(© Ansa) Un’attivista fuori dalla sala convegni in cui è stata presentata la relazione della commissione Chilcot.
Il mondo civile e responsabile si dovrebbe indignare (e non solo!) per le responsabilità di Tony Blair nella Guerra in Iraq, del 2003, dove sono morte, in quella terra, centinaia di migliaia di persone e, altrettante, per azioni violente senza che vi fosse una benché minima ragione plausibile.
Cose che non sono emerse dal dossier di sir John Chilcot, che non è un giudice o membro di una commissione d’inchiesta con poteri investigativi e che, quindi, si è limitato ad un semplice rimbrotto nell’errore di essere entrati nel conflitto perché poco conveniente.(sic!)
Le responsabilità di quel conflitto (come da sempre sostenuto), non sono attribuibili al solo Blair ma anche al “cugino” statunitense Bush e che dovrebbero essere, entrambi, deferiti al Tribunale internazionale per essere condannati come criminali di guerra.
Questo dossier non prova niente di più di quanto si soteneva anni fa e che, invece, dimostra la complicità dell’establishment britannico sul non voler perseguire penalmente i responsabili di tanta crudeltà. Se fossero persone serie dovrebbero iniziare a risarcire economicamente quel paese (Iraq) per le distruzioni delle strutture per, poi, rimediare con dichiarazioni ufficiali all’ONU nell’aver perseguito una condotta errata che ha causato morti innocenti e basate su documentazione palesemente falsa. Non ultimo, uscire dalla NATO che li ha spinti a procedere in quella direzione… Cose che non faranno assolutamente perché il potere imperialistico non li lascia scegliere liberamente. Contrariaente a quanto sostengono di dire “essere un paese all’avanguardia”. All’avanguardia in stragi sicuramente.
MOWA
Iraq, la commissione Chilcot inchioda Blair
La relazione dell’inchiesta britannica sull’invasione anglo americana del 2003: «La guerra non era necessaria, basata su intelligence carente». L’ex premier: «Ero in buona fede, ma mi assumo responsabilità».
Tony Blair presentò nel 2003 all’opinione pubblica britannica prove sul fatto che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa «con una certezza che non era giustificata, scatenando una guerra che si poteva evitare e che non era necessaria».
Parole che pesano come pietre, dette da sir John Chilcot nel presentare il tanto atteso rapporto sulla partecipazione del Regno Unito alla guerra in Iraq al fianco degli Usa: «L’azione militare contro Saddam Hussein non era l’ultima opzione. Gli Usa e la Gran Bretagna minarono l’autorità dell’Onu».
INTELLIGENCE CARENTE. Il conflitto è stato basato su dati di intelligence «imperfetti» e portato avanti con una progettazione «totalmente inadeguata».
La commissione rimane tuttavia vaga proprio sulla prima domanda posta dalla storia e dall’opinione pubblica: è stata una guerra illegale? Le circostanze con cui è stata stabilita una base legale per la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, risponde evasivamente il rapporto, erano «lungi dall’essere soddisfacenti».
INCHIESTA MONSTRE. Dopo anni di attese e rinvii, le conclusioni della commissione indipendente d’inchiesta voluta dal primo ministro Gordon Brown inchiodano alle sue responsabilità Blair per le bugie e i segreti che spianarono la strada alla partecipazione britannica al fianco di Bush nella guerra contro Saddam.
L’inchiesta – 2,6 milioni di parole, 150.000 documenti analizzati, assunzione di prove da oltre 150 testimoni per un costo di 10 milioni di sterline – sarà l’ultima parola ufficiale sul conflitto che più di tutti ha destabilizzato il Medio Oriente.
BLAIR AVVERTITO DELLE CONSEGUENZE. La novità forse più sostanziale riguarda i moniti rivolti dall’intelligence all’allora premier sui rischi del conflitto. Blair era in effetti stato avvertito sulle conseguenze che avrebbe avuto una guerra in Iraq, a partire dalle nuove minacce terroristiche da parte di Al Qaeda contro il Regno Unito. Sono forti le dichiarazioni di Chilcot, mentre aggiunge che l’allora premier sapeva anche del rischio che armi finissero nelle mani dei terroristi in Medio Oriente.
NESSUNA MINACCIA IMMINENTE. «Nel marzo 2003 non c’era una minaccia imminente di Saddam Hussein contro l’Occidente», continua la relazione. Al contrario, si poteva usare una «strategia di contenimento» sebbene non si potesse escludere la necessità di un conflitto «ad un certo punto».
BLAIR: «ERO IN BUONA FEDE». Blair ha replicato, dicendo di aver preso la decisione di entrare in guerra contro l’Iraq nel 2003 «in buona fede» e in quello che riteneva «essere il miglior interesse del Paese».
Il rapporto, secondo l’ex premier, non ha individuato un «uso improprio o una falsificazione dell’intelligence» e non è emersa una «conclusione» sulla base legale per l’intervento militare. «Andare in guerra in Iraq è stata «la decisione più dolorosa che io abbia mai preso», ha aggiunto, «ma il mondo è un posto migliore senza Saddam Hussein».
CAMERON: «NON C’ERA VOLONTÀ DI INGANNARE I BRITANNICI». Il premier britannico Cameron è intervenuto alla Camera dei Comuni in parziale difesa di Blair, dicendo che «dal rapporto non emerge che ci fosse la volontà di ingannare i cittadini».
«Tutti i deputati che hanno votato per la guerra in Iraq si devono assumere la loro parte di responsabilità», ha dichiarato Cameron.
Più duro il leader labourista Jeremy Corbyn, secondo cui «il rapporto della Chilcot Inquiry mostra come la guerra in Iraq fu un atto di aggressione militare lanciato in base a un falso pretesto».
«MAI PIÙ IN GUERRA COSÌ». «La Gran Bretagna non dovrà mai più entrare in un conflitto in questo modo», ha detto un portavoce delle famiglie dei caduti britannici in Iraq dopo la presentazione del rapporto finale sulla partecipazione del Regno Unito alla guerra del 2003.
Ha chiesto anche che il processo politico con cui il Paese interviene militarmente non sia più manipolabile come è accaduto con l’attacco contro il regime di Saddam Hussein.
06 Luglio 2016