di Gianni Barbacetto
In mezzo al guado tra Expo e dopo Expo, ci sono 200 milioni di euro che passano da una mano all’altra come nel gioco delle tre carte: 80 milioni stanziati dal governo nel novembre 2015 per il polo tecnologico; 50 milioni messi a disposizione dalla Regione Lombardia per gli spettacoli di questi mesi sul sito dell’esposizione (progetto Fast Post Expo); 75 milioni pagati a Expo spa (ormai in liquidazione) da Arexpo spa (la società proprietaria dei terreni che è diventata lo sviluppatore immobiliare dell’operazione dopo Expo). Sono, in totale, 205 milioni di denaro pubblico che hanno l’effetto di mascherare il buco di Expo spa.
Soldi freschi che si aggiungono ai 2,2 miliardi di euro spesi per costruire e gestire l’esposizione universale, che ha infine avuto ricavi (biglietti, sponsorizzazioni, royalties) non superiori agli 800 milioni. Questo investimento pubblico miliardario non è bastato per chiudere l’operazione che – da mission aziendale – doveva essere completata da Expo spa anche con lo smantellamento dei padiglioni (40 milioni) e la chiusura della società (18 milioni). Ecco dunque che arriva il “soccorso rosso” di altro denaro pubblico, un po’ mascherato per non far fare brutta figura a Giuseppe Sala, il commissario diventato intanto sindaco di Milano, unica consolazione di Matteo Renzi alle ultime elezioni. Proprio per “ringraziarlo”, Renzi è venuto nei giorni scorsi a incontrarlo e annunciare un “patto per Milano” che schiera il governo a sostegno dell’amministrazione comunale.
Il caso più clamoroso di “investimenti mascherati” è quello degli 80 milioni per il polo tecnologico: a novembre sono stati spacciati come soldi per la ricerca, primo contributo per dare il via a Human Technopole (Ht), il centro scientifico su genoma e big data; ma saranno usati per sistemare le “stecche”, cioè i prefabbricati che durante l’esposizione universale ospitavano bar, ristoranti e servizi, e che in futuro potranno accogliere i laboratori di ricerca Ht. I 50 milioni della Regione sono invece gestiti da Arexpo per tenere aperta una parte dell’area Expo: ma sono una cifra spropositata per realizzare concerti e spettacoli estivi che oltretutto attirano, in qualche caso, un pubblico davvero piccolo. I 75 milioni che Arexpo ha promesso a Expo (50 per fine 2016, 25 per metà 2017) dovrebbero invece compensare le opere che hanno valorizzato le aree su cui è stata impiantata l’esposizione.
Intanto, il guado tra Expo e dopo Expo durerà almeno due anni. E il nodo centrale è Human Technopole. È il progetto che dovrà dare un senso agli enormi investimenti pubblici realizzati su quell’area che nessuno ha voluto ricomprare, quando è stata messa a gara per 314 milioni nel novembre 2014. Il “piano B” è stato Human Technopole. Affidato all’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova con una dote promessa di 1,5 miliardi in dieci anni. I primi 80, come abbiamo visto, non andranno in ricerca. Ma chi li gestirà? Dopo la sollevazione dei rettori delle università e di gran parte della scienza italiana, che chiedevano un ente terzo, autonomo e indipendente per gestire quei soldi, è stata annunciata la costituzione di una fondazione, che però nascerà solo entro un paio d’anni. Nel frattempo, funzionerà un Comitato degli 11, consultivo, composto da un rappresentante del ministero dell’Economia (Mef), da uno dell’Istruzione (Miur), dai tre rettori di Statale, Politecnico e Bicocca, dal presidente del Cnr, da un rappresentante dell’Istituto Superiore di Sanità, da uno di Iit e da tre scienziati scelti dai ministeri Mef e Miur.
Tramonta dunque la dittatura di Iit contro cui erano intervenuti molti scienziati tra cui Elena Cattaneo e l’ex presidente Giorgio Napolitano. Ma nell’immediato, chi gestirà i primi 80 milioni già stanziati? Iit, con una struttura però a contabilità separata e un direttore operativo esterno scelto con bando pubblico internazionale. Resta il problema della trasparenza: potranno sapere i cittadini come saranno spesi i loro soldi? Andranno davvero in ricerca o a mascherare i conti traballanti di Expo? Il rifiuto dei verbali Expo e Arexpo chiesti dalla consigliera regionale Cinquestelle Silvana Carcano non promette bene.
Il Fatto quotidiano, 14 luglio 2016