DANILO TOSARELLI – MILANO
Gli USA sono il Paese con il tasso di incarcerazione più alto al mondo.
Il 40% sono afroamericani, che rappresentano il 13% della popolazione.
Bisogna ammettere che negli USA esistono tassi di criminalità molto elevati.
La devianza sociale è endemica, ma esiste anche un endemico accanimento.
Troppo spesso il comportamento della Polizia si è macchiato con atti di violenza.
Abusi di potere ed atti di violenza, rivolti prevalentemente verso le comunità ispaniche ed afroamericane.
Purtroppo non esistono dati ufficiali completi ed esaustivi, sugli omicidi commessi dalla Polizia.
Sul sito del Dipartimento della Giustizia non si trovano dati aggiornati.
FBI ammette che i suoi dati in proposito sono incompleti.
Non rimane che affidarsi a 2 fonti non governative.
Il sito ” Mapping police violence” ed il database del Washington Post.
Ancora una volta a conferma dell’atteggiamento omissivo delle istituzioni americane.
Il Washington Post ha elaborato il rischio di essere uccisi dalla Polizia.
Esaminati i dati che vanno dal 2015 al 2019.
Il numero degli omicidi registrati è pressochè costante. Circa 1000 (Mille) all’anno.
Le vittime della Polizia tra i BIANCHI sono 13 per milione di abitanti
Tra gli ISPANICI 23 morti per milione di abitanti
Tra i NERI, 31 morti per milione di abitanti.
Se sei nero, hai più del doppio delle possibilità di essere ucciso dalla polizia.
Inoltre, secondo “Mapping police violence”, esiste un dato allarmante.
Per gli afroamericani, è più elevato il rischio di essere uccisi quando si è disarmati.
Inutile negare, che in USA la questione razziale sia ancora un problema irrisolto.
Il razzismo esiste ed il comportamento della Polizia ha favorito queste divisioni.
Proseguono nel tempo, processi di criminalizzazione e repressione violenta delle comunità di colore.
In gergo viene definita Police Brutality e credo non ci sia bisogno di traduzioni.
Il poliziotto americano viene formato con una cultura molto corporativista e omertosa che esalta il machismo.
Questa cultura è permeata da un razzismo profondo e radicale.
Aggiungiamo che al suo interno esistono sindacati potenti ed influenti.
Sono i primi a far resistenza ai tentativi di riforma.
Spesso negano, che vi siano problemi di violenza e di responsabilità penale nelle Forze dell’Ordine.
Un altro elemento imprescindibile è la cultura tipica dell’americano medio.
Che vede criminali ovunque e quindi la politica del pugno duro è tra le prerogative previste e giustificate.
Ecco perchè, l’operato della Polizia gode di un consenso bipartizan da parte di istituzioni e società civile.
L’insieme di questi fattori rappresentano uno scudo protettivo difficile da scalfire.
Il poliziotto ne è consapevole e si sente più libero di poter agire impunemente.
Va in tal senso la Qualified Immunity, che pone la vittima in condizione sfavorevole rispetto all’atto di Polizia.
Di fronte ad abusi e violenze, è difficile dimostrare la colpevolezza del poliziotto di turno.
Perchè a priori viene riconosciuta alla Polizia “la buona fede” e quindi…
La morte di George Floyd ha scatenato rabbia ed indignazione in tutto il mondo.
Sono stati alcuni filmati ad incastrare il poliziotto Derek Chauvin, mentre soffocava l’afroamericano.
Ma senza quella prova inconfutabile, come sarebbe andata a finire?
Quante violenze ed omicidi da parte della Polizia sono rimasti impuniti, perchè non dimostrabili?
Proprio in questi giorni stanno comparendo filmati di violenze ed omicidi provocati dalla Polizia.
Le manifestazioni di protesta per la morte di George Floyd, stanno dando coraggio a chi ha visto.
A chi ha visto e filmato ciò che nessuno di noi vorrebbe constatare.
Interventi ed arresti iniziati dalla Polizia e conclusi tragicamente, spesso con una morte.
