Più di venti minuti di applausi, le più di mille voci con una sola parola: Fidel, mi hanno fatto venire un nodo alla gola. Ho pianto o almeno una lacrima sulla guancia è sfuggita dal mio petto emozionato.
Autore: Oscar Sánchez Serra
Emilia mi aspettava alla porta. Erano passati quasi sette mesi da quando la conobbi. Era molto piccola, coi capelli bianchi, grandi occhi e una calligrafia che sembrava disegnare quando scriveva. Avevo saputo da lei che sette anni prima, la piccola Cuba era stata aggredita dall’imperialismo che però nelle spiagge di Playa Girón aveva subito la sua prima sconfitta in America Latina.
Dovevo leggere quella frase nel mattutino della scuola, la Albert Einstein, il 19 aprile del 1968. La mia prima lettura in pubblico e con lei quasi il certificato di “so già leggere”. Ero nervoso, però l’avevo sentita dire a mia mamma “lo farà bene, la Rivoluzione è stata fatta per loro che sono il futuro”.
A sei anni non avevo accumulato alcun merito per essere selezionato tra i bambini che partecipavano alla cerimonia. Solo il caso mi aveva posto lì. Quarantotto calendari dopo mi chiedevo se avevo l’avallo sufficiente per essere testimone di un’altra mattina d’emozione.
I più di 20 minuti di applausi, le più di mille voci con un sola parola in bocca: Fidel, mi hanno dato un nodo alla gola. Ho pianto o almeno una lacrima è scesa sulla mia guancia sfuggita dal petto emozionato.
Avevo davanti la Rivoluzione che mi aveva indicato Emilia e faccio il giornalista. Stavo lavorando, ma ero nervoso.
Come tatuare quel momento nel giornale, come esprimere tanto simbolismo in una sola mattina? Sarei stato capace di plasmare i battiti di migliaia di cuori di un Congresso, il 7º del Partito della nazione e del popolo?
Avrei avuto l’immaginazione per racchiudere in poche linee la modestia infinita di un uomo che è leggenda viva espressa nelle sue parole, tanto brevi come magiche.
“Ai nostri fratelli dell’America Latina e del mondo dobbiamo trasmettere che il popolo cubano vincerà”, ha detto Fidel nel Congresso del Partito e un’altra volta gli applausi hanno battuto con i cuori per lo stesso Comandante in Capo che ci ha insegnato Patria o Morte! Vinceremo!
“Mi complimento con gli eletti nel Comitato Centrale del Partito e in primo luogo il compagno Raúl Castro per il suo magnifico sforzo”, ha detto suo fratello. e lo ha abbracciato perchè gli applausi e gli occhi umidi di chi aveva il privilegio di stare lì, e loro sì per i loro meriti, fermare in eterno l’istante d’amore rispetto e fedeltà tra questi uomini che moltiplicano la Patria.
Emilia, la mia maestra delle elementari mi voleva fare un regalo di compleanno quando compivo sei anni. Ieri giungendo a 54 l’ho ringraziata in silenzio.
Da quel silenzio ho visto la donna che essendo una bambina, sotto la mitraglia dell’impero aveva perduto i genitori nell’aprile del 1961.
Andava per la mano del generale d’esercito e io sentivo l’orgoglio d’essere nato il 19 aprile. Silenziosamente ho custodito il regalo del 7º Congresso del Partito, di Fidel e di Raúl, quando ci ha detto “Qui c’è Nemesia, quella delle scarpette bianche, e come nel 6º Congresso l’abbiamo invitata perché i nostri aggressori sappiana o che come la sua Rivoluzione, lei è viva!”
21 aprile 2016