di Osvaldo Lamperti
Se sull’EXPO 2015 di Milano, dal punto di vista giudiziario, sta piovendo intensamente, sul MOSE di Venezia imperversa tutt’ora una vera e propria tempesta di reati, che sta investendo più di cento personaggi.
Le custodie cautelari chieste della Procura di Venezia hanno coinvolto ben 35 persone; in manette sono finiti, Giorgio Orsoni, sindaco della Serenissima del Partito Democratico, che si è dimesso, Renato Chisso, assessore regionale di Forza Italia, e Giampiero Marchese, consigliere regionale del PD.
Le accuse formulate nell’inchiesta giudiziaria sono sempre le solite: collusione, corruzione, interessi privati in atti d’ufficio, tangenti e perfino riciclo di denaro in nero.
La richiesta di arresto è stata fatta pure per Giancarlo Galan, ex governatore del centrodestra del Veneto, dal 1995 al 2010, ex ministro del governo Berlusconi e oggi senatore di Forza Italia ma dal prosieguo della inchiesta appaiono pure i nomi di Gianni ed Enrico Letta, di Tremonti e Brunetta.
Come si sa, il MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) è un sistema di difesa della città lagunare dal fenomeno “acqua alta”, che con le sue paratoie mobili di metallo a scomparsa in grandi cassoni in cemento armato, isola la città dal mare Adriatico quando le maree superano il livello normale del mare almeno di 110 centimetri.
Questa grande opera, progettata nel 2002 e per l’80% già realizzata, ad oggi ci è costata circa 5 miliardi e mezzo di euro mentre il suo preventivo originario si aggirava intorno a 1 miliardo e 800 milioni!
Chiariamo comunque subito che a chi scrive non interessa entrare nei dettagli di questo ennesimo scandalo ma trarne i dovuti insegnamenti sul piano politico generale.
Primo insegnamento
Come è successo per altri scandali, non mancano i politici di diversa estrazione partitica, che dopo essersi “liberati” dalle cosiddette “ideologie”, ovvero da qualsiasi visione di una società futura alternativa e migliore di quella attuale, hanno sposato completamente il “pensiero unico” che egemonizza tutta la nostra società capitalistica: arricchirsi con tutti i mezzi possibili, utilizzando anche le posizioni di potere, più o meno vaste, occupate nelle istituzioni pubbliche.
Lo scandalo del MOSE presenta però un aspetto inquietante di cui si sentiva l’odore anche in altre inchieste senza però scoprire, con certezza, da dove proveniva. Secondo la Procura veneziana i personaggi coinvolti venivano informati sui dati raccolti nell’inchiesta da uomini della Guardia di Finanza e da magistrati. Il pensiero unico si concretizza quindi in un vero e proprio “ sistema di privatizzazione dei soldi pubblici” che coinvolge non solo politici, manager pubblici, imprenditori privati ma anche coloro che dovrebbero vigilare e far rispettare le leggi dello Stato (borghese).
Secondo insegnamento
Per meglio realizzare il “pensiero unico”, si sono create apposite “tecnostrutture” non elettive e separate dagli enti di governo del territorio (Comuni, Province, Regioni), intorno alle “grandi opere”, per gestirne gli appalti, i finanziamenti e controlli relativi ai lavori, come per esempio la società “Infrastrutture Lombarde (IF)” per EXPO 2015 e il “Consorzio Venezia Nuova (CVN)” per il MOSE. Queste “tecnostrutture” altro non sono che uno strumento costoso per assumere manager e personale “amici degli amici” e per sottrarre al governo pubblico la gestione diretta di tutte le fasi realizzative delle opere, rendendo più agevole la privatizzazione e la discrezionalità delle scelte. Non è quindi un caso che il direttore generale Antonio Rognoni di IF sia stato arrestato il 20 marzo di quest’anno per truffa e turbativa d’asta e che Giovanni Mazzacurati, alto dirigente della CVN abbia subito la stessa sorte del primo.
Terzo insegnamento
La maggior parte delle “grandi opere” sono utili solo per gli imprenditori privati che hanno ricevuto i relativi appalti e, naturalmente, per coloro che si sono “fatti in quattro” (come si dice dalle mie parti) per conseguire tali risultati. Il MOSE ne è un esempio eclatante!
Dati alla mano, molti studiosi del fenomeno “acqua alta” hanno dimostrato che essa non ha mai superato i 46-50 centimetri di altezza sul livello normale del mare mentre le paratoie si alzano automaticamente solo quando tale altezza supera i 100-110 centimetri. Inoltre, per evitare che i cassoni in cemento armato che contengono le paratoie sprofondino o si muovano, il fondale lagunare per un buon tratto è stato cementificato, distruggendo in parte il già fragile ecosistema lagunare. Questo pesante intervento modificherà e rallenterà anche l’afflusso e il riflusso delle acque di marea, aumentando il deposito e la permanenza dei rifiuti nella laguna veneziana.
Del resto non è che le ultime notizie sull’inchiesta EXPO e sulla sanità lombarda siano meno gravi di quelle sul Mose. Si dice che i vertici del governo regionale della Lombardia, fin dai tempi di Formigoni, non potevano non conoscere le manovre nascoste sugli appalti gestiti da IF. Sembra pure che Enrico Maltauro, l’imprenditore più favorito negli appalti EXPO, interrogato dagli inquirenti, avrebbe detto di “aver sentito” fare i nomi di Fassino e Bersani come referenti politici di Greganti.
Il conclusione, non ci vuole molto per capire che il susseguirsi, quasi settimanale, di grandi scandali che coinvolgono anche politici di chiara fama (o fame?), è un sintomo patologico della crisi che sta attraversando la nostra democrazia rappresentativa borghese, che non ha più nulla da spartire con la “democrazia progressista” dei Padri della nostra Costituzione repubblicana, ormai in fin di vita e non più “fondata sul lavoro”.
Rho, 18/06/14