Questa storia senza fine ha deteriorato il rapporto tra Polizia e minoranze.
La polizia ispira loro paura invece che trasmettere sicurezza.
Troppe le vittime innocenti, troppi i traumi sociali subiti.
Dopodichè, ho visto anche poliziotti in servizio inginocchiarsi per rendere omaggio a George Floyd.
E’ accaduto in molte città americane e mi è sembrato un gesto di sincero dolore per l’accaduto.
Rifiuto l’idea che qualunque poliziotto americano sia violento ed assassino.
I manifestanti lo hanno capito e quegli abbracci sono stati commoventi e liberatori.
Sull’onda delle proteste di questi giorni, ha trovato più consensi un movimento chiamato Defund the police.
Il movimento esiste già da qualche anno ed esprime al suo interno più punti di vista.
La componente maggioritaria si è sforzata di produrre analisi e proposte.
Provo ad illustrarle sommariamente.
Riduzione drastica del budget destinato alle Forze dell’Ordine, sia locali che federali.
La spesa pubblica è sproporzionata e fortemente sbilanciata.
Non è così che si riducono i fatti criminosi e non si rendono più sicure le città.
Alla Polizia vengono destinati circa 115 miliardi di dollari all’anno.
Per l’Organismo che si occupa di Sanità Pubblica, vengono stanziati 11 miliardi all’anno.
L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente riceve invece 9 miliardi di dollari all’anno.
Tutti questi soldi stanziati dai vari governi per la Polizia, a qualcosa sono serviti.
E’ aumentato il grado di militarizzazione.
Risulta che siano a disposizione granate stridenti, varie armi pesanti da guerra e persino carri armati.
La Polizia viene chiamata sempre, a prescindere dalle specifiche situazioni.
Sono frequenti le situazioni ordinarie con persone tossicodipendenti o con problemi psichici.
Avrebbe più senso chiamare i medici o degli assistenti sociali.
Purtroppo l’americano medio non la pensa così e chiama da subito la Polizia.
Frequentemente, il tutto si trasforma in un evento con violenza.
Il razzismo sistemico è quello che produce più fermi, con frequente minaccia di usare la forza.
Per i motivi che ho già spiegato, sono gli ispanici e gli afroamericani i più esposti.
Da qui la richiesta di una riduzione quantitativa dei compiti affidati alla Polizia.
Destinazione dei fondi risparmiati dal budget della Polizia, per finalità sociali.
Il movimento Defund the Police, chiede che vengano destinati aiuti alle comunità più povere.
Vanno contrastate povertà ed emarginazione, offrendo aiuto ed assistenza.
Servizi sociali, aiuto ai senzatetto, programmi contro la violenza domestica e contro le droghe.
Anche il Partito Democratico ha messo in campo una proposta.
Difficile restare indifferenti alle legittime richieste di giustizia che arrivano da neri ed ispanici.
La proposta di legge si chiama “Justice in Policing act 2020”.
Sta trovando ampi consensi tra i parlamentari afroamericani.
Qualcuno l’ha definita una novità assoluta, paragonabile ad una rivoluzione culturale.
“Uno dei più completi tentativi di cambiare il modo in cui i poliziotti fanno il loro lavoro”.
Uno dei punti prevede il divieto di prendere per il collo i sospettati.
L’istituzione di un registro nazionale con un ruolo essenziale.
Evitare che i poliziotti accusati di comportamenti violenti possano essere trasferiti altrove.
Non può essere che il trasferimento possa sostituire le punizioni previste.
Oggi accade molto spesso e garantisce al poliziotto colpevole una sorta di impunità.
Il poliziotto che ha ucciso Peter Floyd aveva alle spalle 17 provvedimenti per cattiva condotta.
Corsi di formazione più aggiornati sui pregiudizi razziali.
Esplicitazione delle situazioni in cui è necessario intervenire con la forza.
Restrizioni sulla dotazione di equipaggiamenti militari per i corpi di Polizia.
Tassativo l’obbligo di indossare ed attivare le body camera.
