Il 15 agosto è stato il 77esimo anniversario della sconfitta e dell’annuncio della resa senza condizioni del Giappone. Le azioni pericolose intraprese da alcuni politicanti nipponici sulla questione di Taiwan hanno tuttavia provocato inquietudine nella comunità internazionale.
La presidentessa della Camera dei rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, ha recentemente violato il principio di “una sola Cina” compiendo una visita nella regione cinese di Taiwan, azione che è stata successivamente condannata da oltre 170 paesi e organizzazioni internazionali. Nel corso dell’incontro con Pelosi, tuttavia, il primo ministro nipponico, Fumio Kishida, ha proclamato che “Giappone e Usa salvaguarderanno insieme la pace e la stabilità dello stretto di Taiwan”.
Per quanto riguarda la questione di Taiwan, il Giappone ha un debito storico nei confronti del popolo cinese: nel 1895, gli imperialisti giapponesi si sono impadroniti con una guerra di aggressione di Taiwan e delle isole Penghu, portando avanti un dominio coloniale lungo mezzo secolo, uccidendo più di 600mila compatrioti taiwanesi e causando un profondo disastro.
Dimenticare la storia equivale a tradirla, e negare la colpa significa correre il rischio di ripeterla. Lo scorso maggio il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, ha avvertito che Tokyo è chiamata a riflettere su come affrontare la questione storica e a partecipare attivamente allo sviluppo pacifico della regione.
Se i leader del governo giapponese sono decisi ad avventurarsi di nuovo sulla pericolosa strada dell’espansione all’estero, finiranno per trascinare di nuovo il Giappone nell’abisso.
2022-08-16