Le inerzie e le complicità dei governi, il potere della mafia nell’economia legale e il contrasto alla criminalità come lotta per l’ambiente e per la democrazia
Marta Capaccioni
“Pretendiamo giustizia ambientale”. Una pretesa semplice, giusta e profondamente democratica quella dei 20.000 (o forse più) giovani che ieri sono scesi in piazza a Milano per denunciare la grande ipocrisia delle conferenze climatiche istituzionali. In effetti, in questi giorni nella città si sono riuniti i maggiori ministri europei e internazionali in occasione della Precop26.
Attivisti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo hanno bloccato il traffico, hanno suonato strumenti e battuto ripetutamente davanti cancelli del Mico (Milano Convention Center) dove si sta svolgendo la conferenza, presenziando in quel luogo anche la notte, hanno colorato le strade di slogan, di cartelli e di striscioni, lanciando un grido di allarme per un pianeta che sprofonda ogni giorno di più verso l’autodistruzione, non solo dal punto di vista ambientale e climatico, ma anche e soprattutto dal punto di vista umanitario e sociale.
A guidare il lunghissimo corteo partito da piazza Cairoli e terminato in Piazzale Damiano Chiesa, c’erano vari attivisti provenienti da tutto il mondo, tra cui la svedese Greta Thundberg, la ugandese Vanessa Nakete, l’argentino Martin e il messicano Ivan, ma sono arrivati addirittura da Haiti, dall’Alaska, dalla Cina, dall’Iraq, dall’Afghanistan e ancora da vari paesi africani. È un grido di giustizia che arriva soprattutto da paesi che oggi vivono più di tutti le conseguenze delle nefaste scelte politiche ed economiche dei governi europei ed occidentali: dittature, persecuzioni, guerre, povertà, tratta di essere umani, violenze e ancora espropriazione delle terre e dislocazione forzata dalle proprie case, come accade attualmente ai popoli indigeni sud americani.
In moltissimi hanno fortemente denunciato la politica dell’attuale governo Draghi, il ministero della cosiddetta “transizione ecologica” di Cingolani, ex responsabile (lo ricordiamo) dell’innovazione tecnologica dell’azienda Leonardo, produttrice di armamenti per il mercato della guerra internazionale: le parole dei due sfiorano ormai il limite del ridicolo e dell’imbarazzante. Nuove concessioni alle multinazionali petrolifere italiane per trivellare il nostro Paese e l’apertura al mercato dell’energia nucleare: cosa intenda Cingolani per “transizione ecologica” forse lo sanno solo i grandi potentati e colossi economici che le politiche del ministro stanno agevolando. Per non parlare poi della Riforma della giustizia di Marta Cartabia, la quale rischierà di tagliare tutti i processi per reati ambientali, garantendo così l’impunità alla solita casta di imprenditori, politici e finanzieri il cui pane quotidiano è la corruzione. Siamo largamente lontani dal principio garantito dalla nostra Costituzione per cui “la legge è uguale per tutti”, cioè chi commette qualsiasi tipo di crimine, anche ambientale appunto, deve essere punito con una pena proporzionata al danno causato a tutta la comunità. Quest’ultima ha quindi il diritto di essere risarcita di ciò che le è stato indebitamente sottratto o distrutto.
