Iskrae prosegue nella ricerca di alcune parti dei racconti dei brigatisti (e non solo) che rimangono, sin qui, poco chiari e/o omessi e che vorremmo portare a galla.
L’intera vicenda Moro è un susseguirsi di “casi”. Era un caso la presenza dell’Austin Morris collocata sul luogo dell’agguato di via Fani; era un caso la presenza della Mini del rudere della X Mas Moscardi; era un caso la presenza del colonnello Guglielmi, era un caso il passaggio della moto Honda, erano casuali i bossoli in dotazione a reparti speciali dello stato; era un caso che il bar Olivetti fosse di proprietà dell’Enpaf, ecc. era invece “sicuro” che la mattina del 16 marzo Aldo Moro e la sua scorta passassero per via Fani. Tantissimi casi e una sola certezza.
Torniamo ai casi. Tutto è casuale secondo i brigatisti; tutto casuale secondo gli apologeti delle Br Casamassima, Armeni, Persichetti; qualcosa meno casuale secondo i giornalisti Manlio Castronuovo, Stefania Limiti, Sandro Provvisionato, qualcosa su cui indagare secondo un rituale predisposto dall’on. Gero Grassi; qualcosa incomprensibile e ininvestigabile secondo l’on. Fioroni, presidente della Commissione Moro e secondo l’isp. Capo della Digos Laura Tintisona. Allora parliamo di un altro caso. Nel settembre 1993 due funzionari del SISDE Carlo Parolisi e Mario Fabbri – con la borsa piena di un miliardo e 3oo milioni partono per Managua. Nel settembre 1993 Valerio Morucci al processo Moro Ter decide di parlare del sottoscritto, perdendo quindi la qualifica giuridica anche formale di dissociato (mentale) ed entrando di diritto a far parte di quella schiera di pentiti a cui, teoricamente, si era sempre opposto anche se poi era solito fare dichiarazioni al fuori dei verbali dei magistrati per mettere la Digos sulla giusta pista per identificare altri brigatisti. Nel 1993 Morucci ha bisogno di un aiuto concreto per ottenere la liberazione condizionale e chi meglio di Raimondo Etro e Rita Algranati per farlo? Nel frattempo Adriana Faranda, anche lei “dissociata” fa il nome del “quarto uomo” presente in via Montalcini: Germano Maccari. Ma lei, poverina, non si ritiene pentita perché libera già lo è……..quindi è……bè occorre trovare un’altra qualifica giuridico/religiosa per la Faranda che adesso di dedica alla fotografia (per la RAI tanto per conoscenza)
A ottobre 1993 la Digos arresta Germano Maccari con l’accusa di essere il quarto uomo di via Montalcini, l’ingegner Altobelli, poco dopo che i funzionari del Sisde sono tornati da Managua. Tutti penserebbero che il Sisde confermi le dichiarazioni della Faranda e appoggino le accuse della Digos. Al contrario il Sisde fa di tutto per scagionare Germano Maccari e accusa al suo posto un poveraccio che non c’entra niente: un certo Giovanni Morbioli.. Ma c’è qualcosa che non convince in quel verbale steso dal Sisde insieme a Casimirri. Si parla di alcuni aspetti del sequestro Moro ma non si parla dell’omicidio Palma al quale Casimirri aveva partecipato come autista. Gli altri due componenti sono il sottoscritto e Prospero Gallinari. Ma guarda un altro caso Morucci, volevo dire Casimirri, inserisce nel commando Rita Algranati – che non c’era – e scagiona uno dei suoi “uomini” Alvaro Lojacono. La tragedia si trasforma in farsa durante l’interrogatorio di Mario Fabbri, Sisde, a suo tempo condannato per favoreggiamento nei confronti della banda della Magliana e compagno di liceo di Alessio Casimirri – che interrogato dal Presidente Giangreco, alla fine della sua deposizione dice di essersi ricordato che prima di imbarcarsi da Managua Casimirri gli aveva consegnato un foglietto con scritto sopra: Caro Mario, sono sicuro che il quarto uomo di via Montalcini è Giovanni Morbioli” (foglietto consegnato al Presedente della Corte e messo agli atti.) Probabilmente per essere assunti al Sisde occorrono due qualifiche 1) essere al di fuori della legge e della legalità democratica 2) credere che la gente comune sia composta per la maggior parte da creduloni. Germani Maccari si trova spiazzato. Difeso da tutti gli ex br, da Morucci e dal Sisde; accusato da Adriana Faranda, dalla Digos e dai pm Marini e Ionta……….Il giorno prima che i periti calligrafi del tribunale presentino il referto sulla sua calligrafia Germano Maccari confessa a Repubblica. Si arriva in aula con la confessione di Maccari già pronta.
