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Remocontro
Rapporti dell’Fondo monetario e analisi dell’Economist, fonti certo non ‘colluse’ con Mosca: l’economia russa che gli ‘sanzionatori’ occidentali, soprattutto Usa e Ue, si aspettavano ormai alla vigilia della resa, invece e a sorpresa tiene. Anzi, incredibilmente cresce. Certo, a causa delle necessità belliche in Ucraina, «la recessione resta dietro l’angolo». Ma non solo in Russia.
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Giornali economici a stupirsi (politica a interrogarsi)
Le sanzioni economiche non hanno affossato l’economia russa e il Pil del Paese quest’anno potrebbe addirittura crescere. Già sta crescendo. Ed è quanto emerge dall’ultima previsione del Fondo monetario internazionale che ha rivisto le stime di gennaio, già positive per il gigante eurasiatico dello 0,3%, portandole fino allo 0,7% in più rispetto all’anno passato, e forse oltre. Lontani dalla crisi meglio degli ostili vicini da casa europei. «Se confermato –scrivono prudentemente i giornali economici-, il dato si attesterebbe su un valore maggiore a quello di molti Paesi europei, incluse Germania e Gran Bretagna, e simile ad altri come Francia o Italia».
Ma si litiga anche sulle previsioni
Il tema non solo è delicato, ma certe previsioni scottano in molte case politiche, e sta creando divisioni tra gli analisti internazionali. Innanzitutto, il problema delle fonti utilizzate per tracciare le curve russe di crescita. A prescindere dalla guerra in corso in Ucraina, la Banca centrale russa ha smesso da tempo di pubblicare molti dei dati fondamentali a elaborare compiutamente le stime. Fonti più da spionaggio che da statistiche accettate. Ma questa è la realtà della guerra, e litigare su tutto, se non dice ciò che a te fa più comodo.
Come quando lo stesso istituto finanziario russo aveva previsto per il 2023 una recessione dello 0,8% a inizio anno che di recente ha rivisto a +0,1/0,2%. Prudenza russa buona rispetto al troppo ottimismo FMI?
Previsioni da ‘Maga Magò’
Caos e caduta generale di credibilità, ma non per appartenenza di schieramento, la perorazione seria di Sabato Angieri sul Manifesto. Alcune delle più clamorose contraddizioni.
- Per l’Ocse quest’anno il Pil russo farà registrare una flessione del 2,5%; per la Banca mondiale siamo a -0,2%, mentre per alcuni consulenti russi consultati dall’agenzia Interfax la percentuale negativa sarebbe dell’1,1%.
- Lo stesso Fmi ad aprile 2022, due mesi dopo l’invasione, aveva previsto che l’economia di Mosca sarebbe crollata dell’8,5% nel 2022 e del 2,3% quest’anno.
- Le ultime correzioni, invece, hanno portato i valori ad attestarsi su una contrazione del 2,2% per l’anno passato e a un’inversione di tendenza per l’anno in corso.
Numeri a casaccio prima o adesso?
A fine aprile il settimanale britannico The Economist la spiegava così: «La burocrazia russa ha messo a segno tre imprese negli ultimi 14 mesi. Ha trovato il modo di resistere alla raffica di sanzioni occidentali. Ha fornito abbastanza uomini e materiale per alimentare l’invasione russa. E tutto questo è stato fatto senza un brusco calo del tenore di vita, che potrebbe provocare disordini popolari».
L’economia reale e le sanzioni
E poi c’è la questione delle sanzioni che, secondo l’Economist, non hanno avuto l’effetto devastante annunciato. Intanto perché non hanno colpito gli oligarchi in modo effettivo. Anzi, in alcuni casi, questi sono stati messi nelle condizioni di appropriarsi degli asset lasciati dalle aziende occidentali costrette a lasciare la Russia. In secondo luogo si citano gli spiragli (volutamente) lasciati aperti dalle misure coercitive, come il mantenimento di Gazprombank all’interno del sistema Swift nonostante le importazioni di gas dalla sua holding Gazprom si siano interrotte.
Blocco idrocarburi fallito
Decisivo il fatto che il blocco all’importazione di idrocarburi dalla Russia non ha coinciso con un affossamento del settore energetico: diversi stati, soprattutto Cina e India (che registra un incremento di 20 volte rispetto agli anni passati), hanno aumentato significativamente gli acquisti. Stando ad alcune inchieste pubblicate di recente, alcuni di questi Paesi (il New York Times cita l’India) comprano petrolio per poi rivenderlo in Occidente, invalidando così il meccanismo delle sanzioni.
Triangolazioni dare avere
Ed è vero anche il contrario: il Cremlino usa Paesi amici (Turchia, Armenia, Kazakistan ad esempio) per acquistare beni altrimenti proibiti dalle sanzioni, soprattutto apparecchiature elettroniche, mezzi da lavoro e dispositivi informatici. Salvo un vero punto debole che l’Economist lo spiega molto semplicemente: «L’economia russa può sopportare una guerra lunga, ma non una guerra più intensa, qualsiasi tentativo di intensificare il conflitto annullerebbe inevitabilmente questi successi». Previsione economica o politica? A che tasso di credibilità? ‘Più intensa’ come?, sino al nucleare?
Effetti a lungo termine
Inoltre, gli analisti più severi verso Mosca, sottolineano gli ‘effetti a lungo termine’, dei quali -la loro accusa-, le stime economiche dell’Fmi non tengono conto ma che, finiranno irrimediabilmente per operare una separazione netta tra la Russia e una parte significativa di mondo oltre a rendere il suo sistema socio-economico «fragilissimo».
Fragilità incrociate e popoli a pagare
Una piccola scossa agli attuali impegni militari russi come la necessità di una nuova mobilitazione o la necessità di aumentare le spese militari per conquistare integralmente il Donbass «potrebbe repentinamente rompere quest’equilibrio e far precipitare il Paese in una recessione simile a quella degli anni ’90».
Ma anche qui vale l’impegno di Remocontro di esercitare sempre (sia l’economia russa crescente o a precipizio), la sana virtù del dubbio. Riferendo con attenzione le fonti. Resta il dibattito apert in tutto il Fronte Occidentale sulla efficacia reale della politica delle Sanzioni.
12 Maggio 2023