Tissone, capo del Sindacato italiano dei lavoratori di polizia: “Quelle di Tortosa sono dichiarazioni farneticanti. Questi personaggi vanno isolati”
Lidia Baratta
«Dichiarazioni farneticanti, che non ci rappresentano». È così che Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil, bolla le parole di Fabio Tortosa, il poliziotto che il 9 aprile scorso ha scritto orgoglioso sul suo profilo Facebook: «Io sono uno degli 80 del VII NUCLEO. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci entrerei mille e mille volte». Solo due giorni prima, per la “macelleria messicana” (parole dell’allora vicequestore Michelangelo Fournier) della scuola Diaz l’Italia era stata condannata dalla Corte di Strasburgo. Il post di Tortosa ha ricevuto oltre 190 like e un profluvio di commenti positivi e di solidarietà da parte di molti colleghi e non solo. Tortosa ha detto poi di essere «stato frainteso», sottolineando che «il nostro operato è stato nel pieno rispetto della legalità». Intanto la pagina Facebook “Fabio Tortosa fuori dalle forze di polizia” ha superato i 9mila like e il Dipartimento di Pubblica sicurezza ha aperto un’inchiesta interna. Ma il leader del Sindacato italiano dei lavoratori della polizia prende le distanze e si dissocia: «È una frase fuori luogo e stupida su una pagina delicata e triste del nostro Paese. Sono parole che ci fanno fare un passo indietro su una professionalità acquisita anche grazie purtroppo agli episodi del G8 di Genova, dopo i quali abbiamo puntato su una formazione degli agenti in cui la violenza deve essere solo l’extrema ratio. I violenti non devono stare nei reparti mobili».
Tissone, come commenta le parole di Tortosa?
Sono dichiarazioni farneticanti che non ci rappresentano e che gettano un’onta sull’accertamento dei fatti dei giorni del G8 di Genova, fatti per i quali Antonio Manganelli (ex capo della polizia, ndr) ha chiesto scusa. Sono parole che riaprono una dolorosa ferita su quanto accaduto alla scuola Diaz di Genova e che creano un certo disagio nei confronti degli operatori di polizia che invece svolgono ogni giorno il proprio lavoro con sacrificio e rispetto nei confronti del cittadino.
Ma i famosi poliziotti picchiatori fascisti esistono?
Sono frange di persone fuori dalla realtà, ma credo comunque che nella polizia ci siano gli anticorpi sufficienti per isolarli. Se esistono queste persone non sono di certo la maggioranza dei poliziotti. Chi si comporta in modo folle e scellerato deve essere isolato. Comprendo lo stato di disagio che qualcuno può vivere. Ma se ci sono poliziotti che manifestano questo disagio tramite comportamenti violenti o dichiarazioni farneticanti, queste persone non possono stare nei reparti mobili. Il dipartimento si deve assumere le proprie responsabilità nei confronti di chi non è all’altezza di esercitare un compito sì difficile ma che non può portare a eccessi violenti.
Quali conseguenze hanno dichiarazioni come quelle di Tortosa?
Dichiarazioni come queste creano un danno nei confronti di tutte le vittime dell’assalto alla scuola Diaz ma anche nei confronti degli operatori di polizia dei quali invece il cittadini deve potersi fidare. Ci sono 90mila poliziotti impegnati su tanti fronti in questo momento, dai reati comuni che riguardano i cittadini alla lotta alla criminalità organizzata fino al versante immigrazione sul quale sono impegnati 8mila operatori. Poliziotti che lavorano spesso in condizioni difficili per 1.200 euro al mese.
Cosa è cambiato dopo il G8 di Genova?
Dal G8 di Genova in poi i reparti mobili ricevono una formazione che punta sul dialogo e vede nell’utilizzo della violenza solo l’extrema ratio. Da anni il personale viene formato per limitare l’uso della forza. A Nettuno è stata creata una scuola di formazione voluta da Manganelli per la gestione dell’ordine pubblico, in particolare nelle situazioni di tensione. È una scuola rivolta soprattutto ai dirigenti. Il reparto mobile interviene se c’è un ordine. Quindi c’è bisogno di formare una classe dirigente che sia in grado di impartire ordini e disposizioni. Un conto è ordinare la carica, un altro la carica di alleggerimento. Bisogna capire in quali situazioni intervenire e in quali intervenire può essere peggio. Per intenderci, da una parte c’è il modello Genova in cui sono stati mostrati i muscoli, dall’altra c’è il modello Firenze, quello della manifestazione no global dell’anno dopo, in cui si è scelto di stare da parte. C’è bisogno della giusta formazione per garantire sicurezza e lo svolgimento pacifico delle manifestazioni.
Come si gestisce l’ordine pubblico in una situazione di tensione?
Non c’è un’unica gestione dell’ordine pubblico, dipende dalla piazza e dalle situazioni. È un aspetto molto delicato del nostro lavoro. È vero che nelle manifestazioni di operai, studenti o cittadini che protestano per la casa spesso ci sono persone infiltrate per portare scompiglio con atti e gesti vandalici e offendere i tutori dell’ordine. Abbiamo chiesto al governo di intraprendere provvedimenti legislativi più efficaci che portino al riconoscimento e alla identificazione dei violenti in tempi ristretti con l’inasprimento delle pene. Alzare un manganello su un operaio è sbagliato. Ma, va detto, dipende dalle circostanze. Quando durante una manifestazione sale la tensione, magari perché nel corteo si riceve una notizia, è sempre difficile gestirla. Sono situazioni delicate.
Come ci si comporta in quei casi?
Ad esempio, molti ci hanno chiesto perché non abbiamo caricato i tifosi olandesi che hanno danneggiato la Barcaccia di Roma. Intervenire alla Barcaccia di Roma, con tutti i turisti che c’erano intorno, sarebbe stato peggio degli stessi danni causati alla Barcaccia. Si sarebbero colpiti i facinorosi rischiando di far del male anche a degli innocenti. Bisogna valutare ogni volta se l’intervento non possa generare conseguenze peggiori di quelle che si vuole evitare.
Anche i poliziotti hanno i nervi tesi?
Negli ultimi anni abbiamo registrato una crescita esponenziale dei poliziotti feriti durante le manifestazioni. I reparti mobili sono sempre più spesso oggetto di lancio di uova e bombe carta. Il personale è in continua tensione. Senza dimenticare che i contratti sono bloccati da cinque anni e che siamo sotto organico ormai da tempo. Quest’estate quelli che andranno a sopperire alle carenze di organico per Expo dovranno rinunciare alle ferie, per esempio.
Cosa dobbiamo aspettarci per la manifestazione del 1 maggio a Milano per la partenza di Expo? I servizi segreti hanno parlato di danni 10 volte più grandi quelli del G8 di Genova…
Per la manifestazione del primo maggio a Milano è previsto l’arrivo dei black bloc, e stanno già partendo contingenti di reparti mobili che presidieranno la città a cominciare proprio dal 1 maggio. Nei sei mesi di Expo tutte le questure manderanno personale per rispondere alle esigenze di sicurezza e rafforzare gli organici. Un conto è gestire la manifestazione di un solo giorno, ma se pensano di devastare la città nei sei mesi di Expo bisognerà prendere dei provvedimenti.
15/04/2015