Quasi dimenticavo. Il presidente Giangreco chiede se Casimirri abbia ricevuto un compenso in denaro. “Non sia mai” rispondono i due solerti funzionari”. Casimirri infatti è un integerrimo cittadino che non accetterebbe mai compensi in denaro dalla Stato, proprio come Morucci. Fatto sta che il miliardo e 300 milioni non si sa che fine facciano e poco dopo Alessio Casimirri apre in ristorante di lusso alle porte di Managua “La cueva del buzo” (La tana del sommozzatore). In precedenza aveva il ristorante Magica Roma con Manlio Grillo, uno degli autori della strage di Primavalle, compiuta da Potere Operaio (Ma pare che i due ebbero dei contrasti e Casimirri decise di mettersi in proprio). In miliardo e 300 milioni. Probabilmente neanche Patrizio Peci era riuscito ad avere tanto da Dalla Chiesa ed era pentito. Casimirri invece è solo il figlio del portavoce del Vaticano amico del cuore del generale dei carabinieri Santovito.
Ad ogni modo tutti i br chiamati a testimoniare inclusi Savasta, Franceschini, Balzerani negano che Maccari possa essere il quarto uomo. Il patto di Paliano si è allargato di fatto anche agli irriducibili………
Maccari confessa di essere stato l’ing. Altobelli e racconta alcuni particolari poco importanti della sua funzione in via Montalcini. Dice tra l’altro che ad interrogare Moro era solo Mario Moretti. Che gli interrogatori venivano registrati su delle audiocassette che “qualcuno” provò a dattiloscrivere l’audio ma che l’opera si rivelò troppo difficile e che Moretti fece interrompere le trascrizioni. Il Presidente della Corte chiede allora a Maccari: Che fine fecero quelle audiocassette? Maccari, probabilmente anche lui pensando di avere a che fare con dei cerebrolesi disse: Moretti si arrabbiò molto che non si potessero trascrivere le registrazioni degli interrogatori di Moro, prese con sé le registrazioni e le gettò in un cassonetto della spazzatura. Che Moretti non sia una “cima” è cosa ovvia ma che quello che probabilmente eccitatosi guardando il film L’Amerikano abbia avuto un momento di “esaltazione rivoluzionaria” è anche probabile ma che abbia buttato un simile “patrimonio” non lo crederebbe neanche un bimbo di due anni. Ma tant’è.
Il processo Moro quinquies si conclude con la seguente sentenza:
“visti gli artt. 521-533-535 c.p.p., dichiara ETRO Raimondo e MACCARI Germano colpevoli del reato di cui agli artt. 110-112, n.1-61, n.10 e 289 bis C.P., così unificate le imputazioni di cui ai rispettivi capi C) e D), nonché colpevoli dei reati di cui ai rispettivi capi A) e B), e unificati tutti i predetti reati dal vincolo della continuazione, individuata la violazione più grave nel reato di cui all’art. 289 bis C.P. e concesse all’ETRO le attenuanti generiche, condanna ETRO Raimondo alla pena di anni ventiquattro e mesi sei di reclusione e MACCARI Germano alla pena dell’ergastolo, con l’isolamento diurno per sei mesi; entrambi, in solido fra loro, al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al pagamento delle spese della rispettiva custodia cautelare; visti gli artt. 29 e 32 C.P. , dichiara ETRO Raimondo interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale e sospeso dall’esercizio della potestà di genitore durante l’esecuzione della pena;
dichiara MACCARI Germano interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale;
visti gli artt. 538 e segg. c.p.p., condanna ETRO Raimondo e MACCARI Germano, in solido fra loro, al risarcimento dei danni materiali e morali da liquidarsi in separato giudizio in favore delle costituite parti civili.
4) continua