Nel 2009 esplose uno scandalo enorme quando si seppe che il debito ed il deficit pubblico greci erano molto maggiori di quello che per anni, consigliato dall’influente banca di investimento statunitense Goldman Sachs (GS), aveva informato all’Unione Europea (UE) il governo neoliberale del partito Nuova Democrazia. Curiosamente, Mario Draghi, presidente fino all’attualità della Banca Centrale Europea (BCE) aveva lasciato in data vicina la vicepresidenza europea di quell’entità finanziaria. Non conosceva questo signore questo colossale maneggio fraudolento in un tema tanto strategico della sua area di competenza?
I titoli di debito di Atene sono stati dichiarati spazzatura dal genocida qualificatore di rischio. La Troika (Commissione Europea, BCE e FMI), per suppostamente aiutare il paese in difficoltà ad uscire dall’indebitamento, ha ordinato una delle più feroci operazioni di saccheggio di una nazione. Pagare con alti interessi l’astronomico debito e deficit pubblici accumulati, tradotto nella diminuzione dei salari e pensioni, soppressione di diritti sociali, privatizzazioni alla Yeltsin ed aumento considerabile di imposte per quelli più poveri, non i ricchi.
Risultato: dal primo piano di riscatto applicato nel 2010, il debito pubblico greco lontano da diminuire, è aumentato. Se nel 2009 ascendeva al 126% del PIL, attualmente è aumentato vertiginosamente fino al 180% (circa 317 mille milioni di euro) dopo i ritagli della spesa pubblica implementati, i maggiori in un paese europeo in settanta anni. Il PIL è caduto un 25%, la disoccupazione è la più alta dell’Europa e la disoccupazione giovanile raggiunge un livello da brivido, il 60%.
Non è chiaro quale sarà la conclusione del teso e drammatico momento che affronta il governo del primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras, coi saccheggiatori dell’UE. È impossibile calcolare, quando scrivo queste linee, l’impatto che possa avere sul risultato del referendum del 5 luglio la feroce campagna di terrore mediatico puntata contro i greci fatta dagli abominevoli e mediocri leader dell’UE. Secondo loro, un “no” nel referendum equivarrebbe all’uscita automatica della Grecia dall’Unione Europea (UE) e dall’euro.
Ma economisti molto celebri, tra loro il Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, affermano che per la Grecia l’opzione più favorevole sarebbe precisamente l’uscita dall’UE ed il ritorno alla dracma, perché le sue esportazioni ed il settore turistico si vedrebbero beneficati per la svalutazione della moneta nazionale davanti all’euro ed il paese ellenico riprenderebbe la crescita economica in circa due anni. Invece, se rimane dentro l’euro, ci si può aspettare solo una recessione senza fine, nuovi ritagli ed imposte ed un aumento maggiore del debito coi creditori.
Tuttavia, benché Syriza abbia un piano B, Tsipras ha assicurato sempre che la sua intenzione è rimanere nell’UE e sottolineatura che l’obiettivo del referendum è che i greci votino “no”, cioè, che respingano l’ultima e draconiana proposta dei creditori, affinché il giorno dopo, fortificata la sua posizione come negoziatore da questo avallo democratico, continuare il dialogo con l’Eurogruppo.
L’UE, divenuta una coalizione di docili amanuensi della banca, specialmente della tedesca e dell’impresentabile FMI, non solo tentò di ostacolare il trionfo elettorale di Syriza ma gli dichiarò soprattutto una guerra oscura quando arrivò al governo, quando si rese conto che Tsipras non perse un minuto nell’iniziare il compimento delle sue promesse della campagna elettorale, che includevano un progetto di crescita economica ed una giusta ridistribuzione della ricchezza.
Benché l’affanno di lucro facile dei banchieri sia sempre di più insaziabile oggigiorno, quello che cerca principalmente l’UE in Grecia non è riscuotere nessun debito bensì abbattere il governo di Tsipras con l’espediente dell’asfissia economica. Lo considerano un cattivo esempio, sommamente pericoloso in una zona economica i cui paesi del sud stanno essendo sottomessi senza pietà a crescenti ritagli della spesa pubblica. Quale è l’aspetto dell’ultima proposta di Tsipras a cui gli spaventati creditori privati e governi dell’UE si oppongono più chiaramente affinché non si applichi? L’imposizione di imposte ai più ricchi invece di continuare a spogliare la maggioranza dei greci.
Il referendum tanto discusso è la misura più democratica che poteva prendere un governante degno e rispettoso dell’opinione dei suoi compatrioti. Ma nell’UE governa la dittatura del capitale finanziario e quello che Tsipras tenta è che lo facciano i popoli. La vera democrazia.
di Angel Guerra Cabrera
preso da La Jornada
traduzione di Ida Garberi
3 Jul 2015