di Gianni Barbacetto
Matteo Renzi annuncia (per la terza volta) il centro di ricerca su genomica e big data che dovrà sorgere a Milano sull’area Expo. Ma restano ancora senza risposta le cinque domande poste dalla senatrice a vita Elena Cattaneo
Rivolto al sindaco Giuseppe Sala, Matteo Renzi dice sorridendo: “Scusa Beppe, la mia presenza in questa città sta diventando stalking”. È davvero spesso a Milano, il presidente del Consiglio: per la settimana della moda, per il piano industria 4.0, per il patto per Milano. E ieri ancora una volta per Human Technopole, il parco scientifico che dovrà sorgere sull’area Expo. Ha scelto Milano come la città “che invece di dire no, deve prendere per mano il Paese e portarlo nel futuro” (ogni riferimento a Roma e alle olimpiadi è puramente voluto). Nuovi squilli di tromba, dunque, per ri-annunciare la partenza del Tecnopolo (è la terza volta, sempre nella sala del Piccolo Teatro: 10 novembre 2015, 24 febbraio 2016 e ieri 27 settembre). La notizia non c’è, tanto che lo stesso Renzi esordisce così: “C’è aria di déjà vu”.
Ma qualcosa effettivamente è cambiato, dal novembre scorso. A incrinare il progetto iniziale è stata la rivolta dei ricercatori e dei rettori, le cui ragioni sono state espresse dalla ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo. Quel primo progetto sembrava tanto “una toppa glamour da mettere al dopo Expo”, dopo che la gara per vendere l’area ai privati era andata deserta. Ma a indignare Cattaneo era soprattutto la mancanza di trasparenza e competizione meritocratica di un progetto affidato al comando dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova: “un ente prescelto arbitrariamente, senza bando”, mentre “nella scienza, come per gli appalti pubblici, ogni assegnazione politico-economica di fondi pubblici non può prescindere da una competizione per finanziare le migliori proposte”.
Ora il tiro è stato aggiustato, anche grazie all’intervento in Senato del presidente emerito Giorgio Napolitano. Il nuovo decreto ministeriale su Human Technopole (Ht) stabilisce che la gestione del futuro polo tecnologico spetterà a un ente terzo, autonomo a trasparente, da istituire con la prossima legge di stabilità. Partita vinta, dunque? No. Resta aperta la delicatissima fase intermedia: 24 mesi in cui a comandare sarà ancora Iit. “Non è chiaro perché”, chiosa Elena Cattaneo in un intervento su Repubblica, “si debbano assegnare così tante risorse pubbliche, e ancora senza un bando, a un ente tra l’altro non specializzato negli ambiti caratterizzanti Ht” come la genomica.
Non solo: “Non vi saranno ricerche sperimentali attive” sull’area Expo “per alcuni anni (fatta eccezione per qualche computer)”. Dunque gli istituti di ricerca coinvolti “beneficeranno dei finanziamenti – di nuovo senza bando – pensati per Ht ma di fatto ‘stornati’ su attività che svolgeranno nelle loro sedi”. Terza perplessità della senatrice: “Non è chiaro che fine faranno con la nuova governance dell’ente terzo le decisioni prese e il personale eventualmente reclutato” da Iit nei prossimi 24 mesi. Perché allora “non prevedere con la prossima legge di stabilità che sia il nuovo ente terzo ad aprire i bandi internazionali per il reclutamento della dirigenza?”. “È inoltre incomprensibile nominare e pagare dirigenti di ricerca che a Rho non si farà per anni”.
Quarto problema: Non è chiaro “come questo disegno ‘milanese’ interagirà con la ricerca nazionale”: “tanti bravissimi giovani studiosi mi scrivono, pieni di frustrazione all’idea che a fronte di un ente che non c’è e di competenze tutte da fare, si buttano a mare quelle che esistono sparse in tutto il Paese. La ricerca italiana, oggi, sono loro”. Lo storytelling di Renzi sul supercentro Ht che “dovrà competere con i migliori centri di ricerca al mondo” s’infrange sulla realtà della ricerca che c’è già – ma che lui non conosce.
Quinta e ultima domanda di Elena Cattaneo: nella fase di transizione, Iit sarà affiancato da un Comitato di coordinamento presentato come “comitato esterno alla governance del soggetto chiamato in causa per i primi 24 mesi”, cioè Iit. Ma come può essere “esterno” un organismo che avrà al suo interno (oltre ai rappresentanti dei ministeri e ai rettori milanesi) anche il direttore e il presidente di Iit? Controllore e controllato saranno una cosa sola.
Di tutti questi problemi non si è sentito neppure l’odore, nella struggente sala del Piccolo Teatro che vide la rinascita culturale di Milano nel dopoguerra di Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Ma un’assenza segnalava – come in un setting lacaniano – un problema ulteriore: non era presente Gianluca Vago, rettore dell’università statale di Milano. “Precedenti impegni istituzionali”, si dice in questi casi. Ma Human Technopole, con la sua dote di 1,5 miliardi promessi dal governo, occuperà 30 mila metri quadrati dell’area Expo, che è di oltre 1 milione di metri quadrati: una piccola raffinata boutique in un immenso centro commerciale per ora ancora vuoto.
A dare attrattività all’area, richiamando anche le aziende private (Ibm, Nokia, Bayer e chissà chi altro) è l’impegno della Statale di trasferire lì le facoltà scientifiche e il campus universitario. Spesa prevista: 400 milioni. Due terzi dei soldi possono essere trovati dall’università, ma il resto, circa 130 milioni, dovrebbero arrivare dal governo. Renzi però sembra troppo impegnato a duettare con il sindaco Sala e con i suoi amici di Iit per preoccuparsi di questi particolari. Da cui dipende, però, la tenuta o il crollo dell’operazione Human Technopole.
Il Fatto quotidiano, 28 settembre 2016