Il “Justice in Policing act 2020” renderebbe più facile perseguire penalmente i poliziotti.
I civili danneggiati dalle azioni della Polizia potranno ottenere i giusti risarcimenti.
Tutto ciò grazie ai maggiori poteri concessi ai procuratori di investigare le accuse.
Troppi i casi di un uso ingiustificato della violenza da parte della Polizia.
E’ bene dire che anche il Partito Democratico americano è diviso al suo interno.
Joe Biden è un candidato dal sorriso di cartone, buono per tutte le stagioni.
Non ha certamente il piglio e la determinazione di Bernie Sanders.
Democratici indecisi, Repubblicani contrari, vedo poco futuro per questa legge.
E’ assai improbabile che Trump possa firmare una legge simile.
Questi sono gli Stati Uniti d’America.
Molto bravi a dare lezioni di democrazia agli altri, ma pessimi al loro interno.
Non si ha il coraggio di affrontare la questione delle questioni.
La questione dove Democratici e Repubblicani si assomigliano di più.
LA LIBERTA’ DI POSSEDERE UN’ARMA. In USA ne circolano circa 300 milioni.
Diritto garantito dal secondo emendamento della Costituzione degli USA nata nel 1788.
L’idea era quella, che una nazione è veramente libera solo quando riesce a difendersi da sola.
Ai tempi era giustificata, data la presenza di indiani ed altri pericoli di natura selvaggia.
Ma oggi?
Fa giurisprudenza la decisione presa nel 2008 dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Ha dichiarato incostituzionale la legge del distretto di Columbia, che ne vietava il possesso ai residenti.
La sentenza ha fornito un’interpretazione definitiva al secondo emendamento della Costituzione.
Ogni americano ha il diritto di portare armi.
La discussione interna rimane sempre aperta, ma i partiti politici si limitano a parlarne.
Nessuna intenzione di voler affrontare seriamente, una questione innanzittutto di carattere culturale.
Ogni americano ha un’arma e questo rappresenta in sè non una tutela, bensì un pericolo.
In nessun paese al mondo esiste una percentuale così alta.
Un’ansia perenne sia in chi deve garantire l’ordine, sia per la quotidianità di ogni cittadino.
Ne consegue, che il poliziotto chiamato per un intervento è portato a pensare che si troverà di fronte criminali armati.
Chiunque, potrebbe avere con se’ o nel cruscotto dell’auto un’arma pronta ad uccidere….
Uno stress psicofisico che crea nell’agente di Polizia riflessi condizionati e personalità aggressive.
Dall’altra parte, la paura che ti accompagna, ogni volta che un poliziotto decide di farti un controllo.
Se poi non sei un bianco, i margini di rischio per il cittadino aumentano in modo esponenziale.
Tutto ciò può generare situazioni spiacevoli che per un malinteso possono diventare drammatiche.
La politica, al di là delle apparenze, rimane immobile di fronte a questa quotidiana carneficina.
C’è un motivo.
La National Rifle Association (NRA) è una delle più potenti organizzazioni presenti in USA.
Nata nel 1871, l’associazione agisce in favore dei detentori di arma da fuoco.
E’ considerata la più antica organizzazione per i diritti civili degli Stati Uniti.
In realtà una delle più potenti lobby politiche degli USA.
Contraria ad ogni tipo di controllo delle armi.
Apartitica, è in grado di distribuire grandi quantità di voti alle elezioni.
La NRA ha aiutato indistintamente Democratici e Repubblicani.
Si deve alla NRA, se alcune leggi sul controllo delle armi sono state bloccate.
E molto altro ancora.
E’ chiaro adesso, il perchè questa storica piaga sociale non trovi soluzioni?
Il regista Michael Moore, definisce gli appartenenti alla NRA come “successori del KU Klux Klan”.
Credo ci sia poco da aggiungere.
In USA, subito dopo la morte di George Floyd, sono nate spontanee manifestazioni di protesta.
Tanta rabbia, per un’oppressione razziale che sta mettendo a dura prova le comunità di colore.
