IL PD DELLA BANCA J.P. MORGAN STA FINENDO IL COLPO DI STATO
«I sistemi politici della periferia meridionale (dell’Europa) sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. Questi sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori» J.P. Morgan
Ormai è evidente che siamo nella parte terminale del golpe della P1-P2, voluto da banchieri alla J.P. Morgan e realizzato da Renzusconi.
Si torna al fascismo, ma col voto depotenziato e asservito al capitale.
Come spiega Villone nell’intervista riportata qui sotto.
Ebbene l’allarme è stato dato da tempo, come ha fatto ancora, pochi giorni fa, Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi. Parole pesanti e preoccupate, raccolte e rilanciate dal nostro sito https://www.iskrae.eu/?p=37631.
Ma ci domandiamo: dove sono le forze sane, a difendere la democrazia?
Cosa fanno i “comunisti” rivoluzionari alla Rizzo, alla Ferrando, alla Diliberto, alla Ferrero?
Aspettano che si arrivi al fondo di quella assurda teoria dello spontaneismo borghese del “tanto peggio, tanto meglio”? O forse dormono il sonno, non certo dei giusti, ma degli imbecilli?
E i borghesi progressisti e democratici alla Travaglio, cosa fanno? Ritornano sull’Aventino. O si decidono a chiamare alla lotta e alla mobilitazione anche il proprio fronte.
E i sindacati di ogni colore che fanno? Pensano di difendere gli interessi dei lavoratori, sotto il tallone di un regime reazionario?
Noi delle Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer, eredi della migliore tradizione comunista che questo Paese abbia mai prodotto, vi avvisiamo tutti a voi reazionari e a voi complici che state alla finestra, se rompete il patto di convivenza civile con il proletariato, sancito dalla Costituzione nato dalla Resistenza antifascista e sociale, ci sentiremo in dovere di lottare con ogni mezzo per ripristinare quelle libertà che voi ci state togliendo. Ma nel momento del ripristino di tali libertà terremo conto del ruolo di ognuno, perché la libertà si coniuga sempre con la giustizia, altrimenti non esiste né l’una né l’altra.
Ora e sempre Resistenza
Le Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer di Pisa e Milano
“Renzi come Gelli, vuole uccidere la partecipazione”
Massimo Villone: Il costituzionalista ex parlamentare: “E’ davvero l’anno zero”
TOMMASO RODANO
Siamo all’anno zero della democrazia”. Massimo Villone, ex senatore e costituzionalista emerito, condivide parola per parola l’analisi di Gustavo Zagrebelsky pubblicata sul Fatto di ieri. “Abbiamo raggiunto un livello molto basso e molto pericoloso. Pensavo fosse impensabile aprire la via a una Costituzione non condivisa. È gravissimo: l’esito rischia di essere la debolezza costituzionale. Non capisco come si possa pensare di arrivare a una modifica radicale della Carta con maggioranze risicate e raccogliticce. Si pensa di sostituire De Gasperi, Nenni e Togliatti con Verdini”.
Definisce la riforma “pericolosa”. Perché?
Perché una Costituzione non condivisa è una Costituzione intrinsecamente debole. Ne risente la stabilità complessiva del Paese. Le Costituzioni si avvertono quando ce n’è mancanza. Quando c’è una Carta forte, quasi non ce ne rendiamo conto, perché le cose vanno come devono andare: i diritti sono garantiti, le libertà esercitate, i poteri in equilibrio. Quando le regole costituzionali non sono condivise, invece, tutto è a rischio.
È il caso della riforma renziana?
Andiamo verso un sistema in cui qualsiasi maggioranza in Parlamento, gonfiata da un sistema elettorale inaccettabile come l’Italicum, potrebbe farsi la sua Costituzione. Chi vince le elezioni si fa le ue regole, le sue architetture: basta il premio di maggioranza e qualche piccola aggiunta, che si costruisce con i soliti cambi di casacca, mette a rischio il Paese. Lo scenario purtroppo è questo.
Lo scontro parlamentare si consumerà sul Senato elettivo. È una battaglia giusta?
Sì. Renzi restringe gli spazi democratici con un Senato non elettivo in un momento storico in cui non solo c’è voglia di partecipare, ma c’è pure necessità di farlo. È un periodo di stravolgimento degli equilibri socio economici, in un Paese diviso, con differenze aumentate, divaricazioni territoriali che crescono giorno per giorno, diritti sono sempre meno garantiti. Si può rispondere aumentando la partecipazione e la condivisione delle scelte politiche, oppure scegliendo la soluzione dell’uomo solo al comando.
I fautori della riforma sostengono che in questo modo si garantisce stabilità.
È un’illusione. Appena girano i sondaggi e cambia il vento, scompare anche la forza di chi ha imposto queste scelte. Quella di chiudere gli spazi democratici è una scelta politica precisa, ma è politicamente sbagliata e intrinsecamente stupida. Con i consigli regionali che eleggono i senatori, oggi, il Pd potrebbe contare su un blocco granitico anche a Palazzo Madama. Le Camere elettive sono le uniche che possano assicurare una vicinanza della politica al Paese reale. Ho fatto il parlamentare per 4 legislature. Tre volte col Mattarellume una col Porcellum. La distanza tra l’essere eletto e nominato è abissale. Con la riforma avremmo una Camera in cui gran parte dei deputati sono catapultati col voto bloccato e un Senato di nominati.
In pratica, un Parlamento che non rappresenta nessuno. A cosa servirebbe?
Solo ad esaltare l’egemonia ell’esecutivo e soprattutto di hi lo controlla: il leader i partito.
Per l’attuale premier è la tempesta perfetta, o no?
È il renzismo tradotto nelle istituzioni. Un dominio che si ripercuote a catena sugli organi di garanzia, sulla Corte costituzionale, sul capo dello Stato. Un disegno politico che poteva essere quello di Gelli, né più ne meno. Quello che sta accadendo travolge tutta la storia costituzionale di questo Paese, non solo quella di sinistra.
Qualcuno le risponderebbe che dice sempre di no, che non vuole cambiare il Paese.
Il discorso di Renzi, che l’Italia sia stata bloccata tra berlusconismo e antiberlusconismo, è sintomatico del suo modo di pensare. Io penso invece che l’inerzia di questo Paese sia stata determinata dal confronto tra il berlusconismo doc e dal semi-berlusconismo della sinistra, che si è dissolta e ha abbandonato tutte le sue radici, le ha recise con il machete. La responsabilità storica, gravissima, è del gruppo dirigente della sinistra che ha dimenticato la sua storia.
Il restringimento degli spazi democratici di cui parla, per Renzi, è rischioso in termini di consenso?
Temo che sui temi istituzionali non ci sia sufficiente sensibilità nell’opinione pubblica. Ma poi c’è l’attacco al mondo della scuola e ci sono i tentativi di sistematica deligittimazione dei sindacati e dei corpi intermedi. Devono mettersi in moto le energie per tornare a una partecipazione democratica effettiva. Bisogna farlo adesso. Se queste riforme passano, se ne riparlerà tra altri vent’anni.
9 Settembre 2015