per casa nostra affinché si possa impratichire; glieli pago a caro prezzo, assai più di quello che varrebbero, ma è mio figlio e deve fare esperienza. Sono sorpreso: il ragazzo è bravo ed impara in fretta, in poco tempo diventa veloce ed efficiente e riesce a costruire mobili belli a un prezzo sempre più competitivo. E’ quasi pronto ad aprirsi partita iva e mettersi in proprio. Quasi.
A questo punto gli dico: “basta, hai fatto tanto (troppo), adesso lascia perdere, smantella il laboratorio e trovati un altro lavoro, da me non avrai più supporto; anzi, ti pago da vivere se nel frattempo cerchi altra occupazione; ti è rimasto il fornitore da pagare e le rate dell’attrezzatura? Questo è un problema tuo”.
Questo è ciò che l’Italia ha fatto con il settore del fotovoltaico, con le persone e le aziende che hanno investito in esso. La nostra nazione è stata pioniera, assieme a poche altre nel mondo, iniziando nel 2005 un costoso e moderno piano d’incentivazione all’energia solare. Uno sforzo encomiabile mirato a sviluppare una fonte d’elettricità promettente da tanti punti di vista: il sole è una risorsa che abbiamo in abbondanza e ci permette di ridurre la nostra dipendenza dall’estero, dalle oscillazioni dei prezzi, dai ricatti di potenti e dittatori stranieri; è una produzione di energia pulita, che non inquina il nostro territorio e la nostra aria; ma soprattutto è una miniera rinnovabile, da cui possiamo attingere sempre, per millenni, senza esaurire nessuna preziosa risorsa presente sul nostro limitato pianeta; infine è un sistema di produzione che può essere distribuito sul territorio, su migliaia di medio, piccoli e microscopici impianti di proprietà di cittadini e aziende, creando posti di lavoro diffusi. L’obiettivo era dare l’avvio ad un mercato che doveva industrializzarsi, creare economie di scala e ridurre i costi di produzione in modo da divenire, gradualmente, in grado di fare a meno del supporto pubblico.
La notizia sensazionale è che ce l’avevamo quasi fatta! Nel 2010 l’Italia era diventata il secondo mercato mondiale del fotovoltaico, dopo la Germania, creando, si stima, più di 100mila posti di lavoro (in un contesto di crisi generale). Dal 2008 al 2012 la produzione di energia elettrica da fonte solare è passata da 0,2 TWh (cioè lo 0,05% del fabbisogno nazionale, una quota insignificante) a 18,9 TWh (cioè il 5,5%, ovvero quasi la metà della produzione di tutti gli impianti idroelettrici operativi in Italia, che sono stati costruiti nel corso di vari decenni). Il tasso di crescita del settore è stato di oltre il 300% annuo e l’energia elettrica che generiamo con il sole oggi in Italia è equivalente alla produzione ottenibile da un paio di moderne centrali nucleari, ma questa capacità produttiva è stata realizzata in soli 5 anni! Nel frattempo, l’economia di scala, la competizione, la specializzazione delle aziende hanno fatto crollare i prezzi: un impianto fotovoltaico nel 2013 costa il 70 – 90% in meno del 2005. In altre parole, strano a dirsi, la politica di incentivazione ha funzionato: il settore si è rafforzato, è maturato ed è diventato quasi autonomo, quasi in grado di fare a meno del sostegno pubblico. Quasi.
Oggi continuare a sostenere questo settore costerebbe pochissimo, infinitamente meno di quanto costava nel lontano 2005. Si può anzi ritenere che i soli benefici economici indotti (introiti da IVA e altre tasse, posti di lavoro, benefici ambientali, riduzione del costo dell’energia) coprano buona parte (e forse più) dei costi d’incentivazione (non c’è uno studio dettagliato in merito). Invece, dal 6 luglio 2013, il fotovoltaico è incentivato (e peraltro ampiamente remunerativo) solo per i privati, attraverso la Detrazione Fiscale del 50% delle spese sostenute: la stessa riconosciuta a molti interventi di ristrutturazione edilizia o manutenzione straordinaria. Non esiste invece alcun incentivo se lo stesso identico impianto è realizzato sul tetto di una parrocchia, un’industria, un centro sportivo o qualunque altra realtà. Ha senso? Lascio a voi rispondere. Gli altri paesi (Giappone in testa) ringraziano per lo sforzo profuso: ora che il fotovoltaico costa poco stanno nascendo programmi incentivanti un po’ ovunque nel mondo.
Ed i posti di lavoro creati in questi anni? Nel 2010 sono stati installati nuovi impianti per circa 7-8 GW; nel 2013 i nuovi impianti saranno forse un decimo di tale cifra; considerando la drastica riduzione di prezzi (e quindi dei ricavi a parità di potenza installata) è lecito stimare che più del 90% degli operatori addetti al settore ha dovuto trovare nuova occupazione o integrare la sua attività con altre. La mia personale esperienza lo conferma: avevo 8 dipendenti addetti al settore fotovoltaico nel 2010; nel 2013 ho 1 sola persona operativa part time, mentre lo Stato sta sostenendo con i soldi della Cassa Integrazione altre 3 persone che nello scenario attuale non riescono a ricollocarsi (un ulteriore costo per la collettività che vanifica il presunto risparmio ottenuto eliminando gli incentivi). La quasi totalità delle aziende che come me operavano in questo settore sono scomparse o drasticamente ridimensionate: persone appassionate, che avevano acquisito competenze e professionalità nel corso degli anni credendo ed investendo nel futuro, ora sono andate a fare altro e le strutture organizzative e produttive messe in piedi con i soldi di tutti sono state smantellate. Uno spreco di tempo, di energie e di denaro. Anche in Germania la crescita esponenziale del fotovoltaico è stata fermata, ma non si è demolito il settore, come in Italia.
Certo, se invece di investire nella crescita della mia azienda mi fossi fatto anche io il mio piccolo “parco fotovoltaico” all’epoca in cui gli incentivi erano alti (non mi mancavano conoscenza e mezzi per fare un po’ di speculazione) adesso avrei una rendita garantita. Invece ho scelto di investire sul lungo termine, nell’azienda, convinto che questo fosse il settore del domani, di cui tutti avremo bisogno. E ne sono ancora convinto. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di efficienza energetica in ambito impiantistico, riscaldamento e climatizzazione; in attesa che l’Italia investa sulle smart grid e riscopra il potenziale di energia rinnovabile che ha sempre avuto: il sole.
Ing. Valerio Morellato
Morellato Energia sas