by DameVerte
Da qualche mese siamo assenti sul sito: stanno bollendo grandi novità, tra cui la preparazione di una prossima mostra del nostro progetto di fotografia sociale “EssereDonne Project” (che sta andando avanti dal 2012).
Ricominciamo in occasione della Giornata Internazionale della Donna (ci piace chiamarla così e non “festa” perchè serve a ricordare le conquiste che le donne, da anni, stanno cercando di raggiungere attraverso numerose battaglie).
Vorrei riprendere in mano dei testi che hanno fatto la storia delle conquiste delle donne e del femminismo: probabilmente, non fossero esistite queste figure, non saremmo qui a parlare e a cercare, ancora, di rivendicare i nostri diritti e la libertà di essere noi stesse.
Questa è la storia che dobbiamo conoscere per continuare a contrastare chi ci vorrebbe ancora mute e servili, rappresentazione piena di uno stereotipo che ci trasciniamo dietro e contro cui lottiamo da sempre.
Leggendo queste parole ci domandiamo cosa sia cambiato da allora, quante effettive conquiste siano state fatte e quante fatichiamo ancora a far riconoscere dalla società intera.
Olympe De Gouges, nel 1791, scrisse, sul modello della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789, “La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, un testo che serviva a sollevare la questione femminile e il fatto che le donne dovessero avere gli stessi diritti e doveri degli uomini e per questo avessero il diritto di essere considerate “cittadine” a tutti gli effetti, con una piena libertà di azione sociale/politica/educativa.
Questi gli articoli della Dichiarazione:
“Articolo I. La Donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune.
Articolo II. Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell’Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all’oppressione.
Articolo III. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell’uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l’autorità che non ne sia espressamente derivata.
Articolo IV. La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l’uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.
Articolo V. Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.
Articolo VI. La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; esse deve essere la stessa per tutti. Tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili ad ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.
Articolo VII. Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.
Articolo VIII. La Legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.
Articolo IX. Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.
Articolo X. Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla legge.
Articolo XI. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.
Articolo XII. La garanzia dei diritti della donna e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di quelle alle quali è affidata.
Articolo XIII. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell’industria.
Articolo XIV. Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di costatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell’imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse ad un’uguale divisione, non solo dei beni di fortuna, ma anche nell’amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell’imposta.
Articolo XV. La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, ad ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.
Articolo XVI. Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.
Articolo XVII. Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l’esiga in modo evidente, a condizione di una giusta e preliminare indennità.”
Molti degli articoli scritti da Olympe de Gouges (che sarà ghigliottinata nella pubblica piazza per aver osato ergersi in contrasto con uomini di potere pubblicamente) sono quantomai attuali, così come il quinto capitolo di “The Vindication of the Rights of Women” di Mary Wollstonecraft (testo considerato l’ “inauguazione” del femminismo) che fa una critica arguta all’ “Emile” di Rousseau e si intitola: “Obiezioni alle posizioni di alcuni scrittori che hanno fatto della donna l’oggetto della pietà e quasi del disprezzo”.
Mary Wollstonecraft è tra le prime a smontare il concetto di “naturalità” e a sottoporlo al vaglio della ragione: “[…] Poichè Sofia, dice Rousseau, possa essere, in quanto donna, l’equivalente della perfezione di Emilio in quanto uomo, è necessario esaminare il carattere che la natura ha dato al suo sesso. Egli passa a dimostrare come la donna debba essere debole e passiva, dal momento che è fisicamente meno forte dell’uomo, per dedurne che ella è stata creata per piacergli ed essergli soggetta e che è suo dovere rendersi ben accetta al proprio padrone […].”
Viene citata, così, parte dell’ “Emile”: “[…] La donna e l’uomo sono fatti l’uno per l’altra, ma la loro mutua dipendenza non è eguale: gli uomini dipendono dalle donne soltanto per i loro desideri; le donne dipendono dagli uomini e per i loro desideri e per i loro bisogni; potremmo noi vivere meglio senza di esse che esse senza di noi. […] (nota: da leggere il nostro articolo: “Parole come armi – 01: Il “troppo amore” e le questioni sociali” [qui], che tratta questo argomento nella società di oggi.)
