Per il sito di informazione Euractiv.com, Washington avrebbe iniziato il trasferimento delle armi nucleari dalla base di Incirlik, in Turchia, alla base di Deveselu, in Romania, dove quelle armi di distruzione di massa sarebbero più al sicuro. Marta Ottaviani su La Stampa lancia l’ipotesi e subito la smentisce da altra fonte, non precisata, che in questi giorni non avrebbe notato alcun movimento sospetto alla base di Incirlik. Un trasloco di bombe atomiche, quante, quanto grosse, con quali accorgimenti d’obbligo?
Le stesse «fonti indipendenti» che hanno parlato con EurActiv.com, hanno dichiarato che l’impresa potrebbe rivelarsi molto complicata non solo per motivi politici, ma anche tecnici. L’indiscrezione conferma che quelle 50 testate nucleari americane che si trovano a Incirlik dai tempi dalla Guerra Fredda, arsenale via via rammodernato, per gli Stati Uniti sarebbero diventate un problema a causa delle relazioni sempre più difficili con la Turchia e l’instabilità nelle alleanze con Erdogan, che proprio settimana scorsa si è recato a San Pietroburgo da Putin per porre le basi per una cooperazione anche sul campo militare, nonostante la Turchia sia ancora Paese Nato.
Da giorni in Turchia e non soltanto, circolano report secondo i quali le armi nucleari a Incirlik non avrebbero grande valore militare in quel contesto e, al contrario, stanno diventando sempre più impegnative in termini di salvaguardia. Negli ultimi due anni, Washington ha fatto nuovi investimenti per garantire la sicurezza delle testate, protette da soldati americani, rinchiuse in camere blindate e utilizzabili attraverso codici in possesso solo degli Usa. Speriamo sia tutto vero, ma meglio sarebbe l’idea di poterne fare a meno e di renderle inoffensive. Nell’attesa della saggezza improbabile, il problema di mantenere on sicurezza un arsenale da fine del mondo.
A Washington qualcuno sembra temere che possano cadere nelle mani sbagliate in caso di guerra civile, e la situazione in Turchia è sempre più instabile. Non più un golpe abborracciato, ma una autentica rivolta popolare e guerra civile. Senza contare il rischio più improbabile ma più pauroso, che anche uno solo di quegli ordigni finisca nelle mani dei terroristi. L’ipotesi Romania, al momento improbabile, ha subito irritato Mosca che già vede già schierato sul suo confine -base chiave proprio Deveselu- il cosiddetto scudo missilistico. Notizie ad alto rischio strumentalità nella partita politica tra quello che ormai viene definito il regime di Erdogan in Turchia e gli interessi Usa nell’area.
La base,lo ricordiamo, strategica per i raid aerei Usa contro Isis, si trova appena 100 chilometri dal confine con la Siria ed è da tempo oggetto di contrattazione e scontro con Erdogan che chiede in cambio del suo uso futuro, la estradizione dall’America il suo nemico numero uno, Fethullah Gulen, accusato di essere anche dietro al golpe fallito dello 15 luglio. Nella paranoia della trama, galere turche in ‘overbooking’. Venerdì sono finiti in manette 187 imprenditori accusati di essere dei ‘gulenisti’, che vanno ad aggiungersi ai 120 top manager finiti in manette tre giorni fa. Stato di diritto addio, mentre vengono scarcerati 38 mila detenuti per reati comuni per far posti a 35 mila presunto golpisti. Il primo colpo di Stato di massa nella storia.
19 agosto 2016