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Crimini di guerra Netanyahu, Gallant e Deif: arrestateli
La Camera preliminare della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nell’ambito della guerra a Gaza almeno dall’8 ottobre 2023 fino giorno delle domande di arresto”, riferisce una nota parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza. Presidente israeliano Herzog, ‘decisione oltraggiosa, è un giorno buio’. Olanda pronta a eseguire il mandato d’arresto. l’Italia tentenna e aspetta le decisioni altrui.
‘Camera preliminare’, non ancora sentenza
Mandato di arresto anche per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comunemente noto come ‘Deif’, il capo militare di Hamas che Israele ritiene di aver ucciso in un bombardamento sulla Striscia di Gaza lo scorso luglio. Una nota della Corte penale internazionale che, dopo ulteriori richieste di informazioni a Israele e Palestina, “non è in grado di stabilire se Deif sia stato ucciso e sia ancora in vita”. Pertanto, ha emesso il presente mandato d’arresto contro Deif “per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina almeno dal 7 ottobre 2023”. La nota ricorda inoltre che la Procura aveva chiesto anche l’arresto di “altri due importanti leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar”, ma le richieste sono state ritirate “dopo la conferma della loro morte”. “L’accusa – prosegue la nota – continua a indagare sui crimini nel conflitto in corso e prevede che verranno presentate ulteriori domande di mandato d’arresto”.
Tajani: ‘Insieme agli alleati decideremo come comportarci’
“Vedremo quali sono i contenuti della decisione e le motivazioni che hanno spinto a questa decisione la corte. Noi sosteniamo la Cpi ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del Business forum trilaterale a Parigi, sulla decisione della Cpi di emettere mandati arresto per il premier israeliano Netanyahu e i capi di Hamas, ricordando che quella palestinese è “un’organizzazione terroristica”.
La Corte diventa anche lei ’antisemita’
“La decisione antisemita della Corte penale internazionale equivale al moderno processo Dreyfus, e finirà così. Israele respinge con disgusto le azioni e le accuse assurde e false contro di lui da parte della Corte Penale Internazionale, che è un organismo politico parziale e discriminatorio”, dichiara una nota dell’ufficio del primo ministro Benyamin Netanyahu. “Non c’è niente di più giusto della guerra che Israele conduce a Gaza dal 7 ottobre 2023, dopo che l’organizzazione terroristica Hamas ha lanciato un attacco contro di esso e ha compiuto il più grande massacro commesso contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto”.
La malefede di chi?
“Questo è un giorno buio per la giustizia. Un giorno buio per l’umanità. Presa in malafede, l’oltraggiosa decisione della Corte penale internazionale ha trasformato la giustizia universale in uno zimbello universale. Si fa beffe del sacrificio di tutti coloro che lottano per la giustizia, dalla vittoria degli Alleati sui nazisti a oggi”. Lo ha scritto il presidente israeliano Isaac Herzog su X. La Cpi “ignora la situazione dei 101 ostaggi israeliani tenuti in brutale prigionia da Hamas a Gaza. Ignora l’uso cinico che Hamas fa del suo stesso popolo come scudo umano. Ignora che Israele è stato barbaramente attaccato”, ha aggiunto.
Israele ‘democrazia vivace’ e il diritto internazionale
Il presidente Herzog ha accusato su X la Corte internazionale di ignorare che Israele “ha il dovere e il diritto di difendere il proprio popolo. Ignora il fatto che Israele è una ‘democrazia vivace’, che agisce in base al diritto umanitario internazionale e che fa di tutto per provvedere ai bisogni umanitari della popolazione civile”. “In realtà, la decisione ha scelto la parte del terrore e del male rispetto alla democrazia e alla libertà, trasformando il sistema stesso della giustizia in uno scudo umano per i crimini contro l’umanità di Hamas”, ha aggiunto. “Questo cinico sfruttamento delle istituzioni giuridiche internazionali ci ricorda ancora una volta la necessità di una vera chiarezza morale di fronte a un impero iraniano del male che cerca di destabilizzare la nostra regione e il mondo, e di distruggere le stesse istituzioni del mondo libero”, ha concluso il presidente.
