Lunedì 24 giugno sul Foglio è apparso un interessante fondo a firma dell’Elefantino, cioè di Giuliano Ferrara, in cui si attacca a zanne unite la richiesta di scioglimento di CasaPound da parte dell’Anpi e di altre associazioni. Si paventa che tale richiesta, in buona sostanza, sfoci in quello che l’ex ministro berlusconiano chiama “antifascismo militante”, che a suo avviso “è un percorso capace di portare a una controviolenza luttuosa”. In fondo – aggiunge – “non c’è legge Scelba o disposizione transitoria che tengano”. Perché, continua, “si comincia con la messa fuori legge delle organizzazioni nere e si finisce con le sprangate, i roghi”, come avveniva negli anni ’70, il “decennio maledetto”. Il tutto aggravato da una premessa relativa agli “antifascisti militanti”, secondo i quali c’era “la complicità dello Stato”, “lo stragismo impunito” e – secondo Ferrara – “altre follie”. Infine un’evocazione, un urlo, un’univoca imposizione di senso: “la legalità, e solo la legalità”. Viva l’Elefantino legalitario!
Il punto di partenza di qualsiasi riflessione è infatti esattamente questo. Dato che la XII Disposizione finale della Costituzione vieta la riorganizzazione del partito fascista in qualsiasi forma, dato che la legge Scelba è la norma di applicazione di tale disposizione e sanziona, fra l’altro, l’apologia del fascismo, dato che la legge Mancino istituisce il reato di razzismo, dato che il Codice penale prevede varie tipologie di reato fra cui l’associazione sovversiva e l’associazione a delinquere, data l’ininterrotta serie di imprese di tipo squadristico da parte di militanti dell’associazione fascista o di associazioni ad essa collaterali, date le eloquenti dichiarazioni di dirigenti di CasaPound in merito alla natura fascista della loro organizzazione, date le recentissime aggressioni di militanti del Blocco studentesco (leggi CasaPound) nei confronti di ragazzi del Cinema America, dato tutto ciò, Giuliano Ferrara, in base al principio “solo la legalità” da lui evocato, dovrebbe essere il primo a sostenere la richiesta dell’Anpi. Se non lo fa, spiacente per lui: non vincerà mai il Nobel alla coerenza.
Ferrara evoca lo spettro di una risposta violenta alle aggressioni fasciste. Per fortuna la situazione oggi non è questa. Ma c’è il rischio che, in mancanza di un atteggiamento fermo e definitivo da parte dello Stato, possano avvenire fenomeni di autodifesa davanti alle ripetute pratiche squadristiche. La messa fuori legge di CasaPound, cioè lo Stato che fa il suo dovere per garantire la sicurezza democratica dei cittadini, è il miglior antidoto contro ogni possibile ritorsione. Sia chiaro però che non puoi evocare con alti lai una futura supposta “controviolenza luttuosa” e rimuovere l’attuale, quotidiana, dimostrata pratica di luttuosa violenza squadristica.
Per un provvedimento di scioglimento di una organizzazione fascista, come avvenne in passato – per esempio – nel caso di “Ordine Nuovo” e “Avanguardia nazionale”, occorre la determinazione della magistratura e la volontà politica. Vi sono già ripetute sentenze – vedi ad esempio quella di Bari a proposito della chiusura della sede locale di CasaPound – che vanno in questa direzione. C’è poi il tema della volontà politica che si scontra in tutta evidenza con il dimostrato e ripetuto pappa e ciccia da parte dell’attuale ministro dell’Interno proprio nei confronti dei militanti di questa organizzazione, alla quale ha rapinato persino la parola d’ordine – oggi suo cavallo di battaglia – del “Prima gli italiani”. Nessuna sovrapposizione o, peggio, identificazione del ministro col fascismo, sia chiaro; si tratta di banalizzazioni che non servono a inquadrare esattamente il problema. Ma nessuna cecità, per favore! I ripetuti e voluti ammiccamenti a stili, parole d’ordine, idee del ventennio da parte del ministro, le sue invettive razzistoidi non sono allucinazioni collettive, ma sgradevoli dati di fatto. Come è un dato di fatto il permanere dell’occupazione illegale di un intero stabile di proprietà pubblica al centro di Roma diventato sede centrale di CasaPound, con tanto di giganteschi danni erariali, nel silenzio complice delle istituzioni competenti. C’è da augurarsi un virtuoso ripensamento del ministro, che cambi così il destinatario della spregiativa esclamazione “E’ finita la pacchia!” dal migrante naufrago alla testa rapata (con barba minuziosamente coltivata) del fascistuolo di turno.
Infine sulla complicità dello Stato e sullo stragismo impunito, c’è solo da ribadire, a chi soffre di evaporazione della memoria lunga, che negli anni 70 ci fu l’una e l’altro, e che quel sangue innocente (Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus e tanto altro) fu la barbara risposta ad una grande stagione di cambiamento progressivo che migliorò la condizione sociale del nostro Paese. Ci fu lo stragismo nero, la sciagurata “lotta armata”, le trame di Gladio, il complotto della P2. Ma ridurre quegli anni a questo e solo a questo, definirli un “decennio maledetto” vuol dire sottacere lo spirito laico, iconoclasta e liberatorio del tempo, ignorare la lunga teoria di conquiste civili e sociali che mutarono l’Italia. Quel decennio – cinquant’anni fa – è oramai patrimonio della storia, e va perciò sottoposto a un giudizio complesso e articolato, che non indulga a rappresentazioni parziali, peggio ancora rancorose e demonizzanti. Ancor più stupisce immaginare che la chiave di ogni disastro sia stata la richiesta di messa fuori legge “delle organizzazioni nere”. Non c’azzecca, caro Elefantino.
Una conclusione. Nel suo scritto Giuliano Ferrara dedica ogni pensosa considerazione, ogni spunto polemico, ogni arguta riflessione a quanto di potenzialmente catastrofico si nasconde dietro la richiesta di mettere fuori legge CasaPound. Ma non dice una parola, una, una sola, peregrina, socchiusa, incartata, timida, arrossita, introversa, slabbrata, esausta, persino stitica se necessario, ma comunque una parola, su CasaPound. Chi legge e non è a conoscenza dei fatti può ragionevolmente supporre che non di organizzazione fascista si tratti, bensì di una via di mezzo fra i ragazzi della via Pal e l’associazione Amici di Maria Goretti. Forse all’Elefantino sfugge il dettaglio.
*Vicepresidente nazionale dell’Anpi
25 Giugno 2019