Inoltre è un fatto inconfutabile che la crisi ecologica, in tutte le sue sfaccettature, rappresenti solamente la conseguenza di una causa molto più profonda e molto più radicata nel tessuto politico ed economico di questo mondo: la disuguaglianza sociale nella distribuzione delle ricchezze naturali e materiali e l’esistenza di una rete criminale composta da alti vertici istituzionali e finanziari che agisce solo con una logica di profitto, opprimendo, sfruttando e discriminando le popolazioni. In tale rete un ruolo fondamentale viene svolto dalle organizzazioni mafiose. “La mafia ormai è un potere globale che gestisce traffici illeciti in tutto il mondo grazie alle complicità di istituzioni, di politici, di imprenditori, di rappresentanti della finanza e delle banche mondiali”, ha detto Sonia Bongiovanni, direttrice del Movimento Our Voice, lanciando un messaggio forte contro l’omertà oscurantista di questo cancro profondo che inquina la nostra civiltà. “La mafia gestisce il traffico mondiale di rifiuti tossici e radioattivi e ne controlla tutti i processi di smaltimento. In questi traffici sono coinvolte tutte le politiche dei governi europei, ma anche di paesi africani, medio-orientali, asiatici e americani. Come se non bastasse, i traffici e gli interessi delle mafie oggi addirittura si sono espansi in settori della politica ambientale, come quello di traffico di animali, e poi nel settore petrolifero, nucleare, eolico e in quello delle energie rinnovabili. E di più, le più grandi banche europee e internazionali, come la Deutsche Bank, come la Bank of America hanno ammesso di essersi sostenute grazie ai soldi sporchi della mafia. E sono rimaste tutte impunite”. Anche la Hsbc, la Citibank e la banca Wachovia hanno ammesso di aver evitato il fallimento bancario grazie a quel denaro. Denaro per cui bambini e giovani muoiono per strada facendosi di hashish, di cocaina o di crack a causa del traffico di droga. Denaro per cui donne, ragazze, bambine vengono vendute, violentate e costrette alla prostituzione a causa della tratta di esseri umani. Denaro per cui centinaia di migliaia di persone vengono uccise nelle guerre a causa del traffico di armi.
Come emerge ormai da numerosi processi e inchieste giudiziarie il denaro sporco delle mafie sostiene anche le economie legali dei paesi. È un dato ufficiale che i profitti derivanti dalle attività sommerse e illecite sono calcolati nel nostro Prodotto Interno Lordo Italiano. In sintesi, le multinazionali si servono della mafia per oscurare i loro reati di inquinamento e di disastro ambientale e le nazioni si servono dei soldi prodotti dai traffici gestiti dalle mafie per sostenere le proprie economie: la criminalità organizzata sopravvive grazie a questa legittimazione politica e al consenso popolare che deriva dalla disinformazione e dall’indifferenza.
In effetti sono pochissime le agende politiche dei governi che contengono come punto la lotta alla mafia o che semplicemente riconoscano la sua esistenza nel proprio territorio nazionale. Come ha affermato la giovane attivista, ricordando grandi ambientaliste che hanno portato avanti una lotta internazionale di denuncia a questa rete criminale, “senza lotta alla mafia non esiste lotta per l’ambiente”. “Berta Cáceres era un’ambientalista honduregna, denunciava la rete mafiosa e politica che esiste dietro i crimini ambientali, dietro i crimini commessi nei confronti delle popolazioni indigene. Lei era un’indigena del popolo Lenca, il popolo originario honduregno ed è stata uccisa proprio dalla mafia honduregna, la Mara, insieme e per volere della famiglia Atala, una delle famiglie più ricche dell’Honduras, in concomitanza con i servizi segreti deviati honduregni”, ha spiegato l’attivista.
Una denuncia forte e importante per un problema che non si ha il coraggio, o peggio, la volontà di affrontare. Un grido che deve partire soprattutto dall’Italia, per la storia che abbiamo vissuto con le stragi e gli attentati e per il sacrificio di pochissimi uomini e donne giuste che hanno ispirato la prima legislazione al mondo di contrasto alle mafie. Quest’ultima oggi ci permette di conoscere e di indagare su quegli ibridi connubi e su quelle complicità alla base dell’intero sistema. Tale legislazione ci ha contraddistinto e tutt’ora ci contraddistingue da ogni altra nazione.
Quindi, in conclusione, rappresenterà solamente una evidente ipocrisia politica e mediatica ogni tipo di conferenza o di riunione, che venga svolta tra i più alti vertici istituzionali e da quegli stessi finanziatori, rappresentanti di multinazionali e grandi lobbies responsabili di crimini umani. Una “pagliacciata” se non si fa una pulizia interna e se non c’è la volontà politica di eliminare ogni ingiustizia sociale e di combattere la mafia e la corruzione politica, imprenditoriale e finanziaria all’interno dello stesso sistema. È necessario prendere consapevolezza che siamo di fronte a gravissime forme di autoritarismo e di soppressione di ogni diritto di libertà e di democrazia. Solo con questa coscienza potremo finalmente comprendere il senso della “Resistenza”, di cui si facevano portavoce i partigiani e i nostri padri costituenti, e il senso della “Rivoluzione”, che nell’assurdità di questo mondo rappresenta un atto di sopravvivenza.