Oggi i quotidiani del gruppo Gedi non saranno in edicola per uno sciopero di tutte e tutti giornalisti del gruppo.
Il gruppo dopo aver riunito nelle stesse mani Repubblica, La Stampa, L’Espresso, quotidiani locali, sta procedendo a liquidare un patrimonio storico dell’editoria italiana, un pilastro in un già asfittico pluralismo editoriale.
Non si tratta di illazioni, ma di fatti.
Il settimanale L’Espresso è stato venduto a chi lo aveva querelato, con una disinvoltura etica che ha pochi precedenti e che ricorda le modalità di cessione della Città di Salerno, oggi chiusa. Allora si sprecarono le rassicurazioni contro le “illazioni”.
Al momento della cessione dell’Espresso fioccarono i giuramenti sulla intangibilità della tradizione e della linea editoriale; dopo qualche giorno si era già dimesso il direttore Lirio Abbate, uomo coraggioso, costretto ad una “vita sotto scorta” per le minacce della mafia.
Ora si parla della vendita (o svendita?) dei quotidiani del Nord Est: La Nuova Venezia, La Tribuna di Treviso, Il Mattino di Padova, Il Piccolo di Trieste, Il Messaggero Veneto.
Una cessione destinata a cambiare il volto editoriale di queste terre.
I comitati di redazione di tutto il gruppo, Repubblica e La Stampa compresi, hanno portato la loro protesta sul palco del Congresso della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e hanno ricevuto la solidarietà di tutte le delegate e delegati, senza distinzione di parte, di gruppo editoriale, di schieramento.
Qualche giorno prima il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva ricordato la centralità dell’Articolo 21 della Costituzione, del pluralismo editoriale, della tutela dei diritti di cronaca da ogni minaccia.
Quello che rischia di accadere va esattamente nella direzione opposta.
L’assenza di una legge sul conflitto di interessi, l’annunciato assalto alla Rai, l’intensificarsi delle minaccia contro croniste e cronisti, l’assenza di una qualsiasi ipotesi di legge sull’editoria, il venir meno delle garanzie a tutela dell’ autonomia delle redazioni, rende ancora più drammatica la denuncia che è partita dalle testate del gruppo Gedi.
Quello che sta accadendo al gruppo Gedi riguarda l’intero sistema dell’informazione, tutte le croniste e i cronisti.
Per questo, oltre alla giusta solidarietà, servono comuni azioni di lotta e serve anche dar voce al loro sciopero e alle loro ragioni che, presto, riguarderanno anche chi oggi se la ride o pensa di essere in salvo.
Per queste ragioni l’Associazione Articolo 21, oltre ad essere solidale e a condividere le immediate reazioni della Federazione della Stampa e dell’Ordine dei Giornalisti, delle associazioni regionali, si permette di chiedere a tutte le testate, in particolare a quelle radiotelevisive e al servizio pubblico, di dare voce ai comitati di redazione, di invitare i loro rappresentanti in tutte le trasmissioni e in tutte le rassegne stampa, di amplificare le loro lotte, di non lasciarli soli, di far comprendere a cittadine e cittadini che scioperi e proteste non servono solo a tutelare una “corporazione”, ma anche il loro diritto ad essere informati, architrave della Costituzione.
Il gruppo dopo aver riunito nelle stesse mani Repubblica, La Stampa, L’Espresso, quotidiani locali, sta procedendo a liquidare un patrimonio storico dell’editoria italiana, un pilastro in un già asfittico pluralismo editoriale.
Non si tratta di illazioni, ma di fatti.
Il settimanale L’Espresso è stato venduto a chi lo aveva querelato, con una disinvoltura etica che ha pochi precedenti e che ricorda le modalità di cessione della Città di Salerno, oggi chiusa. Allora si sprecarono le rassicurazioni contro le “illazioni”.
Al momento della cessione dell’Espresso fioccarono i giuramenti sulla intangibilità della tradizione e della linea editoriale; dopo qualche giorno si era già dimesso il direttore Lirio Abbate, uomo coraggioso, costretto ad una “vita sotto scorta” per le minacce della mafia.
Ora si parla della vendita (o svendita?) dei quotidiani del Nord Est: La Nuova Venezia, La Tribuna di Treviso, Il Mattino di Padova, Il Piccolo di Trieste, Il Messaggero Veneto.
Una cessione destinata a cambiare il volto editoriale di queste terre.
I comitati di redazione di tutto il gruppo, Repubblica e La Stampa compresi, hanno portato la loro protesta sul palco del Congresso della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e hanno ricevuto la solidarietà di tutte le delegate e delegati, senza distinzione di parte, di gruppo editoriale, di schieramento.
Qualche giorno prima il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva ricordato la centralità dell’Articolo 21 della Costituzione, del pluralismo editoriale, della tutela dei diritti di cronaca da ogni minaccia.
Quello che rischia di accadere va esattamente nella direzione opposta.
L’assenza di una legge sul conflitto di interessi, l’annunciato assalto alla Rai, l’intensificarsi delle minaccia contro croniste e cronisti, l’assenza di una qualsiasi ipotesi di legge sull’editoria, il venir meno delle garanzie a tutela dell’ autonomia delle redazioni, rende ancora più drammatica la denuncia che è partita dalle testate del gruppo Gedi.
Quello che sta accadendo al gruppo Gedi riguarda l’intero sistema dell’informazione, tutte le croniste e i cronisti.
Per questo, oltre alla giusta solidarietà, servono comuni azioni di lotta e serve anche dar voce al loro sciopero e alle loro ragioni che, presto, riguarderanno anche chi oggi se la ride o pensa di essere in salvo.
Per queste ragioni l’Associazione Articolo 21, oltre ad essere solidale e a condividere le immediate reazioni della Federazione della Stampa e dell’Ordine dei Giornalisti, delle associazioni regionali, si permette di chiedere a tutte le testate, in particolare a quelle radiotelevisive e al servizio pubblico, di dare voce ai comitati di redazione, di invitare i loro rappresentanti in tutte le trasmissioni e in tutte le rassegne stampa, di amplificare le loro lotte, di non lasciarli soli, di far comprendere a cittadine e cittadini che scioperi e proteste non servono solo a tutelare una “corporazione”, ma anche il loro diritto ad essere informati, architrave della Costituzione.