Antonio Gramsci *
— Avete «valorizzato» i crumiri, avete dato lo stesso potere agli organizzati e ai disorganizzati…
— I commissari di reparto hanno iniziato nelle officine un’opera di «repulisti» che non sarà senza risultati decisivi nella creazione di un nuovo costume operaio, nella creazione di una piú stretta solidarietà tra i lavoratori; i commissari di reparto controllano tutta la massa d’officina; non è piú possibile nessun imboscamento per i miserabili che negano le quote di solidarietà negli scioperi, per i traditori della classe che seminano lo sconforto nella massa, che fanno propaganda antiproletaria, che, nei momenti di maggior tensione, cercano spezzare la compagine operaia. Oggi ci sono occhi per vedere, volontà per agire; e i commissari dànno fuoco alle code di paglia delle volpicelle piú astute e piú subdole. Per i disorganizzati… è probabile che tra breve non ci siano piú disorganizzati nelle officine torinesi; le domande di ammissione nella federazione affluiscono. I commissari hanno, tra l’altro, un interesse… personale a organizzare tutti gli operai della loro industria; essi vogliono dimostrare che l’istituto operaio che si incarna oggi nelle loro persone e nelle loro volontà non è tale da ottundere lo spirito di sacrificio delle masse, ma anzi è appunto il piú idoneo a suscitare fede ed entusiasmo tra i lavoratori.
Mai le organizzazioni hanno avuto maggior numero di propagandisti instancabili ed efficaci. Le organizzazioni erano giunte a un punto morto del loro processo di sviluppo; erano pletoriche, nel senso che la massa degli organizzati era ridotta all’impossibilità assoluta di partecipare in un qualsiasi modo alla vita del suo sindacato, alla sua vita. Un giorno… si scoprirà che l’istituto del Consiglio di fabbrica era fatale nel processo di sviluppo del sindacato, poiché il processo di incremento quantitativo diventa, in una sua fase, processo qualitativo, determina mutamenti di forma. Allora si dirà che nell’Ordine Nuovo si era incarnato il dito divino, la volontà cieca del destino…
— Ma voi fate del piemontesimo, del regionalismo, siete campanilisti, non internazionalisti…
— L’Internazionale vive anche a Torino, anche nel Piemonte; per fare è necessario incominciare. In Russia il Consiglio di fabbrica ha iniziato la sua esistenza a Sestroretz, prima di diventare istituto della classe lavoratrice russa e diventare la base delle esperienze proletarie che hanno culminato nello Stato dei Soviet. In Italia l’esistenza del Consiglio ha incominciato a Torino, nell’industria metallurgica; è un particolare che nell’avvenire sarà ricordato dagli eruditi.
Gli operai torinesi non ambiscono a nessun primato, a nessun brevetto, a nessuna medaglia commemorativa. Da buoni internazionalisti, ambiscono al lavoro concreto rivoluzionario; e nessuno potrà mai convincerli che, se è necessario ancora molto lavorare e molto sacrificarsi e molto chiarire e molto migliorare, non perciò si è fatto meno un passo in avanti; la prima rottura, il primo passo ha pure la sua importanza, e gli operai torinesi l’hanno fatto.
* L’Ordine Nuovo, 8 novembre 1919, sotto la rubrica «Le cronache dell’Ordine Nuovo»