[…] Tutta l’educazione delle donne deve essere sempre relativa agli uomini. Piacere a noi uomini, esserci utili, farsi amare ed onorare da noi, allevarci da giovani, curarci da grandi, consigliarci, consolarci, renderci la vita piacevole e dolce: ecco i doveri delle donne in tutti i tempi, e quello che si deve insegnar loro fin dall’infanzia.” (E io mi domando: è così diverso da oggi, dove i sistemi di Welfare sono spesso inesistenti e i lavori di cura/domestici/familiari gravano quasi esclusivamente sulle donne?)
Ma Rousseau ci ripropone un evergreen che, al giorno d’oggi, è più che mai attuale: i bambini e le bambine che giochi preferiscono? Cosa bisogna suggerire loro? Considerate che queste parole sono state scritte nel Settecento: “[…] I ragazzi cercano il movimento e il rumore: tamburi, trottole, piccole carrozze; le ragazze d’altra parte preferiscono ciò che colpisce più la vista e serve all’ornamento: specchi, gingilli e bambole; la bambola è il divertimento speciale di questo sesso[…]. La parte fisica dell’arte di piacere sta nell’abbigliamento […].”
Mary Wollstonecraft commenta così: “[…] Si trascura così l’intelletto perchè quella figura sia debole e, come qualcuno dice, bella: le ragazze sono costrette a starsene immobili a sedere, giocare con le bambole, ascoltare conversazioni sciocche, e si finisce poi con il sottolineare l’effetto dell’abitudine come se fosse un’indiscutibile indicazione della natura.”
In un periodo storico (il nostro) dove ancora vengono fatti i distinguo sui giochi “da maschi” e “da femmine”; in cui i libri e i giochi formativi vengono divisi in “per ragazze” con domande e informazioni su spettacolo, gossip e attualità (ovviamente rosa) e “per ragazzi” con informazioni scientifiche e culturali; in un periodo in cui alle bambine vengono ancora proposti solo alcuni lavori che si basano sul loro aspetto fisico o al loro futuro di donne riproduttrici, ci domandiamo se sia poi così diverso da allora.
Mentre nel 2015, nel nostro paese, avvengono femminicidi quasi ogni giorno, Rousseau nel 1762 scriveva così: “[…] Bisogna esercitarle per tempo alla soggezione, affinchè in seguito questo non costi loro troppo, a domare tutte le loro fantasie, per sottometterle alla volontà altrui. Se volessero lavorare sempre, si dovrebbe talvolta forzarle a non far nulla. […] dovremmo insegnare loro specialmente a vincersi. […]
Risulta da questa coercizione abituale una docilità di cui le donne hanno bisogno per tutta la vita, poiché esse non cessano mai di essere assoggettate agli uomini, o ai giudizi dell’umanità […].
La prima e più importante qualità di una donna è il buon carattere, la dolcezza di indole: fatta per ubbidire ad un essere tanto imperfetto quanto l’uomo, spesso così pieno di vizi, ella dovrebbe imparare per tempo a soffrire anche all’ingiustizia e a sopportare i torti di un marito senza lamentarsi: non è per lui, ma per se stessa che deve essere mite.[…]”
Mary Wollstonecraft ben risponde a queste parole, facendo presente che “quando si insiste sulla obbedienza cieca vengono violati tutti i diritti sacri dell’umanità, a meno che i più sacri di tutti non appartengano soltanto all’uomo. L’essere che tollera pazientemente l’ingiustizia e sopporta in silenzio gli insulti ben presto diventerà ingiusto o incapace di distinguere tra giusto e sbagliato.” (noi, di questo argomento, ne abbiamo parlato più volte in numerosi post: [qui], [qui] e [qui])
Abbiamo riproposto queste parole in questa giornata così importante per farvi riflettere su quanta strada ci sia ancora da fare, quotidianamente e non solo in occasione dell’8 marzo o del 25 novembre, per allontanarci da questi tremendi stereotipi di cui fatichiamo a liberarci: quanto è davvero cambiato da quel periodo? Le conquiste a cui siamo arrivate sono già così ben radicate da aver spazzato via i concetti proposti già da Rousseau della donna “mite e servile”, delle bambine che “vanno educate” a diventare madri, mogli e “donne di casa”? Io non credo… Purtroppo è un’eredità profonda che ci sta seguendo da troppo tempo e, purtroppo, libri come “Sposati e sii sottomessa” di Costanza Miriano ne sono triste dimostrazione e testimonianza, così come le continue lotte per il diritto ad un lavoro degnamente retribuito o per decidere del proprio corpo o se poter interrompere una gravidanza.
mar 8, 2015