Un coro squallido di perbenisti igienisti, piduisti ancora in servizio, piddini confusi, repubblicani monarchici, cagnolini scodinzolanti, sindaci da dopobarba, sindacalisti da taschino, nei salotti con attico dai quali la sinistva sinistva con il cannocchiale astvonomico cevca gli opevai nelle pevifevie, deplova, ahimè, i getti di vevnice vossa con cui gli anarchici hanno “imbrattato” un monumento recentemente restaurato.
Oltretutto, come strombazza l’orchestra dei solfanai, si tratta prima di tutto di un reato penale, e poi anche di un’azione ignorante.
Infatti, come sa chi legge i giornali del regime, scrivere sui muri è molto peggio che ammazzare una persona, richiede freddezza e programmazione, razionalità e determinazione. Scrivere sui muri è un problema di sicurezza e di igiene, sparare a qualcuno è invece solo una cosa emotiva, casuale, come ammazzare la moglie per un raptus di gelosia. Non è un caso che la ribellione si serva dei muri, mentre l’ordine costituito si serve delle pistole.
Ecco il monito del sindaco metropolitano: “La storia non può essere utilizzata a fini di parte”. Bello, suona bene. Allora perché celebri i Savoiardi, compagno sindaco? Non sono di parte? Perché parteggi per una dinastia di assassini che ha fatto ammazzare fra il 1861 e il 1947, quando finalmente ci siamo illusi di esserceli tolti dai piedi, MILIONI DI PERSONE, per le guerre da loro scatenate contro la popolazione civile, sia in Italia che all’estero?
“La storia non può essere utilizzata a fini di parte” – e allora perché, compagno sindaco, stai dalla parte di Kossiga e dei suoi agenti provocatori, dei carabinieri che sparano a freddo e ammazzano Francesco Lorusso?
“La storia non può essere utilizzata a fini di parte” – e allora perché, compagno sindaco, stai dalla parte dei militari nostalgici, con tanto di bandiera della RSI, morti a Nassiria al seguito degli USA, nella sciagurata missione illegale di Berlusconi contro la popolazione dell’Iraq?
“La storia non può essere strumentalizzata a fini di parte” – e allora studiala, compagno sindaco. L’hai letta la squallida lapide “imbrattata di rosso”? L’assassino Umberto I viene definito “il re pietoso ai miseri”; pietoso, immagino, perché aveva ordinato al generale Bava Beccaris di prendere a cannonate chi protestava contro il governo nelle giornate del maggio 1898. Circa 120 morti e 500 feriti. Se non fosse stato pietoso ai miseri chissà quanti sarebbero stati i morti.
“La storia non può essere strumentalizzata a fini di parte” – e allora perché, compagno sindaco dell’Italia repubblicana, difendi chi definisce l’assassino Umberto I “padre della patria”? Io credevo che i padri della nostra patria fossero i padri costituenti, i fondatori di quella Costituzione che il tuo partito ha tentato in tutti i modi di affossare.
Pensavamo di esserceli tolti dai piedi i Savoiardi, ma la sinistra dei coglioncelli li ha rivoluti indietro, nonostante che la nostra Costituzione li avesse mandati in esilio. E così è tornato fra noi anche il Piduista, fabbricante d’armi e puttaniere, erede al trono di una dinastia di assassini e omicida in proprio, uno che sparacchia con il mitra in qua e là come un incontinente incapace di trattenere il piscio.
La vernice rossa, compagno sindaco metropolitano, con po’ di diluente la puoi cancellare, se vuoi. Prova a cancellare con il diluente il sangue rosso di milioni di persone ammazzate dai Savoia, se ci riesci.
Io sto dalla parte di HoBo
Carlo D’Adamo