di Gianni Barbacetto
Il ministro dell’Interno Marco Minniti spiega al Fatto quotidiano perché ha deciso di rendere noti i nomi dei due poliziotti che a Sesto San Giovanni hanno fermato, alle 3 di mattina di venerdì 23 dicembre 2016, Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino. Qualche commentatore aveva criticato quella pubblicità, perché metteva a rischio la vita dei due giovani agenti, che ora potrebbero subire la vendetta di qualche gruppo o lupo solitario del terrore. Minniti invita a ragionare: intanto l’identità del poliziotto ferito e ricoverato al San Gerardo di Monza era stata subito resa nota, prima ancora di sapere che la persona rimasta uccisa nello scontro a fuoco era Amri.
“Ma poi è stata una scelta ponderata quella di dire i nomi”, dice Minniti. “Non dobbiamo mostrarci impauriti davanti al terrorismo, dare l’impressione che li riteniamo così potenti da potere venirci a prendere casa per casa. Vede”, argomenta il ministro, “a intervenire non sono stati agenti delle forze speciali, di cui è giusto tenere coperte le identità. L’attentatore di Berlino è stato fermato nel corso di un normale controllo di una normale pattuglia di poliziotti. Poteva finire in due modi: con gli agenti morti, oppure com’è finita, con la morte del terrorista. Di fronte a questo risultato, il migliore possibile in questo caso, non aveva senso tenere segreti i nomi di due agenti che come tantissimi altri fanno il loro dovere e lo hanno fatto bene. Si sarebbe scatenata comunque una ricerca dei loro nomi. E quello dell’agente ferito era già pubblico prima di sapere che il morto era Amri.
“Ma al di là di tutto ciò, ritengo giusto che sia andata così. Vede, il terrorismo islamista non è mica Cosa nostra ai tempi di Totò Riina. L’identità di Ultimo era giusto fosse tenuta segreta, ma oggi la situazione è diversa. Non dobbiamo dare l’impressione che i terroristi siano invincibili. In Italia, ne abbiamo fermato uno, che era ricercato in Germania e in tutta Europa, non con un’operazione speciale, ma con la bella normalità dei controlli di routine. Giusto allora ringraziare i ragazzi che li hanno realizzati. Una sola cosa contesto”, conclude il ministro, “non ho diffuso i nomi dei due agenti con un tweet: perché non ho e non ho mai avuto né un account Tweet, né una pagina Facebook”. (ilfattoquotidiano.it)
Sbatti gli eroi in prima pagina
Due nomi in chiaro premiano due poliziotti che hanno fatto il loro dovere. Ma indicano anche due obiettivi al terrorismo. Così, in poche ore, una storia di efficienza e orgoglio si è trasformata in una vicenda di pericolo e imbarazzo. Luca Scatà e Cristian Movio: questi i nomi dei due poliziotti che dopo le 3 di notte di ieri hanno fermato un uomo a Sesto San Giovanni: un semplice controllo casuale. L’uomo estrae dallo zaino un’arma e spara. Cristian è ferito a una spalla. Luca reagisce con la pistola d’ordinanza: un colpo e l’uomo è a terra, morto. Qualche verifica e poi la scoperta: è Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino.
In poche ore, i due ragazzi della polizia diventano eroi. Ricevono sulle loro pagine Facebook congratulazioni ed elogi. Anche i superiori si complimentano per l’operazione, mettendo in circolo i nomi. Si diffondono i profili e le foto dei due. Il poliziotto ferito è Cristian Movio, 36 anni, di Latisana (Udine), agente scelto, poi ricoverato all’ospedale San Gerardo di Monza. Compare sorridente in una foto sui social, nel letto d’ospedale, attorniato dai colleghi che con le dita fanno il segno della vittoria. L’altro poliziotto è Luca Scatà, 29 anni, di Canicattini Bagni (Siracusa), agente in prova, con alle spalle solo nove mesi di servizio. Segue conferenza stampa del questore di Milano Antonio De Iesu con il vicequestore aggiunto e responsabile del commissariato di Sesto San Giovanni Roberto Guida. Poco dopo, è lo stesso ministro dell’Interno Marco Minniti, alle 12.07 del 23 dicembre, a twittare: “Grazie di vero cuore per la loro professionalità ai poliziotti Cristian Movio e Luca Scatà”.
Passano alcune ore prima che ci si renda conto che rendere pubblici i loro nomi significa indicarli come obiettivo a chi voglia vendicare la morte del terrorista di Berlino. È il capo della polizia Franco Gabrielli a metterlo nero su bianco in una circolare nella quale si invita “a prestare la massima attenzione” per la possibilità di eventuali “azioni ritorsive” nei confronti dei poliziotti e delle altre forze dell’ordine, invitando a mettere in atto ogni iniziativa utile alla sicurezza degli operatori in divisa. Il presidente dell’associazione Fervicredo (Feriti e vittime della criminalità e del dovere), Mirko Schio, commenta: “È l’ennesima riprova di quanto non importi a nessuno, in realtà, dell’incolumità e del benessere degli appartenenti alle forze di polizia. Quanta leggerezza nei confronti della vita dei nostri ragazzi! Ma come è possibile non domandarsi se sia prudente o anche solo opportuno divulgare certi dati rispetto a persone che mettono la propria vita in gioco?”.
Poi i profili Facebook di Luca e Cristian vengono oscurati. Lo annuncia il questore De Iesu: “Abbiamo il dovere di tutelare l’immagine dei nostri agenti, abbiamo detto ai ragazzi di evitare, di non farsi prendere dall’emotività nel loro interesse, è opportuno che non lo facciano, stiamo parlando di una dimensione che non è la criminalità, ma il terrorismo internazionale e c’è un problema di prevenzione”. Ma subito si leva qualche voce a spiegare che le pagine sono state oscurate non tanto per garantire l’anonimato (ormai impossibile) ai due giovani poliziotti, quanto per far sparire immagini e commenti imbarazzanti.
La giornalista milanese Marina Morpugo scrive sulla sua bacheca Facebook: “Si può augurare al poliziotto ferito una pronta guarigione e ringraziarlo per aver fermato quello che parrebbe un criminale e un terrorista, ma al tempo stesso far notare l’anomalia (usiamo questo eufemismo) della pagina Facebook di un poliziotto piena di riferimenti razzisti, ringraziamenti a Hitler compresi? Un rappresentante delle forze dell’ordine non può violare le leggi, e fino a prova contraria l’incitamento all’odio razziale è una violazione delle leggi italiane”. Daniele Sensi, blogger dell’Espresso, scrive sulla sua pagina: “Auguri di pronta guarigione all’agente Cristian Movio, e che, una volta dimesso, ripulisca la propria bacheca Facebook dalle zozzerie contro immigrati, contro Rom, contro Boldrini e contro ex ministro Kyenge che egli stesso ha pubblicato, grazie”. Movio condivideva su facebook post da un sito intitolato “Tutti i crimini degli immigrati”; Scatà pubblicava su Instagram foto di Benito Mussolini e selfie mentre faceva il saluto romano. (Il Fatto quotidiano)
ilfattoquotidiano.it, 24 dicembre 2016; Il Fatto quotidiano, 24 dicembre 2016