L’Olanda del segretario Nato: ‘obbedisco’
I Paesi Bassi eseguiranno il mandato d’arresto della Corte penale internazionale contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Deif (che Israele ritiene però di aver ucciso). Lo ha detto il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp. “I Paesi Bassi collaborano pienamente con la Cpi”, ha affermato il ministro, citato dall’agenzia Anp. I 124 Stati che aderiscono alla Cpi hanno l’obbligo di eseguire i mandati di arresto sul loro territorio, qualora Netanyahu o Gallant si recassero in questi Paesi, rendendo di fatto quasi impossibile per loro viaggiare all’estero.
Ben Gvir non ancora nell’elenco
La Cpi ha “dimostrato ancora una volta di essere antisemita fino in fondo”, ha dichiarato su X il ministro della Sicurezza nazionale di estrema destra israeliano Itamar Ben Gvir. “La risposta ai mandati di arresto è l’applicazione della sovranità su tutti i territori della Cisgiordania e l’insediamento in tutte le parti del Paese e la rottura dei legami con l’autorità terroristica palestinese, insieme alle sanzioni”, ha scritto. Proprio oggi la polizia israeliana e lo Shin Bet (sicurezza interna) hanno reso noto che tre palestinesi di Hebron, in Cisgiordania, sono stati arrestati per aver formato una cellula con l’obiettivo di assassinare il ministro israeliano di estrema destra Itamar Ben-Gvir e il figlio. Secondo l’accusa, il principale sospettato, Ismail Ibrahim Awadi, aveva stabilito contatti con Hezbollah e Hamas per assicurarsi armi e assistenza. La cellula ha sorvegliato Ben Gvir e i suoi figli che vivono nell’insediamento di Kiryat Arba. Una delle opzioni era quella di assassinarlo in un attacco.
66 vittime in un raid israeliano nel nord di Gaza
Almeno 66 persone, la maggior parte donne e bambini, sono rimaste uccise e più di 100 ferite in un attacco aereo israeliano avvenuto all’alba nel nord di Gaza. Lo riferiscono Al Jazeera e l’agenzia di stampa palestinese Wafa. L’attacco ha distrutto un intero isolato residenziale, vicino all’ospedale Kamal Adwan a Beit Lahia in quello che la Wafa ha descritto come un “orribile massacro”. Molte persone sono ancora disperse, secondo la Protezione civile di Gaza. Altre 22 persone uccise stamane in un altro attacco israeliano, questa volta a Gaza City. Secondo il dottor Hussam Abu Safia, direttore dell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia, la maggior parte delle vittime dormiva al momento dell’attacco.
Corpi difficili da recuperare
“È arrivato un numero molto elevato di vittime e ci sono ancora molti corpi da recuperare. Si tratta soprattutto di bambini e donne”, riferisce al Jazeera. “La situazione è molto grave. Non riusciamo a far fronte all’enorme numero di feriti e vittime che sono arrivati all’ospedale Kamal Adwan”, ha proseguito. Il pediatra ha affermato che il raid ha colpito un intero isolato residenziale vicino a Kamal Adwan, distruggendo almeno 5 abitazioni, e che il personale dell’ospedale era sul posto per recuperare i corpi e salvare le persone rimaste intrappolate sotto i detriti. “Stiamo già operando a corto di risorse, la maggior parte del nostro personale è ora impegnata a soccorrere i feriti sul posto a causa della mancanza di ambulanze”, ha aggiunto.
E anche nella Siria centrale
E’ salito a 68 morti il bilancio degli attacchi israeliani di ieri contro gruppi filo-iraniani nella città di Palmira, nella Siria centrale. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh). Le vittime comprendono 42 combattenti filo-iraniani e 26 stranieri, la maggior parte dei quali iracheni del gruppo Al-Noujaba, ma anche quattro membri degli Hezbollah libanesi, riferisce la stessa Ong.
21 Novembre 2024