IL BILANCIO? DAL 1999 L’INFLAZIONE È AUMENTATA DEL 37,4%.
L’ASSENZA DELL’AUTHORITY.
NEL 1970 LA RETE ERA SECONDA SOLO ALLA GERMANIA, OGGI È LA METÀ DI QUELLA SPAGNOLA
Sergio Rizzo
ROMA – «Non è follia ma il risultato di una decisione politica che vede un aumento degli investimenti come strumento per favorire la crescita. Se i governi, a partire dal 2004, non ci avessero chiesto investimenti addizionali rispetto alla Convenzione del 1999, come la Variante di Valico, le tariffe sarebbero aumentate meno dell’inflazione». Fin qui le parole con cui l’amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci ha giustificato a Radio24 il nuovo incremento delle tariffe autostradali. Aumento ormai rituale all’inizio di ogni anno, fra immancabili polemiche. Culminate questa volta con la protesta choc del segretario leghista Matteo Salvini, passato al casello di Gallarate Nord senza pagare il pedaggio. Una dimostrazione tanto clamorosa quanto singolare considerato che mai era stata messa in atto quando il governo di cui il Carroccio faceva parte, per nove degli ultimi tredici anni, assicurava alle potentissime concessionarie la cui associazione è presieduta dal vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona, incrementi tariffari sorprendenti. Dal 1999, anno della privatizzazione della società Autostrade, al 2013, i pedaggi sono saliti in media del 65,9 per cento a fronte di un’inflazione del 37,4 per cento. Quasi il doppio. Mandando in orbita i profitti della principale concessionaria. Fra il 2000, primo anno successivo alla privatizzazione, e il 2012, ultimo anno di cui è disponibile il bilancio annuale, gli utili netti di Autostrade spa (fino al 2002) e di Autostrade per l’Italia (dal 2003) hanno toccato 6 miliardi 852 milioni 902 mila euro. In valuta 2012, fanno 7 miliardi 688 milioni 395 mila euro. Ossia, ben 4,2 miliardi in più rispetto ai 3,4 (sempre in euro 2012) incassati dallo Stato per la cessione delle quote di maggioranza relativa al gruppo guidato dalla famiglia Benetton. E senza che gli utenti abbiano beneficiato delle riduzioni di prezzo del servizio che normalmente, causa maggiore efficienza, dovrebbero seguire ogni privatizzazione. In compenso, però, è d’obbligo ricordare che i due maggiori concessionari autostradali, il gruppo di Autostrade per l’Italia (nel cui collegio sindacale troviamo anche il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua) e il gruppo Gavio, hanno prontamente risposto nel 2008 alla chiamata del governo di Silvio Berlusconi entrando a far parte della cordata Alitalia guidata da Roberto Colaninno. Nel conto dei suddetti aumenti tariffari, poi, manca ancora l’ultimo incremento del 3,9 per cento dal primo gennaio 2014. Va precisato che in questo ultimo caso sono state persino ridimensionate le pretese dei concessionari, i quali rivendicavano un rincaro del 4,8 per cento. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha spiegato che c’era «l’esigenza di attenuare l’impatto degli incrementi tariffari sull’utenza in un periodo di perdurante crisi economica». Senza però aggiungere un dettaglio fondamentale: che il 3,9 per cento è più del triplo dell’inflazione registrata nel 2013. Se questa si chiama «attenuazione»… Lupi ha aggiunto che la riduzione delle pretese tariffarie dei concessionari «determina un risparmio per l’utenza di 50 milioni l’anno»: risparmio che sarà ampiamente compensato dal rincaro delle merci autotrasportate. Mentre chi si aspettava che almeno l’authority battesse un colpo, come i sindacati, è rimasto deluso. Perché in Italia, per chi non se ne fosse accorto, esiste anche un’autorità dei Trasporti «indipendente», e da ben sei mesi. La presiede l’ex braccio destro di Colaninno nella scalata a Telecom, Andrea Camanzi, con a fianco l’ex onorevole di Forza Italia Mario Valducci e la dirigente delle Infrastrutture Barbara Marinali. Siccome ogni città vuole la sua authority, questa l’hanno piazzata a Torino: da lì è arrivato solo un assordante silenzio. «Dov’è l’authority? Quando comincia a occuparsi di tariffe?», ha chiesto indignato il segretario della Fit Cisl Giovanni Luciano.Eppure sarebbe interessante una valutazione «indipendente» di questa vicenda. Sia sull’andamento delle tariffe che sugli investimenti che hanno reso inevitabili gli aumenti monstre. Ci limitiamo a ricordare che nel 1970 l’Italia era in Europa il Paese con la maggiore dotazione autostradale, seconda solo alla Germania, e oggi ha una rete pari alla metà di quella spagnola. Questo nonostante 6 mila veicoli per chilometro di autostrada, contro i 2.300 della Spagna e i 3.300 della Francia. E la Variante di Valico, la cui realizzazione fu decisa nel 1997, due anni prima della privatizzazione di Autostrade, non è ancora aperta.
13 GENNAIO 2014