di Gianni Barbacetto
È il terzo giudice che conferma le ipotesi d’accusa della Procura di Milano sulle irregolarità urbanistiche del “Rito Ambrosiano”: il gip Lidia Castellucci ha disposto il sequestro di un cantiere in via Cancano, affacciato sul Parco delle Cave. In quell’area un tempo c’era un edificio industriale di un piano, della Peroni Pompe. La società Lakes Park e poi la Nexity, dopo averlo completamente abbattuto, ci stavano costruendo tre torri residenziali di nove, dieci e tredici piani, fino a un’altezza di 43 metri, destinate a 77 appartamenti che potrebbero ospitare oltre 200 persone.
L’inchiesta, nata da un esposto di alcuni cittadini milanesi, ha verificato che, come d’uso nel “Rito Ambrosiano”, le leggi urbanistiche sono state aggirate e contraddette. Le nuove costruzioni sono state infatti fatte passare come “ristrutturazione” e approvate dagli uffici del Comune in seguito a una autocertificazione, una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), mentre la legge impone l’approvazione di un piano attuativo, che calcoli l’impatto urbanistico, l’arrivo di nuovi abitanti e i relativi servizi da realizzare.
La giudice delle indagini preliminari ha dunque riconosciuto l’ipotesi di lottizzazione abusiva e abuso edilizio segnalata dai pm (Marina Petruzzella, Mauro Clerici e Nicola Filippini, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano) e ha disposto il sequestro del cantiere. Il secondo, dopo quello di via Lepontina, in zona Isola.
La giudice sottolinea che si tratta di un intervento dal forte impatto urbano, realizzato di fronte al Parco delle Cave, in un’area che il Piano del governo del territorio approvato dal Comune riconosce di “interesse ecologico e preordinata alla realizzazione di interventi naturalistici a tutela degli elementi rilevanti del paesaggio e dell’ambiente, nonché alla riqualificazione di elementi fitologici e di spazi aperti permeabili”. Invece è avvenuto “lo stravolgimento dei luoghi determinato dall’innalzamento, davanti al Parco delle Cave, di una muraglia verticale alta fino a 43 metri”.
Come negli altri cantieri sotto inchiesta, sono contestati i favori economici concessi dal Comune agli operatori: con “l’uso illegittimo della monetizzazione degli standard” e “il calcolo inappropriato del contributo di costruzione”, hanno pagato la metà del dovuto, “risparmiando” 619 mila euro, a cui si aggiungono indebiti vantaggi fiscali.
Non solo: in questo caso (come in quello del Bosconavigli già sotto inchiesta e di altre centinaia di casi a Milano) l’edificazione era stata autorizzata con una semplice “convenzione urbanistica” stipulata da un dirigente del Comune e firmata davanti a un notaio, mentre la legge prevede che sia approvata dal Consiglio o dalla Giunta comunale.
Indagati il costruttore, i progettisti, i dirigenti e funzionari del Comune che hanno permesso una procedura che la giudice considera fuori legge. Anche in questo caso è rilevante il ruolo della Commissione Paesaggio, composta da architetti scelti dal sindaco, che boccia per tre volte la richiesta di permesso di costruire, ma poi alla quarta seduta lo concede.
Entrano allora in scena i dirigenti del Comune Giovanni Oggioni, Andrea Viaroli, Riccardo Rinaldi e Alessandra Ottoni, che concedono i permessi. Con Simona Collarini che durante una riunione ammette: “Dobbiamo cercare di non ripetere situazioni come via Cancano, dove la struttura commerciale ‘ha divorato’ gran parte della superficie fondiaria, obbligando a una soluzione progettuale delle residenze molto impattante (peraltro fronte Parco Cave)”.
La giudice nel suo decreto, devastante per l’amministrazione milanese, confuta, leggi alla mano, molti degli argomenti con cui l’assessore e i costruttori hanno tentato di giustificare le consuetudini del “Rito Ambrosiano”. Tra i progettisti sotto indagine, c’è anche (come nell’inchiesta sul cantiere di piazza Aspromonte) Paolo Mazzoleni, che in passato è stato membro della Commissione Paesaggio e ora è assessore all’Urbanistica a Torino.
20 luglio 2024