Il grande rischio è infatti il collasso del sistema bancario italiano, non l’esito del referendum di domenica prossima
In Italia è in corso una grande operazione di disinformazione. Da un canto, vi è Matteo Renzi che sta giocando sulla paura per evitare una bruciante sconfitta al referendum sulle riforme costituzionali che si terrà domenica prossima. Dall’altro, buttandola in politica vi è il tentativo, che sembra riuscire, di coprire i responsabili della situazione prossima al collasso del sistema bancario che ora viene accentuata dall’effetto Donald Trump, che ha spinto al rialzo i tassi di interesse segnando la fine della lunga epoca di un costo del denaro mai cosî basso. Infatti ben nove istituti di credito italiano sono a rischio di fare la fine delle quattro banche già in liquidazione. E la crisi di un’altra banca – è facile prevedere – porterebbe ad una corsa agli sportelli dagli effetti disastrosi. La crisi del sistema bancario viene addebitata a un lungo periodo di recessione e stagnazione dell’economia italiana. C’è del vero in questa tesi, ma non spiega tutto e soprattutto copre i colpevoli.
Non vi è dubbio che l’economia italiana ha vissuto un periodo che verrà molto probabilmente definito dagli storici con il termine “depressione”. Infatti il PIL italiano in termini reali è ancora oggi del 9% inferiore a quello del 2007, ossia dell’anno precedente la grande crisi finanziaria, e si aggira attualmente attorno ai livelli di venti anni fa. Non vi è nemmeno dubbio che una contrazione dell’economia di questa entità provoca effetti negativi sulla qualità dei crediti di ogni sistema bancario. E infatti le banche italiane – stando alla stessa Banca d’Italia – sono schiacciate da 200 miliardi di euro di sofferenze, ossia da crediti inesigibili. Queste cifre sottostimano sicuramente la vera entità dei buchi, poiché gli istituti sull’orlo del collasso sono inevitabilmente spinti a contabilizzare generosamente il valore dei loro crediti con l’obiettivo di far apparire meno grave la loro situazione. Dunque il problema è estremamente grave ed è reso politicamente esplosivo dalle regole europee del cosiddetto “bail in” che cercando di scongiurare l’uso di mezzi pubblici per salvare una banca e quindi prevedono che l’intervento statale avvenga solo dopo aver fatto pagare il conto ad azionisti e detentori di obbligazioni.
Dunque, se è vero che la crisi ha inciso in maniera drammatica sui conti delle banche italiane, è anche vero che in tutti i casi finora emersi vengono alla luce comportamenti “criminali” da parte delle stesse banche. Ad essere diventati problematici non sono solo e tanto i crediti concessi alle aziende colpite dalla crisi economica, ma le continue iniezioni di liquidità concesse a grandi clienti grazie alle connivenze (non solo politiche) con i manager degli istituti di credito. Non è un segreto per nessuno che alcune aziende per ottenere credito dovevano pagare una specie di tangente ai dirigenti della banca o sottoscrivere le obbligazioni dell’istituto o comprare le sue azioni. E’ pure noto che anche i piccoli risparmiatori sono stati spinti dai consulenti delle banche ad acquistare le loro obbligazioni e anche azioni. Nessuno parla dei rapporti incestuosi tra manager e grandi clienti delle banche in difficoltà, nessuno parla della corruzione diffusa nel sistema bancario italiano. Vi è una specie di omertà.
Ma vi erano autorità di sorveglianza che avrebbero dovuto denunciare questi comportamenti e che avrebbero dovuto lanciare grida di allarme sul deterioramento delle condizioni di salute del sistema bancario. Tutto ciò non è avvenuto: vi è stata una consapevole copertura di questi comportamenti. La Consob non ha voluto vedere le truffe ai danni dei piccoli risparmiatori spinti ad acquistare azioni e obbligazioni delle banche, che oggi valgono quasi nulla, la Banca d’Italia ha continuato a fare ispezioni che si chiudevano con documenti riservati, che mettevano in evidenza le criticità, e con dichiarazioni pubbliche che rassicuravano sostenendo che il sistema era sano e solido. Insomma, una vera e propria connivenza che assomiglia alla fattispecie dell’associazione a delinquere. E infatti le connivenze arrivano fino ai piani alti del sistema finanziario occidentale: prima di essere nominato a dirigere la Banca centrale europea, il numero uno di Banca d’Italia era Mario Draghi. Anche dopo essersi trasferito a Francoforte, Mario Draghi nella sua nuova funzione ha sempre seguito attentamente quanto succedeva in Italia e dall’inizio di quest’anno è addirittura responsabile della sorveglianza delle grandi banche europee. Mario Draghi e poi l’attuale governatore Vincenzo Visco con la complicità del Governo e della politica sono i veri colpevoli di questa crisi. Eppure solo pochi ne parlano. E’ facile capirne le ragioni. Nessuno, né i manager delle banche né le autorità di sorveglianza, pagherà il conto di questo disastro. Ad essere rovinato saranno i piccoli risparmiatori, ossia quelli che una volta in Italia si definivano il “parco buoi”.
Dunque non è stata solo e tanto la crisi economica a produrre il dissesto delle banche italiane, ma il comportamento dei dirigenti degli stessi istituti e l’omertà degli organi di sorveglianza, ossia della Banca d’Italia e della Consob. Questi ultimi dovrebbero essere sfiduciati, ma il Governo presieduto da Matteo Renzi li sta di fatto coprendo, accreditando la tesi che l’intero sistema italiano (non solo quello bancario) è marcio. Si tratta di una ragione di più per votare no, sapendo che la prossima crisi finanziaria italiana non sarà causata dall’esito del referendum, ma da un sistema di connivenze e di malaffare che frustra gli sforzi delle decine di migliaia di grandi imprenditori e dei milioni di lavoratori che ancora permettono al Bel Paese di stare in piedi nonostante la puzza che emana dalle élite che lo governano.