Sono tre i ricercatori del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ad aver prodotto uno studio choc sulla centrale Enel di Cerano, che si trova nel territorio di Brindisi. Cristina Mangia, Marco Cervino ed Emilio Gianicolo hanno pubblicato gli esiti della loro ricerca riguardanti la zona della centrale a carbone e i dati sarebbero allarmanti.
In tutta la Puglia meridionale, 44 decessi all’anno sarebbero da collegare all’inquinamento. La centrale termoelettrica a carbone dell’Enel, Federico II, una tra le più grandi d’Europa smentisce sulle emissioni inquinanti: “non c’è pericolo per la salute”, definendo la relazione “fuorviante”.
La Procura di Brindisi ha già iniziato a muoversi ed è già in corso un processo per valutare la dispersione delle polveri di carbone e l’effetto sulla salute dei cittadini. In effetti le conclusioni dello studio dei tre ricercatori fanno pensare ad una situazione piuttosto grave: “Emerge in modo inequivocabile come in presenza di emissioni provenienti da installazioni industriali che portano alla formazione di particolato secondario, questo debba essere considerato nelle valutazioni di impatto ambientale e sanitario. L’indagine condotta nel caso di studio specifico della centrale di Brindisi ha evidenziato, infatti, che ignorare il ruolo del particolato secondario conduce ad una sottostima notevole dell’impatto che la centrale ha sulla salute delle popolazioni. Se viene considerato anche il particolato secondario aumenta l’area geografica interessata dalle ricadute e dunque la popolazione esposta all’inquinamento originato dalla centrale termoelettrica. Aumenta, conseguentemente, il numero dei decessi a questa attribuibile”.
Si contano 4 morti l’anno, se si considera solo il particolato primario che ha il suo massimo di concentrazione ad una distanza di circa 6 chilometri dalla fonte, ma i decessi aumentano se si considerano anche gli effetti del particolato secondario, i cui picchi si registrano ad una distanza tra i 10 e i 30 chilometri, in questo caso il numero delle morti oscilla da un minimo di 7 ad un massimo di 44. Le zone più esposte sono quelle a sud-est di Cerano.
Lo studio è sicuramente destinato a far discutere tutta la comunità scientifica sia in Italia che all’estero, data anche la pubblicazione nella rivista International Journal of Environmental Research and Public Health. Anche tra i medici ISDE, sono stati molti quelli che hanno cercato di dare una loro interpretazione alle conclusioni della relazione dei ricercatori schierandosi sulle posizioni più disparate.
ISDE –Italia dovrà valutare attentamente lo studio e sarà opportuno attendere anche il riscontro della Procura di Brindisi che sta portando avanti le indagini sulla questione. Nel frattempo l’Associazione dei Medici per l’Ambiente non può che schierarsi dalla parte della ricerca e dell’impegno di medici e ricercatori che ogni giorno cercano di portare allo scoperto situazioni che altrimenti sarebbero ancora più dannose per la salute delle persone e per l’ambiente.
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