Le statistiche che ho sopra riportato, ne danno un quadro doloroso e drammatico.
Eppure, troppi benpensanti con il culo al caldo, si permettono di disquisire.
“Troppa violenza in queste manifestazioni, eccessivi questi moti di ribellione.”
Ha fornito alibi a questi bianchi senza anima, l’incendio della stazione di Polizia di Minneapolis.
Incendiati, senza alcuna vittima, alcuni negozi e la stazione di Polizia.
Minneapolis è il luogo dove è stato ucciso George Floyd.
Minneapolis è una città, che ha vissuto negli anni, tragici avvenimenti di carattere razziale.
Dal 1999, vi sono stati 122 casi di abuso da parte della Polizia, anche con afroamericani uccisi.
In molti casi, il Gran Jury non ha processato gli agenti coinvolti.
Davvero i bianchi possono permettersi di dire a neri come devono protestare?
Ci sono state manifestazioni di protesta in tutti gli Stati Uniti.
Prevalentemente pacifiche, ma indubbiamente piene di rabbia e senso di ribellione.
Da secoli ormai, esiste una violenza di Stato che nega i diritti delle comunità nere.
Viene praticata e spesso legittimata una violenza, che solo chi si definisce razzista può giustificare.
Arwa Mahdawi scrive sul Guardian un articolo molto provocatorio.
“Molte delle persone che urlano che la violenza non è la risposta sui disordini di Minneapolis, sono le stesse persone che sostengono con tutto il cuore le guerre senza fine americane.”
Il New York Times scrive ” Le persone che stanno occupando le strade chiedono un cambiamento
radicale della società, disegnata per opprimere i neri e le minoranze.”
“Questo Paese ha fallito nel garantire una delle più importanti protezioni costituzionali: Il diritto alla vita.”
“Quello che i manifestanti vogliono è un Paese dove i cattivi poliziotti sono licenziati, non protetti.
Un Paese, dove la polizia protegge il diritto dei suoi cittadini di scendere in piazza per chiedere giustizia.”
In un discorso nel 1967, Martin Luther King Jr dichiarava un principio elementare.
“In ultima analisi, una rivolta è il linguaggio degli inascoltati e fino a quando l’America rinvia la giustizia, continueremo ad avere questi episodi di violenza e rivolte ancora e ancora.”
Sul New York Times si legge che a distanza di 50 anni, la giustizia viene ancora rinviata.
“La disuguaglianza razziale rimane dilagante in termini di ricchezza, abitazioni, occupazione, istruzione
e applicazione della legge.
Questa non è una novità, ma è responsabilità di tutti coloro sono al potere riconoscerla e risolverla.”
Scrive Kelly Carter Jackson su The Atlantic, rivista americana fondata nel 1857.
“Come dovrebbero gli oppressi rispondere ai loro oppressori?
In che modo la nazione dovrebbe rispondere al dissenso politico?
In che modo gli oppressi acquistano potere?
Nel corso della storia, i neri hanno usato violenza, non violenza, marce e boicottaggi.
Solo una cosa è chiara: non esiste alcuna forma di protesta nera che la supremazia bianca accetterà.”
Nel dicembre 1866 il famoso abolizionista Frederick Douglass scrisse un saggio per The Atlantic.
“Molte persone chiedono se la violenza sia un mezzo valido per produrre un cambiamento sociale.
La risposta dura e storica è SI.
La rivoluzione americana è stata vinta con la violenza.
La rivoluzione francese è stata vinta con la violenza.
La rivoluzione haitiana fu vinta con la violenza.
La guerra civile USA fu vinta con la violenza.
Una rivoluzione nei termini di oggi significherebbe che queste ribellioni a livello nazionale, porterebbero i neri a poter accedere ed esercitare la pienezza della loro libertà ed umanità.”
Sono passati molti anni da quel 1866.
Gli USA sono ancora un Paese dove non esistono parità ed uguaglianza nei diritti.
Con quale diritto pretendono di dare lezioni di democrazia al mondo?
Foto di copertina: Gayatri Malhotra